Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

“Amos Cederna” e “Camilla Oz”: bancarottieri intellettuali

Amos Cederna o Camilla Oz. Chissà. Affinità spirituali. La Cederna, penna arguta e irriverente del giornalismo italiano anni 70-80, famosa per le sue amorose affinità con l’anarchismo così revolucionario di quei tempi bui (ma i nostri nonostante i selfie, gli ipod e gli ipermercati che proiettano su di noi la luce del progresso, sono bui quanto o di più di quelli di allora), fece scrivere a Indro Montanelli un pezzo che oggi, sotto l’anestetico del politically correct, sarebbe probabilmente improponibile:

“Cara Camilla, la nostra amicizia non è mai stata dimestichezza. E, digiuno come sono di tritolo, candelotti e inneschi, non posso illudermi di esercitare su di te qualche fascino o prestigio. Dovunque in Italia scoppi una bomba, la gente non si chiede più col cuore in gola cosa dice la polizia: ma cosa dice Camilla. E’ una domanda del tutto pleonastica perché Camilla dice sempre che la bomba l’ha messa o l’ha fatta mettere la polizia. Ma la tua autorità è tale che la risposta sembra sempre nuova e produce effetti più sconvolgenti di quelli della bomba: i questori tremano, i magistrati sussultano, i parlamentari interpellano, i giornali si dividono, i salotti si arroventano […] C’è chi parla di un retour d’âge, ma questo lo escludo senz’altro, visti i tuoi giovanissimi quarant’anni portati in modo che sembrano trenta. C’è chi dice che, più delle bombe, ti sei innamorata dei bombaroli, e questo, conoscendo i tuoi rigorosi e severi costumi, posso accettarlo solo se alla parola “amore” si dia il suo significato cristiano di fratellanza […]. Fino a ieri testimone furtiva o relatrice discreta di trame e tresche salottiere, arbitra di mode, maestra di sfumature, fustigatrice di vizi armata di cipria e piumino, ora si direbbe che tu abbia sempre parlato il gergo dei comizi e non sappia più respirare che l’aria del Circo. Ti capisco. Deve essere inebriante, per una che lo fu della mondanità, ritrovarsi regina della dinamite e sentirsi investita del suo alto patronato. Che dopo aver tanto frequentato il mondo delle contesse, tu abbia optato per quello degli anarchici, o meglio abbia cercato di miscelarli, facendo anche del povero Pinelli un personaggio della café society, non mi stupisce: gli anarchici perlomeno odorano d’uomo anche se forse un po’ troppo. Sul tuo perbenismo di signorina di buona famiglia, il loro afrore, il loro linguaggio, le loro maniere, devono sortire effetti afrodisiaci. Una droga. […]

Oz non può essere sospettato di afflati verso gli irsuti terroristi palestinesi, questo no, ma alla pari della Cederna, egli è irresistibilmente attratto dagli assassini, come, nel suo caso, Marwan Barghouti il capo di Fatah durante la Seconda Intifada e condannato a cinque ergastoli. A Barghouti, Oz mandò una copia del suo libro più famoso “Una storia di amore e di tenebra” accompagnato da una lettera in cui, con slancio del coracon scriveva “Questa storia è la nostra storia. Spero tu la legga e ci capisca meglio, come noi cerchiamo di capirti. Sperando di incontrarti presto in pace e libertà”.

Barghouti il Pinelli di Oz? No, semplicemente un segno del romanticismo dell’autore e della sua cecità mascherata da umanesimo ecumenico. E’ sempre Oz colui che scrisse sull’antisionista New York Times che “Hamas non è solo un’organizzazione terroristica. Hamas è un’idea, un’idea fanatica e disperata nata dalla desolazione e dalla frustrazione di molti palestinesi”. Nel mondo alla rovescia di Oz i carnefici sono vittime e le vittime carnefici. Hamas è un prodotto della frustrazione, non del fanatismo islamico a prescindere. Non sia mai. E chi ha prodotto la frustrazione? Indovinate.

Il terrorismo frutto della frustrazione prodotta dal disagio economico-sociale è un totem inamovibile del pensiero di sinistra. Non c’è nulla che possa abbatterlo, nessun fatto, nessuna evidenza contraria. Nulla di nulla. La dissociazione cognitiva è patologia diffusa, disancora dalla realtà e al suo posto insedia allucinazioni persistenti. Proust, che conosceva come pochi il potere affatturante delle illusioni poteva scrivere lapidariamente, “Nel regno delle nostre fedi i fatti non hanno domicilio”.

La bancarotta intellettuale degli Oz-Cederna o delle Cederna-Oz è quella della sinistra e della sua Weltanschauung, della capitolazione di fronte alla realtà, del rifiuto di vedere (cosa imperdonabile per uno scrittore, ma assai diffusa) la verità e di sapere identificare il male chiamandolo per nome. Le colpe, le carenze di chi lotta contro coloro i quali si sono venduti anima e corpo alle ragioni della distruzione e della morte, i terroristi in generale, ieri le Brigate Rosse, la Banda Baader Meinhof, oggi Hamas e compagni (pur con le ovvie distinzioni), solo in una mente stravolta dall’ideologia possono trasformarsi nelle ragioni dell’insorgere di questi fenomeni aberranti. Questo è solo giustificazionismo e nelle sue conseguenze logiche porterebbe a reputare che dopotutto anche Hitler aveva qualche buon motivo per prendersela con gli ebrei.

Le ragioni sono lampantemente altre e si riassumono in una sola. L’odio, l’odio per un modello di società, per un tipo di umanità, per i valori che esse incarnano. L’odio è una pulsione primaria, e incanalato bene produce effetti devastanti.

Ma per i riscattatori e redentori progressisti, i giustizieri delle iniquità prodotte dalla società corrotta, tutti discendenti di Rousseau, non esistono tare inemendabili, il male è sempre correggibile, l’uomo è buono, ontologicamente tale, e quando non lo è la colpa è sempre di qualcuno, babbo, mamma, la società. Naturalmente, per saperlo basta stare dalla parte giusta della storiam come Camilla Oz, Amos Cederna.

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