Editoriali

Difendere i confini, la resistenza di Israele

Soffia sul fuoco dei tumulti al confine tra Gaza e Israele e degli aquiloni incendiari adorni di svastiche, l’alito dell’Iran, ritornato a essere il principale sponsor di Hamas.

Dopo 11 settimane, continuano, seppure in numero decrescente, dai 40,000 del 14 di maggio ai 10,000 di oggi, i disordini organizzati dal gruppo jihadista allo scopo di riuscire ad infiltrare i propri militanti all’interno dello Stato ebraico, e soprattutto di provocare il numero più alto possibile di morti palestinesi in modo da suscitare l’automatismo esecratorio internazionale contro Israele.

Anche oggi, gli “inermi manifestanti” hanno provveduto a lanciare granate, ordigni esplosivi improvvisati e pietre contro i soldati israeliani al di là della barriera, lanciando centinaia di aquiloni e palloni incendiari in territorio ebraico, neutralizzati grazie ai droni.

Dietro la copertura dei manifestanti e della cosiddetta marcia “pacifica”, il gruppo terrorista sunnita che dal 2007 governa la Striscia di Gaza con pugno tenacemente serrato, e che ha nel proprio statuto la distruzione di Israele, ha potuto godere del consenso ampio della maggioranza dei media occidentali. Poco o nulla sono valse le dichiarazioni della stessa organizzazione secondo la quale 52 dei 62 uccisi dall’esercito israeliano il 14 maggio scorso, fossero propri membri o affiliati e non discepoli di Gandhi. Così come poco è valso sapere che la bambina di otto mesi morta sempre il 14 di maggio e diventata lo scontato simbolo della “violenza” israeliana, non è morta a causa dell’inalazione di gas lacrimogeni (per tacere su quali genitori portano un’infante in un contesto di battaglia), ma a causa di una malformazione congenita. La perfettamente rodata macchina goebbelsiana della propaganda aveva già trasformato la realtà in fiction e a fatti ormai acclarati ha continuato imperterrita a nasconderli.

Nel mentre l’Iran ha celebrato in piazza la giornata di Al Quds, (Gerusalemme) diventata il fulcro di una rivendicazione politica radicale e resistenziale e assurta a vero e proprio feticcio ideologico con la salita al potere di Khomeini in Iran nel 1979. Fu infatti lui a istituire già nel 1980 la Giornata di Gerusalemme inserendola nel calendario islamico. Giornata fatta propria in seguito da Hezbollah per il quale rappresenta il presupposto della chiamata al futuro e inevitabile scontro definitivo con Israele.

Tra pupazzi di Trump impiccato e dato alle fiamme e canti e cartelli che inneggiano alla distruzione di Israele, il regime iraniano ha dato e dà a Hamas, dopo un periodo di raffreddamento nei rapporti, il proprio appoggio ideologico e finanziario.

Nonostante ciò, e malgrado la politica apertamente ostile a Israele dell’Unione europea, (ed è di queste ultime ore la decisione di Benjamin Netanyahu di rifiutarsi di incontrare Federica Mogherini la quale aveva pianificato una visita a Gerusalemme), Israele continua egregiamente a fare quello che farebbe ogni Stato democratico i cui cittadini e confini sono messi a rischio da terroristi foraggiati da uno Stato terrorista quale è l’Iran, difenderli, come fa da settanta anni e  continuerà incessantemente a fare.

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