Storia di Israele e dell’Ebraismo

Emma Lazarus e la Statua della Libertà, madre degli esuli

Non si conoscono molti nomi legati alla storia della Statua della Libertà, la grande dea che scruta il mare a New York City, eppure è forse il monumento più noto al mondo. Tre sono i principali: René de Laboulaye, statista ideatore della Statua, Auguste Bartholdi, scultore, e Gustave Eiffel (quello della Torre) ingegnere che si occupo della  logistica delle 1.883 casse, numerate e catalogate per il futuro assemblaggio, trasportate via mare in America dal Vecchio Continente. Era il 1886: da allora 93 metri di altezza rendono Lady liberty visibile da oltre 40 km di distanza, con i 47 del piedistallo che la offre alla venerazione del mondo intero

E’ proprio da quel piedistallo che inizia invece la storia, quella più nota, di una poesia e di una poetessa: Emma Lazarus.

Nata il a New York 22 Luglio del 1849, fu la quarta dei sette figli di Esther e Moses Lazarus. La sua educazione venne affidata a tutori privati che la avvicinarono alla mitologia, alla musica, alla poesia americana, alla letteratura europea, ed in particolar modo tedesca, francese ed italiana. Il padre, un mercante di zucchero, sostenne il suo impegno letterario sia finanziariamente che emotivamente: a lui Emma dedicò il primo lavoro, Poems and Translations, quando era appena diciassettenne (1886).

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Poco dopo viene datato l’incontro con Ralph Waldo Emerson, saggista e poeta, nonché uno dei più influenti filosofi e scrittori americani di tutti i tempi. Con lui una felice corrispondenza che durò fino alla morte dell’uomo, nel 1882, e che ne evidenzia il ruolo di mentore e fraterno sostenitore.

Nel 1871 Emma Lazarus pubblicò Admetus and Other Poems, una raccolta tra cui emerge una prima espressione creativa autentica della sua coscienza ebraica (In the Jewish Synagogue at Newport and How Long). Il suo periodo artisticamente più produttivo fu quello tra gli anni 1870 e 1882, in cui vennero alla luce numerose ed importanti opere che spaziano dalla poesia alla saggistica e alle lettere, apparse anche su riviste importanti, e un’importante opera di traduzione, Poems and Ballads of Heinrich Heine, del 1881. Fu proprio in questo periodo che Emma Lazarus definì la propria identità di scrittrice e donna, ebraica e americana insieme. Fino a questo momento l’interesse e la simpatia dell’autrice per il popolo ebraico furono una semplice questione di lealtà identitaria, ma le sue convinzioni religiose, insieme alle circostanze della vita, la avevano portata in qualche modo lontano dalla sua gente. Sebbene la sua famiglia appartenesse alla Sinagoga Sefardita di New York City, e lei avesse già scritto In the Jewish Synagogue at Newport da giovane, fu solo con l’apprendere dei pogroms nella Russia del 1880 che Emma Lazarus elaborò il proprio convinto avvicinamento al Giudaismo. Questo cambiamento risulta evidente dai suoi scritti successivi ma anche nel suo intervento a fianco della Società per il Soccorso degli Emigrati Ebrei (immigrati dall’Europa dell’Est a Ward Island), e nel suo contributo per l’instaurarsi dell’Istituto Tecnico Ebraico e delle comunità agricole degli Ebrei dell’Est Europa negli Stati Uniti.

Song of a Semite (1882) venne pubblicato dall’ American Hebrew: il titolo, così come molte delle poesie della raccolta, proclama pubblicamente identità della Lazarus. In questo ruolo, combattè in seguito contro antisemiti non ebrei ed ebrei compiacenti. In The Banner of the Jew, esortò “Israele” a “rievocare oggi / La gloriosa rabbia dei Maccabei”, ricordando ai lettori che “Con la legge di Mosè e la lira di David”, di Israele “la forza antica rimane indomita.” Nella sua The Dance to Death (1882), una drammatizzazione poetica del racconto di Richard Reinhard (Der Tanz zum Tode, 1877), la Lazarus celebra lo spirito e la fede degli ebrei che furono condannati a morire a Nordhausen, Germania, nel 1349 con l’accusa di aver causato la peste. The Dance to Death fu dedicata a George Eliot, “Che ha fatto molto tra gli artisti del nostro tempo per elevare e nobilitare lo spirito ebraico”.

Emma Lazarus pubblicò Songs of a Semite nello stesso anno in cui decise di adottare un atteggiamento apertamente ebreo nel regno delle riviste americane, in particolare in The Century. Tre saggi pubblicati in questa rivista a distanza di dieci mesi lo attestano. Nel primo, Was the Earl of Beaconsfield a Reresentative Jew? (Aprile 1882), offre un ritratto ambivalente di Benjamin Disraeli, definito “rappresentativo” dei migliori e, allo stesso tempo, peggiori tratti ebraici. Nel secondo saggio, Russian Christianity vs. Modern Judaism (maggio 1882), include un appello personale per la divulgazione e la comprensione della situazione degli ebrei perseguitati in Russia. Nel terzo saggio, The Jewish Problem (febbraio 1883), osserva che gli ebrei, che sono sempre in minoranza, “sembrano destinati ad accendere l’antagonismo dei loro connazionali non ebrei”. Per questo problema offre una soluzione: la fondazione di uno stato di ebrei per ebrei in Palestina. Fu Emma Lazarus a promuovere il sionismo durante tutto il 1880. In An Epistle to the Jews, una serie di quindici lettere aperte pubblicate tra il novembre 1882 ed il febbraio 1883, sostenne che gli ebrei assimilati in America avrebbero dovuto riconoscere il loro status privilegiato così come la loro vulnerabilità in quella terra, e che tutti avrebbero dovuto conoscere e comprendere la propria storia in modo da non essere ingannati dalle numerose generalizzazioni antisemite, mentre suggerì che gli ebrei dell’Europa orientale emigrassero in Palestina.

