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Al cuore delle cose: Intervista a Daniel Greenfield

Daniel Greenfield, scrittore e Shilman Journalist Fellow al David Horowitz Freedom Center, è una delle voci più caustiche di Frontpage Magazine, la pubblicazione online creata da quella vera e propria icona del conservatorismo americano che è David Horowitz.

Greenfield non delude mai. Quando, nei suoi articoli, prende di mira uno dei numerosi idoli del pantheon progressista, sia esso Barack Obama, Hillary Clinton, o a istituzioni come il partito democratico, si sa fin dal principio che alla fine resteranno solo i calcinacci.

Diversi suoi articoli sono memorabili, come La Religione del Colonialismo, perché non si può “colonizzare” la Palestina, che L’Informale ha pubblicato nella sua versione italiana nel 2016.

Daniel, David Horowitz e Frontpage sono da anni all’avanguardia della battaglia culturale tra la visione del mondo della sinistra e quella della destra. Se dovessi evidenziare cosa è in gioco in questa battaglia, di cosa si tratterebbe?

La libertà individuale. La visione della sinistra è quella di una società collettivista che implica il culto della personalità e uno stato potente. Nello stato ideale della sinistra non c’è posto per l’individuo. Le alleanze tra i movimenti totalitari, siano essi il nazismo o il comunismo, o tra la sinistra e l’Islam, rappresentano i nemici dell’individuo e della libertà.

La vittoria di Donald Trump è stata un duro colpo per la sinistra. E’ stata uno shock qui in Europa dove Obama era il cocco dell’Unione Europea. Quale è la tua valutazione dei suoi risultati fino a questo momento?

Il presidente Trump ha reinventato quello che può fare un presidente. I suoi predecessori venivano persuasi ad abbandonare le loro promesse elettorali da personaggi interni al sistema. Ma Trump le sta mantenendo. Ha rilanciato l’economia, evidenziato le responsabilità degli stati terroristi e ha offerto soluzioni di buon senso che funzionano, come il decreto sull’immigrazione nei confronti degli stati terroristi e il muro di confine.

Chi sono oggi negli Stati Uniti i principali nemici di Trump?

La sinistra, l’establishment e coloro di cui danneggia gli interessi.

In un anno e mezzo Donald Trump ha capovolto la politica di Obama in Medioriente. Ha ristabilito le relazioni con l’Arabia Saudita, ha dichiarato Gerusalemme la capitale di Israele, ha spostato l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, ha annullato il JCPOA, ha tagliato i fondi all’UNRWA e all’Autorità Palestinese e riqualificato l’Iran come la principale minaccia regionale. Quali sono le tue aspettative?

Il presidente Trump ha il compito impegnativo di ricostruire la credibilità degli Stati Uniti dopo gli anni di Obama, e lo ha fatto applicando pressione e mantenendo la sua parola. Obama ha assecondato i regimi e i movimenti jihadisti destabilizzando il Medioriente a causa del convincimento errato che i regimi ostili agli Stati Uniti fossero quelli da placare con maggiore risolutezza. Al contrario, Trump ha ricostruito i rapporti con gli alleati invece di placare i nemici.

In una intervista che ho avuto lo scorso dicembre con Bat Ye’or, la nota studiosa mi ha detto, “Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello stato di Israele è una vittoria della giustizia contro l’odio virulento che nega al popolo ebraico la sua storia e identità in modo da criminalizzarlo. Trump ha dato un colpo a questa Europa che è stata costruita nel 1973 nel vassallaggio dei petroldollari, nel trionfalismo di un antisionismo antisemita camuffato come ‘giusta battaglia della causa palestinese’, strumentalizzata da Eurabia, la politica euroaraba, per perpetuare il conflitto fino alla distruzione di Israele rimpiazzato dalla Palestina. Arafat fu sia l’idolo dell’Europa che il suo giocattolo. Oggi è questa Europa, questa Eurabia, con la quale si confronta Trump”. Cosa hai da dire?

Eurabia ha iniziato a essere messa sotto torchio a causa della Primavera Araba di Obama, le conseguenti guerre civili e l’immigrazione di massa in Europa. L’immigrazione di massa è arrivata troppo velocemente e ha messo pressione ai regimi eurabici che ora stanno frantumandosi come conseguenza di questa pressione.

