Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

Grida jihadiste a Milano nel silenzio generale | parte 1

Il 9 dicembre, a Milano a Piazza Cavour, durante una manifestazione filopalestinese, si è udito scandito ripetutamente in arabo il, grido “Khaibar, Khaibar, o ebrei, l’armata di Maometto ritornerà!” da tempo in dotazione ai jihadisti di Hamas, Hezbollah, Al Qaida. L’accaduto, passato nel silenzio generale dei media e delle istituzioni è stato riportato recentemente alla ribalta da Giulio Meotti de Il Foglio, in un post pubblicato su Facebook e corredato da un video.

A seguito del post e della risonanza che ha avuto, l’Informale ha voluto intervistare in merito, Andrea Jarach, presidente nazionale del Keren Hayesod Italia, Roberta Vital, membro di Osservatorio Solomon sulle Discriminazioni e consigliera ADEI Wizo, Davide Riccardo Romano, assessore alla Cultura della Comunità Ebraica di Milano, Emanuel Segre Amar, presidente del Gruppo Sionistico Piemontese e già vicepresidente della Comunità Ebraica di Torino, Angelo Pezzana, direttore e fondatore di Informazione Corretta, ed Alex Zarfati, presidente di Progetto Dreyfus. Qui la prima parte con le risposte di Jarach, Romano e Pezzana. 

A Milano, nel corso di una manifestazione contro la decisione dell’Amministrazione Trump di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele, si sono uditi cori in arabo di matrice jihadista. A tutt’oggi, non c’è stato alcun comunicato a livello istituzionale da parte del sindaco e del prefetto di Milano per condannare l’avvenimento. Un comunicato ufficiale da parte della Comunità Ebraica di Milano è giunto con un sensibile ritardo. Quale è la sua valutazione in merito a quanto accaduto?

Andrea Jarach: Verrebbe proprio da dire “per fortuna che c’è Meotti”. Infatti anche io, che mi tengo piuttosto informato, non avevo saputo nulla di quanto avvenuto in piazza Cavour fino a pochi giorni fa leggendo il post di Giulio Meotti su Facebook. Ho subito avuto la certezza che non si trattasse di una imprecisione in quanto date e luoghi sul web spesso vengono modificate nel passaparola, e ho sentito chiaramente scandita la parola Yahud, che mi ha fatto gelare il sangue. Yahud, ebreo, dovrebbe essere una parola chiave che segna il passaggio del limite che anche i più filopalestinesi non devono tollerare. Ho tolto i condizionali. “Non dovrebbero” lascia spazio alla discussione. Qui invece non ci deve essere compromesso possibile. Non nella mia città, Milano, medaglia d’oro della resistenza contro il fascismo e il nazismo. Solo 80 anni fa in Italia vennero votate all’unanimità dal parlamento e firmate dal Re Vittorio Emanuele terzo le leggi razziste antisemite. Esse portarono alla fine alla Shoah anche gli ebrei italiani. Nelle piazze anche allora risuonava la parola ebreo. Finì per gli ebrei al Binario 21 della Stazione Centrale a solo 500 metri circa dalla Piazza dove il 9 dicembre la folla urlava Yahud. Dalla Stazione Centrale si arrivava a Auschwitz Birkenau ed è storia abbastanza nota. Ma evidentemente non metabolizzata abbastanza. Ogni tipo di politico esclama il 27 gennaio con enfasi “Mai più!”.

