Israele e Medio Oriente

Chi ricostruirà la Siria?

I combattimenti in Siria iniziati nel 2011 tra il presidente Bashar Assad e le forze di opposizione sembrano aver raggiunto le fasi finali. È quasi certo che Assad rimarrà al potere. Sarà lui a guidare la Siria nei prossimi anni e dovrà affrontare il processo di ricostruzione del paese distrutto.

Per quanto riguarda l’edilizia nazionale, Assad dovrà creare una nuova dinamica tra tutti i gruppi che si sono combattuti a vicenda e ora sono obbligati alla convivenza. La Siria ha bisogno di un processo di ricostruzione di vasta portata della sua infrastruttura distrutta. Secondo le Nazioni Unite, occorrerebbero 250 miliardi di dollari per rendere di nuovo vivibile il paese per i suoi cittadini. Al momento, i paesi occidentali, come gli stati del Golfo Arabo, rifiutano di accettare l’idea che Assad, che ha massacrato il suo stesso popolo, rimarrà al potere. Ciò significa che i maggiori paesi che vorranno prendere parte alla ricostruzione sono l’Iran, la Cina e la Russia.

È nell’interesse del popolo siriano e dell’Occidente, tra cui Israele, che la Cina guidi il processo di ricostruzione. La Cina e la Siria hanno relazioni diplomatiche fin dal 1956, ma la prima visita da parte di un capo di Stato siriano è stata quella compiuta da Assad il 24 giugno 2004, a dimostrazione della “Direzione verso Oriente” intrapresa da Damasco. Dopo questa visita e fino al 2010, la Cina è diventata uno dei cinque più grandi fornitori di armi alla Siria. A quanto pare, il flusso di armi non si è interrotto durante gli anni dei combattimenti, senza molto scalpore.

Fra gli interessi di Pechino figurano il mantenimento della stabilità nei paesi confinanti della Siria e il contenimento degli elementi estremisti in seno alla Siria. Inoltre, la popolazione e il regime laico del partito Baath sono più compatibili con l’ideologia comunista della Cina rispetto ad altri regimi mediorientali e l’ethos anti-occidentale in Siria è in linea con la filosofia cinese.

La minoranza musulmana degli uiguri della provincia di Xinjiang, nel nordovest della Cina, e un numero imprecisato di loro discendenti (le stime vanno da poche centinaia a cinquemila, e talvolta anche più) si è unita ai jihadisti anti-Assad. Il fatto che il regime siriano possa evitare il ritorno in Cina di questi combattenti addestrati e molto determinati è un altro motivo di interesse che spinge Pechino ad appoggiare Assad.

 

Ovviamente, il desiderio della Cina di assicurarsi contratti su vasta scala di ricostruzione della Siria è di primario interesse, poco importa chi se li aggiudicherà. Se molti progetti vengono finanziati grazie ai prestiti o agli aiuti cinesi offerti al regime siriano, Pechino acquisirà una base solida in Siria. E questo è importante per il progetto cardine del presidente cinese, la Belt and Road Initiative . Inoltre, Pechino otterrebbe un vantaggio sugli Stati Uniti, il cui intervento in Siria è fallito.

Dei tre paesi menzionati, la Cina è il più equilibrato ed è stato quello meno coinvolto nel conflitto. La Russia e l’Iran, d’altra parte, sono pesantemente coinvolti nel conflitto per procura e anche per i loro interessi. Se questi paesi guidassero il processo di ricostruzione della Siria, l’opposizione siriana continuerebbe a subire l’oppressione di Assad, appoggiato da Mosca e Teheran.

Gli interessi dell’Iran a guidare la ricostruzione consistono nell’obiettivo di ottenere una base militare in Siria, prima di tutto contro Israele; di essere più vicini al suo alleato libanese, rafforzando così la Mezzaluna sciita sotto la sua leadership; e di mantenere il suo alleato Assad al potere. Tra gli interessi della Russia figurano l’intento di conservare la struttura navale di Tartus e vanificare le aspirazioni regionali occidentali, le quali includono la rimozione di Assad.

Al contrario, gli interessi della Cina sono in genere connessi allo sviluppo economico e al mantenimento della stabilità. Sono meno personali. Pertanto, se Pechino guidasse il processo di ricostruzione, sarebbe in grado di contribuire alla crescita economica reciproca. La politica cinese di non intervento nei paesi con cui fa affari può essere un fattore stabilizzante che potrebbe riunire le fazioni della Siria. I cinesi sanno come condurre relazioni concomitanti con i nemici giurati, il che potrebbe essere molto utile nel caso specifico.

Inoltre, dal punto di vista di Israele, sarebbe molto meglio vedere impegnati nella ricostruzione del lato siriano delle alture del Golan un programma di aiuti e imprese cinesi anziché un programma di aiuti e imprese iraniane. Ovviamente, la capacità economica di Pechino è superiore a quella di Mosca o di Teheran, ma poiché queste ultime hanno una grande influenza sul regime di Assad, potrebbero inclinare le decisioni a favore di un programma di ricostruzione di cui beneficerebbero più della popolazione siriana.

Le imprese cinesi hanno già mostrato interesse per la ricostruzione. Il 24 gennaio 2017, il ministro dei Trasporti siriano ha incontrato una delegazione economica cinese per discutere di come promuovere la cooperazione nei settori del trasporto aereo, terrestre e della costruzione delle ferrovie.

 

È difficile sapere cosa vogliono davvero Assad e i suoi alleati, ma il loro atteggiamento nei confronti della Cina è piuttosto positivo. Molto probabilmente saranno felici di adottare un programma di ricostruzione che li mantenga al potere per gli anni a venire. L’opzione cinese sembra in grado di farlo, mentre un piano guidato dall’Iran o dalla Russia porterebbe a un’altra serie di combattimenti.

Traduzione in italiano di Angelita La Spada

Qui l’originale in lingua inglese pubblicato sul BESA Center

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