Mentre si scopriva più consapevolmente ebrea, pure stava scrivendo come un americana. Dopo numerose pubblicazioni in difesa della tradizione letteraria statunitense, nel 1883 compose The New Colossus, in occasione della gara d’asta per il reperimento fondi per la realizzazione del piedistallo della Statua della Libertà. Il poema venne stampato nel Catalogo dell’evento nella speranza che potesse risvegliare l’interesse degli intervenuti per la causa. Per un certo periodo di tempo, questo lavoro rimase tutto sommato silente.

Due volte in Europa, durante il suo soggiorno in Inghilterra e in Francia, incontrò Robert Browning, William Morris, e diversi leader ebrei, componendo numerosi versi e saggi analitici. Ebbe prolifica corrispondenza con scrittori e pensatori del tempo, Ivan Turgenev compreso, William James, Robert Browning, e James Russell Lowell. Ritornò dal secondo viaggio in Europa del 1887 molto ammalata, probabilmente di cancro, e morì due mesi dopo, nel novembre di quell’anno. Quando morì, l’American Ebrew pubblicò il Numero in Memoria di Emma Lazarus. In esso, John Jay Whittier e Cyrus Sulzberger, tra gli altri, elogiarono Emma Lazarus per il contributo che dette alla letteratura americana così come “alla propria razza e ai suoi simili”.

Emma Lazarus dedicò la sua vita al suo lavoro. Eppure dovette fare i conti con i pregiudizi della classe media americana ed ebrea sul comportamento femminile. Queste aspettative includevano limitazioni di genere sulla libertà di espressione di un’artista donna. In Echoes (scritto probabilmente nel 1880) si pronunciò consapevolmente sulle donne poetesse, descrivendo i confini disegnati loro intorno, come l’impossibilità di condividere con gli uomini le materie letterarie dei “pericoli, ferite e trionfi di guerra”.

Più di qualsiasi altra donna ebrea del XIX secolo, Emma Lazarus seppe identificare se stessa e venne riconosciuta dai lettori e dalla critica come una scrittrice americana. Fu un’ebrea schietta, e fu una donna: la sua scrittura ha beneficiato delle complessità della sua identità. Non sarebbe stata così determinante per gli ebrei se non avesse  creduto tanto profondamente nella libertà dell’America, e non sarebbe stata così appassionata nella scrittura se non avesse scoperto la propria autentica vocazione per il Giudaismo.

Dopo la sua morte, la portata della sua vita e della sua carriera sono state oscurate dalla fama di The New Colossus. Nel 1903, infatti, alcuni versi del sonetto composto per la gara d’asta del 1883, vennero incisi sul piedistallo della Statua della Libertà, per iniziativa di Georgiana Schuyler, ammiratrice della giovane poetessa. Quando Emma compose il testo, non aveva ancora veduto la statua di Bartholdi, e tre anni dopo, il 28 Ottobre 1886, mentre il Presidente Cleveland svelava la Libertà che illumina il mondo, lei si trovava in Europa, già preda del male che di lì a poco la avrebbe uccisa. Nel testo ritroviamo oggi tutto quanto per secoli gli Stati Uniti hanno incarnato per il mondo intero. Lady Liberty, messa a confronto con il colosso di Rodi, trafigura il simbolismo iconografico in quello di un faro di speranza per gli immigrati in cerca di una nuova casa. Una casa che è la terra di tutti i diseredati e reietti della Terra, una casa che si fa carico delle loro sorti lasciando al vecchio mondo la propria Storia fatta (già allora) di ridondanti lotte tra le grandi nazioni e di futile boria.

Non come il greco bronzeo gigante
Sopra ogni sponda despota predace:
Qui, su le soglie ove son l’onde infrante
S’ergerà la gran Donna dalla face
Che fe’ prigione il lampo, e un nome santo
Avrà: Madre degli Esuli. Il vivace
Suo faro invita il mondo, e il pio sembiante
Scruta il mar che tra due città si giace.
Antiche terre, – ella con labbro muto
Grida – a voi la gran pompa! A me sol date
Le masse antiche e povere e assetate
Di libertà! A me l’umil rifiuto
D’ogni lido, i reietti, i vinti! A loro
La luce accendo su la porta d’oro.

Recenti tentativi di rivitalizzare l’interesse per il lavoro di Emma Lazarus comprendono il volume di poesie selezionate dalla Library of America e la biografia, Emma Lazarus (2006), curata da Esther Schor. Dal 2011 al 2013 una affascinante esposizione presso il Museum of Jewish Heritage di New York, per la quale chi scrive ha collaborato nel dipartimento curatori, ha celebrato la figura della scrittrice nella suggestiva cornice delle celebrazioni per il 125° anniversario della dedica della Statua della Libertà.

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