Davide Riccardo Romano: Innanzitutto vorrei cancellare un mito: le comunità ebraiche sono composte da persone che hanno un loro lavoro e nel tempo libero si dedicano come volontari ai propri iscritti e alla comunicazione. Dunque anche noi, prima della scoperta di Meotti, che ringraziamo per l’ennesima volta per avere scoperto e segnalati queste frasi infami, oltre che per i tanti altri articoli di denuncia dell’antisemitismo di matrice islamica, non sapevamo nulla dell’accaduto. Appena letto il pezzo di Meotti ci siamo subito attivati con le forze di sicurezza per avere chiarimenti. Qualche ora dopo il nostro presidente Besso ha condiviso l’articolo di Meotti su Facebook. La cosa non è stata raccolta dai media. Così come non è stato raccolto dai media il mio post del mattino successivo alle 6.55 del 30/12 e l’articolo che abbiamo fatto uscire lo stesso giorno sul nostro organo ufficiale di stampa, “Mosaico”: lì già c’era una prima presa di posizione della Comunità ebraica di Milano. Non dimentichiamo che, nonostante il ricorrente mito degli ebrei che controllano i media, non siamo noi a decidere cosa viene pubblicato e cosa no. In questo caso purtroppo, per vari motivi, nulla è stato ripreso dai media. Anche perché la notizia stessa lanciata da Meotti non è stata ripresa da nessuno. Ripeto, nessuno. Potevamo fare di meglio? Probabile. Ma non è facile uscire sui media commentando una notizia che ufficialmente “non esiste”. In ogni caso per noi non è finita, andremo avanti cercando di fare il possibile perché la notizia di questo delirio jihadista sia conosciuta. E perché almeno le istituzioni milanesi, il sindaco Sala in testa, condannino quanto è avvenuto e lavorino per risolvere queste minacce per l’intera società.

Angelo Pezzana: La notizia era già stata diffusa da un Ansa del 9 dicembre. Ma gli slogan erano in arabo, per cui né Ansa ne altri cronisti hanno compreso il contenuto.  Risultato: le reazioni sono tutte in ritardo, non serve a nulla cercare adesso eventuali colpevoli. Una responsabilità però c’è, quella del sindaco Sala, che non si è ancora accorto di avere tra i consiglieri della maggioranza che lo sostiene una simpatizzante dei Fratelli Musulmani, il movimento che sta dietro a tutto il terrorismo mediorientale, finanziato dall’Iran. È a lui che occorre chiedere spiegazioni. E non solo sul 9 dicembre.




Oggi l’antisemitismo viene soprattutto veicolato attraverso l’antisionismo, l’odio per Israele. Mentre il primo è sostanzialmente ritenuto ancora intollerabile il secondo è praticato e sdoganato con la giustificazione che essere contro Israele non significa essere antisemiti. Cosa ha da dire in proposito?

Andrea Jarach: Io penso che occorra un gesto forte e che barcamenarsi nel politically correct sia ormai un delitto. I nostri rappresentanti politici devono prendere il coraggio di affermare con ogni mezzo a loro disposizione che il limite è stato oltrepassato. I responsabili della chiassata antisemita vanno identificati e perseguiti a norma di legge. Si devono varare norme chiare sull’esercizio della libertà di manifestazione, ad esempio che i discorsi, se fatti in pubblico in Italia, devono essere in italiano. E infine le leggi devono essere fatte rispettare e di leggi contro l’antisemitismo ce ne sono. Temo che un atteggiamento diffuso per il quale i terroristi vengono definiti sempre “squilibrati isolati” nasca dalla paura europea di una rivolta popolare anti-islamica che coinvolgerebbe anche brave persone. E che la grande paura sia che la risposta popolare anti-islamica genererebbe una rivolta armata dei giovani islamici chiamati al Jihad. Personalmente invece sono convinto che la tolleranza dei violenti debba essere zero.

Davide Riccardo Romano: È una storia vecchia, ormai sbugiardata dai fatti. Erano antisionisti i terroristi palestinesi che uccisero il piccolo ebreo italiano Stefano Gay Taché fuori dalla sinagoga di Roma? Erano antisionisti coloro che buttarono a mare dalla nave Achille Lauro l’ebreo americano Leo Klinghoffer? Erano antisionisti i filoiraniani che nel 1994 uccisero 85 ebrei argentini? Erano antisionisti quei Paesi arabi che cacciarono quasi un milione di ebrei dal mondo arabo-islamico? Mi permetta una provocazione: se tutto questo non è antisemitismo, ma “solo” antisionismo….beh, questo “antisionismo” deve fare paura, visto che negli ultimi 72 anni ha ucciso molti più ebrei dell’antisemitismo.

Angelo Pezzana: La manifestazione del 9 dicembre era apertamente contro gli ebrei, per cui cade l’ipotesi che non siano più gli ebrei a essere l’obiettivo, sostituito da Israele. Lo sono entrambi. Ma questo gli ebrei italiani l’hanno capito benissimo, il problema sta nel fatto che non c’è nessuna forza politica per contrastarlo cui fare riferimento.