In Liberalismo genocidario, la Jihad universitaria contro Israele e gli ebrei, Richard L. Cravatts scrive, “L’abbraccio nei confronti del palestinismo da parte dell’Occidente, condotto in larga parte dalle elites intellettuali, i cui pregiudizi contro Israele e gli Stati Uniti serve per animare e promuovere largamente la campagna per vilificare, diffamare e delegittimare Israele”. Quali sono le regioni, secondo te, che hanno prodotto questa situazione?

Israele è occidentale e la sinistra è anti-occidentale. Esso rappresenta anche l’unico esempio effettivo di una minoranza autoctona che rivendica il proprio territorio e la propria indipendenza nel mondo islamico. Di conseguenza catalizza un odio speciale. I paesi occidentali sono stati felici di vendersi alla sfera islamica e sono stati ancora più felici di vendere Israele.

Il palestinismo sembra essere profondamente radicato all’interno del Dipartimento di Stato da molti decenni, sia sotto presidenti democratici e repubblicani. Per la prima volta un rapporto recente del Dipartimento di Stato relativo alla situazione in Cisgiordania non si è riferito ai territori come “occupati”. Le cose stanno davvero cambiando?

Le cose sono cambiate di più dopo 500 giorni di Trump che durante le generazioni precedenti. L’inaugurazione dell’ambasciata a Gerusalemme è stata trasformativa in una istituzione che aveva adottato una ostilità di riflesso. Quello che significa è che la presa della sinistra e dell’industria del petrolio, le due forze che hanno determinato la politica americana in Medioriente, si sta allentando.

L’antisionismo e l’antiamericanismo sono frequentemente abbinati. Questo fenomeno quanto è in rapporto con un profondo odio per l’Occidente e i suoi valori?

Le origini dell’antiamericanismo e dell’antisionismo e, in generale, dell’antinazionalismo da parte della sinistra origina dal suo rifiuto delle identità nazionali. La sinistra prospetta un mondo senza confini, ma è disposta ad appoggiare temporaneamente alcuni nazionalismi in modo da erodere le nazioni che odia di più. Gli Stati Uniti e Israele incarnano entrambi ciò che la sinistra odia di più: l’individualismo, il vigore, l’industria, la produttività, la creatività e le energie vitali che spingono in avanti una civiltà.

Nel suo libro Jihad e odio per gli ebrei, islamismo, nazismo e le radici dell’9/11 lo studioso Martin Kuntzel scrive, “Come può l’Occidente combattere con successo contro i suoi nemici se si sente obbligato a spiegare il terrorismo come un risultato del proprio comportamento?” e “Gli islamisti non criticano gli americani principalmente per quello che fanno, ma per quello che sono, i rappresentanti di una civiltà che ama la libertà ed è orientata verso la vita”. Cosa ne pensi?

E’ esattamente la natura del problema. Fin tanto che tratteremo la violenza anti occidentale come un fenomeno reattivo, cercando le risposte nella nostra politica estera del secolo passato invece della storia molto più lunga che retrocede di migliaia di anni, saremo sempre prigionieri del nostro successo, intrappolati in una storia che data l’ostilità verso di noi alla nostra ascendenza e propone il capovolgimento di quella ascendenza come l’unica soluzione. Questa è la politica estera della sinistra. Era l’obbiettivo dell’amministrazione Obama.

Il 14 di Maggio, l’ambasciata americana è stata trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme. Allo stesso tempo, Hamas ha cercato di oltrepassare la barriera di confine che separa Israele da Gaza. Ci sono stati 62 morti tra i palestinesi. 52 di essi, abbiamo appreso in seguito, appartenevano a Hamas. Quasi tutti i media hanno incolpato Israele per avere difeso I propri confine dai terroristi jihadisti. Quanto è perversa l’infatuazione dell’Occidente nei confronti di chi vuole distruggerlo ?

Non è l’Occidente a essere infatuato con i suoi distruttori, ma lo sono coloro che a sinistra vorrebbero la sua distruzione, e il motivo è che hanno una causa comune. Non ne sono consapevoli in generale o vedono la cosa in questi termini, ma si alleano istintivamente con i distruttori delle civiltà invece che con i suoi costruttori.

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