Dal Senato è arrivato un segnale importante nei confronti dei sempre più diffusi tentativi di negazionismo e revisionismo. E’ stato infatti approvato, nella seduta del 3 maggio, l’emendamento 1.401 che modifica il Ddl 54-B e che prevede, per chi nega la Shoah, i crimini di genocidio, di guerra o contro l’umanità, da 2 a 6 anni di carcere. Si tratta, in buona sostanza, della cosiddetta “aggravante del negazionismo” che va ad integrare la Legge Mancino. L’emendamento proposto da Nico D’Ascola (Ncd) ha espunto il contestato avverbio “pubblicamente” che era stato introdotto in Commissione Giustizia a Palazzo Madama e che, nei fatti, avrebbe vanificato il provvedimento, rischiando addirittura di far saltare molti processi in corso legati alle discriminazioni razziali già previste dalla Mancino. Si tratta, come è facile intuire, di un compromesso.
L’avverbio “pubblicamente” è stato sostituito, introducendo il riferimento al “concreto pericolo di diffusione” che il giudice dovrà adesso accertare. Secondo D’Ascola, in questo modo aumentano le garanzie e possono essere colpite condotte come la propaganda e l’incitamento al terrorismo tramite strumenti telematici. La nuova formulazione non punisce, dunque, la negazione della Shoah, ma l’istigazione a delinquere fondata sulla negazione della stessa Shoah. Il testo, approvato con 131 voti a favore, 14 contrari e 36 astenuti, torna ora alla Camera. Spiace sottolineare come Forza Italia non abbia partecipato al voto e la Lega si sia astenuta. Spiace ancor più notare come alcuni senatori, su tutti l’ex ministro del lavoro Maurizio Sacconi, abbiano deciso di votare contro parlando di “reato di opinione” e di “eccessiva discrezionalità conferita alla magistratura”. Tutti i provvedimenti sono perfettibili. Anche questo. Soprattutto perché, come detto, nasce da un compromesso. Ma il voto contrario non è certamente accettabile.