Il 27 gennaio si commemorerà la Giornata della Memoria e si ricorderanno gli ebrei morti durante la Shoah. Non le sembra che sarebbe anche il caso di parlare non solo del passato e di ciò che ha condotto a questa immane tragedia, ma anche di agganciare questo ricordo al presente, alle forme di antisemitismo attuale, agli ebrei sui quali viene esercitata la violenza oggi, per evitare di chiudere tutto in una sterile retorica?

Andrea Jarach: Per quanto riguarda il prossimo 27 gennaio sto ancora aspettando cosa risponderanno il prefetto Lamorgese e il sindaco Sala. In base al loro silenzio, per ora non ho sentito nessuna presa di posizione ma prego affinché arrivi, o alla loro chiara e inequivocabile risposta coerente con le nostre leggi, con la Costituzione e con il buon senso, mi muoverò con gli amici. Certo è che, per il momento, tutto è stato immerso nel silenzio. Lo trovo inaccettabile. Perché su questo episodio il silenzio? E invece, giustamente, una bagarre mediatica sulle spedizioni fasciste di Roma e di Como? È grave la ripresa del fascismo, ma mi sembra altrettanto grave che si urlino minacce agli ebrei in piazza durante una manifestazione filopalestinese. Il 27 gennaio la Comunità Ebraica di Milano e i tantissimi amici non ebrei dovrebbero ritrovarsi tutti davanti al Memoriale della Shoah, davanti e non dentro in quanto il Memoriale è anche della Regione del Comune e di altre istituzioni non ebraiche, e dissociarsi ufficialmente dalla eventuale presenza di figure istituzionali che non abbiano espresso posizione chiara e pubblica contro gli antisemiti di Piazza Cavour. Attuando le misure conseguenti, se c’è da arrestare qualcuno, lo si faccia. Ricordate nel 1982 a Roma, quando l’unico politico accolto in sinagoga dopo l’attentato fu Spadolini, che mai si era piegato alla convenienza filoaraba. Deve essere così anche oggi. Credo sia giunto il momento delle prese di posizione chiare. E concordo che ormai sia inaccettabile la solidarietà per un giorno solo della Memoria per poi vivere nell’ipocrisia per 364 giorni.

Davide Riccardo Romano: Sono completamente d’accordo. Ricordare l’antisemitismo di ieri senza citare chi uccide e minaccia gli ebrei oggi è assurdo. Nel mio piccolo cerco sempre di ricordare anche le minacce di oggi. Quelle, per intenderci, che sono iniziate in Francia nel 2000 con ragazzi di origine magrebina che non volevano celebrare la Shoah. Poi seguite dalle manifestazioni in piazza degli stessi, in cui si urlava contro gli ebrei. Poi sono arrivati gli attentati: prima agli ebrei francesi, e poi a tutti i francesi. Purtroppo devo constatare che il “modello francese” di non integrazione sta arrivando anche in Italia. Per questo faccio un appello alle autorità politiche: attivatevi prima che sia troppo tardi. La manifestazione e gli slogan violentemente antiebraici di Milano sono stati un altro grave segnale mai accaduto prima. Non è ignorando questi misfatti che ci si può illudere che tutto si sistemerà. L’esperienza francese in tal senso è stata illuminante: il loro non fare nulla contro i fanatici li ha incoraggiati con i risultati che abbiamo visto. Non commettiamo gli stessi errori.

Angelo Pezzana: Mai dimenticare il ricordo della Shoah, ogni iniziativa va mantenuta. Il dramma sta nel non ricordare quanto gli ebrei morti siano celebrati anche da coloro che non hanno fatto nulla per impedirne lo sterminio. Anche l’uso del verbo ‘morire’ è scandaloso, gli ebrei non sono ‘morti’ nella Shoah, sono stati uccisi, ma il verbo ‘uccidere’ raramente viene usato. Altro fatto scandaloso è nascondere la realtà dell’Islam oggi, cui si deve l’aumento dell’antisemitismo/anti-Israele, due forme di odio che hanno origine nel comune passato nazi-islamico. Dirlo, significa assumersi l’accusa di islamofobia. Che è accusa soltanto per chi non ha ancora capito il progetto della Fratellanza Musulmana, l’invasione silenziosa delle società democratiche del mondo occidentale. Islamofobia? Ebbene sì, gridiamolo forte.

Qui la seconda parte con le risposte di Vital, Segre Amar e Zarfati.

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