Storia di Israele e dell’Ebraismo

Israele e Palestina, lo sport per unire. Sogno o realtà? Intervista a Jacopo Tognon

Jacopo Tognon è avvocato e docente “Jean Monnet” di “Diritti umani e sport nel diritto dell’Unione Europea” all’Università di Padova. Esperto di giustizia sportiva a livello internazionale, docente di master e autore di varie pubblicazioni e saggi sul diritto comunitario dello sport, Tognon sostiene con forza l’idea che proprio lo sport possa essere un perfetto strumento di integrazione. Anche per quel che riguarda Israele e la Palestina.

Professore, la storia di Israele e della Palestina si intreccia inevitabilmente con le vicende sportive. Lo sport può davvero dare un contributo al processo di integrazione tra i due popoli?
Senza dubbio le relazioni tra Israele e Palestina sono sotto alcuni profili non delle più facili, ma uno strumento di integrazione perfetto è proprio lo sport. Non dimentichiamo da un lato che si tratta di un formidabile acceleratore di comunicazione e dall’altro che come caleidoscopio di emozioni è sempre all’avanguardia nel trasmettere valori. Molto spesso dove non arrivano le diplomazie tradizionali arrivano un pallone, una rete, un canestro… un attrezzo sportivo che rende tutti, a prescindere dal colore, dalla razza e dalla religione, uguali. Ed è forse questa la sfida più affascinante e intrigante.

Le Olimpiadi hanno sempre costituito uno spartiacque, anche doloroso, per Israele. Pensiamo al massacro di Monaco 1972, ma anche alla preparazione comune che atleti palestinesi e israeliani hanno fatto per Londra 2012. Due opposti lungo i quali costruire davvero qualcosa di importante. Quali future iniziative suggerisce?
La tragica vicenda di Monaco non ha risposte se non nell’erronea percezione delle parti in causa. Diversamente la preparazione comune è un viatico di future collaborazioni, anche più strette. La mia impressione è che Israele sotto il profilo sportivo abbia difficoltà non solo con la Palestina, e quindi un’idea potrebbe essere quella di rivedere in ottica di cooperazione internazionale le tradizionali policies di approccio tra stati. Non ho ricette, ma credo che si debba partire dalla base, dal patrimonio culturale che passa tramite l’educazione. Un programma che consenta un’educazione tramite lo sport e che abbia nei bambini, nei fanciulli un primo obiettivo sarebbe l’ideale per fare crescere il germe dello sviluppo dei diritti umani e del rispetto delle persone nelle prossime generazioni.

Pensa che prima o poi sarà possibile vedere la partecipazione di Israele e della Palestina ai Giochi del Mediterraneo?
È una bellissima domanda… cui però non è facile una risposta. Un conto è la speranza: che mi dice sì e presto. Un conto è la ragione: che mi dice, non siamo ancora pronti. Anche qui non ho la sfera di cristallo, ma di solito nello sport la speranza, la voglia di arrivare, l’idea di condivisione alla fine prevale sulla ragione. Bisognerebbe che ci fosse un radicale miglioramento delle relazioni internazionali. Oggi è impossibile dare una data, ma sono convinto che usando lo sport nell’educazione delle nuove leve anche questo risultato verrà raggiunto.

Un’ultima domanda. E’ mai stato in Israele?
Purtroppo no. Sono tanti anni che ho idea di pianificare un viaggio in terra santa ma per vari motivi, non da ultimo il fatto che ho molti impegni in ambito sportivo internazionale, non ci sono ancora riuscito. Una bella occasione potrebbe essere l’imminente incontro di calcio tra Israele e Italia ai primi di settembre per le qualificazioni ai prossimi mondiali di calcio a Tel Aviv. Di sicuro rimane un mio sogno e spero presto di concretizzarlo.

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