Israele e Medio Oriente

I morti di Gaza

Niram Ferretti lo ha scritto all’interno di un editoriale dedicato al Massimo nemico d’Israele, che è anche un pochino antisemita. Ma vale la pena di riscriverlo per esteso, proprio perché i media hanno ignorato queste ammissioni, volutamente manipolando l’opinione pubblica su un argomento delicato e drammatico.

Il membro della dirigenza di Hamas Salah Bardaweil ha dichiarato mercoledì scorso, dopo i tragici scontri avvenuti contemporaneamente all’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme, ed un portavoce del ministero della Salute di Hamas, Ashraf al-Qidra, ha confermato alla televisione di Gaza “Baladna”, che dei palestinesi uccisi dall’esercito israeliano 50 erano membri di Hamas, e tre della Jihad Islamica. Entrambe queste organizzazioni sono catalogate come terroristiche e pertanto almeno 53 dei 63 “martiri” erano ufficialmente terroristi. Una ulteriore conferma autorevole viene da parte di uno dei fondatori e leader storici di Hamas, Mahmud al-Zahar, che parlando ad Al Jazeera ha dichiarato che le manifestazioni al confine con Israele erano sostenute dai combattenti islamisti, e che essi erano armati. Egli ha definito una chiara manipolazione terminologica l’affermazione che si trattasse di “resistenza pacifica”. Sono, questi, i momenti in cui si separano con chiarezza inequivocabile gli amici d’Israele dai suoi nemici. E parlo dello stato d’Israele, non delle azioni politiche del suo governo che sono sempre liberamente criticabili.

La Turchia, che prima di Erdogan era stata un alleato strategico, un amico, ora è passata sull’altro fronte sia per la deriva islamista del presidente sia per le sue mire egemoniche sulla regione. L’Unione Europea e l’ONU per fortuna hanno rilasciato dichiarazione vicine al minimo della critica, ed alcuni stati africani si sono messi di traverso nei confronti della lungimirante politica di avvicinamento di Israele. Il fatto che il Guatemala abbia attuato il suo progetto di trasferire l’ambasciata a Gerusalemme malgrado quegli scontri è di buon auspicio anche per altre nazioni, non solo sudamericane. Non esiste dunque una netta linea di demarcazione fra amici e nemici, sebbene alcuni che già erano nel campo dei nemici si sono confermati tali; ora toccherà ad Israele darsi da fare per tornare “smart” agli occhi di chi tentenna, dal momento che le ammissioni di Hamas evidenziate all’inizio di questo commento non vengono prese in considerazione, per il semplice motivo che la verità non fa comodo a chi è prevenuto.

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