Editoriali

Ehud Barak, refuso della storia

Prima di indossare gli occhiali e farsi crescere la barba, riciclandosi nella veste di saggio e guru, l’ex primo ministro israeliano e anche ex ministro della Difesa, Ehud Barak, era stato uno dei potenziali liquidatori dello Stato di Israele. Sotto l’allora egida di Bill Clinton, nel 2000, si accordò per concedere a Yasser Araft tra il 94 e il 96% della Giudea e Samaria più il 100% di Gaza con una compensazione di territori israeliani ulteriori ammontanti tra l’1 e il 3% per il 4 e il 6% dei territori della Giudea e Samaria che Israele si sarebbe trattenuto. Naturalmente, Gerusalemme sarebbe stata divisa in due. Fortunatamente per Israele Arafat disse di no e diede via alla Seconda Intifada.

Ehud Barak è ancora oggi un fautore della cessione da parte di Israele dei territori della Giudea e Samaria e di uno stato palestinese che sorgerebbe su quelle colline, stato demilitarizzato sul quale Israele sarebbe obbligato a fare da vigliante giorno e notte. Questo sarebbe l’happy end, la soluzione del conflitto, l’alternativa a ciò non potrebbe essere altro che quella di trasformare Israele in uno stato di apartheid. Si tratta, naturalmente, di un tertium non datur  del tutto fraudolento, un po’ come quello di un altro Bara(c)k, Obama, per il quale l’alternativa al pessimo accordo sul nucleare iraniano poteva essere solo la guerra con l’Iran.

L’apartheid, come la guerra per Obama, è solo nella testa del barbuto Ehud, visto che dall’implementazione degli Accordi di Oslo, l’Area A e B della Giudea e Samaria sono entrambe sotto controllo palestinese e solo l’Area C, una porzione del territorio, è sotto piena sovraintendenza israeliana. Li vi abitano circa 150 mila arabi palestinesi, insieme ai cosiddetti “coloni” ebrei, mentre nell’Area A e B agli ebrei non è consentito alcun accesso. Quando si dice l’apartheid.

Recentemente, Ehud Barak si è scagliato contro il Ministro della Giustizia, Ayelet Shaked, rea, a suo dire, di avere dichiarato che se la Corte di Giustizia dovesse sovvertire la Legge Base sullo Stato ebraico, ciò equivarrebbe a un terremoto politico.

Barak, non ha potuto rinunciare alla coazione base di tutti i progressisti illuminati, dando alla Shaked della “fascista”. Per Barak che è invece democratico, l’Alta Corte dovrebbe respingere la nuova legge malgrado il fatto che essendo una legge costituzionale la Corte non ha alcun potere di rovesciarla. Ma per i Barak che vorrebbero uno stato demilitarizzato sulle colline della Giudea e della Samaria vigilato giorno e notte senza tregua da Israele, in un circondario altamente instabile, rendendolo un obbiettivo assai ambito per il terrorismo islamico, Israele dovrebbe essere governata dai giudici, gli unici (possibilmente tutti di sinistra) atti a determinare cosa sia o non sia giusto. Un bello Stato etico possibilmente binazionale, dove una legge assolutamente legittima come quella varata dalla Knesset, verrebbe gettata nel bidone dell’immondizia.

E pensare che una delle icone sante della sinistra israeliana, Isaac Rabin, nel suo ultimo discorso alla Knesset il 5 ottobre del 1995 dichiarò, “Aspiriamo a fondare uno Stato ebraico con una popolazione ebraica di circa l’80%”, dunque con una netta predominanza ebraica nazionale. Ma siccome una legge in questo senso è stata varata dal governo Netanyahu, essa per Barak e i suoi sodali, sarebbe per essenza, demoniaca, contraddirebbe infatti la Dichiarazione di Indipendenza del 1948. Anche qui ci troviamo al cospetto di una truffa.

La legge, infatti, non ha nulla a che vedere con i diritti civili delle minoranze già tutelati dal capitolo della Legge Base che si occupa della Dignità Umana e della Libertà, legge che la Corte Suprema ha chiaramente stabilito essere una legge democratica che sancisce l’eguaglianza di tutti i cittadini. Lo scopo della legge Base sullo stato nazionale è solo quello di definire Israele come lo stato-nazione del popolo ebraico. Ma qui, come si sul dire, casca l’asino e si rivela dove porterebbe la strada di che Barak vorrebbe percorrere. Introdurre nella Legge Base sullo Stato Ebraico la questione dei diritti civili delle minoranze farebbe di fatto di Israele uno Stato binazionale.

Mesta storia quella della sinistra israeliana, condannata ormai da tempo a non essere altro che residuale testimonianza di una narrativa che trova solo consenso marginale in un paese che fortunatamente persiste nel volere restare ancorato alla realtà.

 

 

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