Il raid israeliano dello scorso 9 settembre che ha preso di mira i leader di Hamas a Doha potrebbe non essere andato a buon fine anche a causa del rifiuto da parte del Mossad di utilizzare la rete di agenti di cui dispone in Qatar.
Secondo quanto riportato in un articolo del Washington Post che fa riferimento a fonti anonime israeliane e successivamente ripreso dai quotidiani israeliani Times of Israel e Jerusalem Post, il direttore del Mossad, David Barnea, si sarebbe opposto al piano a causa delle preoccupazioni sul futuro del rapporti instaurati nel tempo con il Qatar, sottolineando che Doha stava mediando gli accordi per il rilascio degli ostaggi israeliani. L’IDF è così stato costretto a procedere con insufficienti informazioni sul terreno e utilizzando i raid aerei, una modalità non particolarmente efficace per operazioni di questo tipo.
L’emittente televisiva israeliana Canale 12 ha riferito che il piano per l’eliminazione della leadership di Hamas è stato osteggiato anche dal capo di stato maggiore delle IDF Eyal Zamir (lo stesso che si era opposto all’offensiva finale di Gaza City per sradicare ciò che resta di Hamas nella Striscia) e dal consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Israel Katz, il capo ad interim dello Shin Bet noto come “Mem” e il ministro per gli Affari Strategici Ron Dermer hanno invece spinto a favore dell’attacco.
Se tutto ciò dovesse risultare vero, emergerebbero dinamiche di una gravità estrema che fanno passare in secondo piano persino le precedenti dichiarazioni di Netanyahu sul fatto che “il Qatar non è un Paese nemico” e le indagini su alcuni dipendenti dell’ufficio del Primo Ministro israeliano per rapporti di influenza con Doha.
Il fatto che il direttore del Mossad, l’agenzia d’intelligence per l’estero israeliana, sia preoccupato di rovinare i rapporti con il Qatar, paese che ospita, protegge e sostiene Hamas, l’organizzazione terrorista che ha perpetrato l’eccidio del 7 ottobre 2023, mentre giornalisti di emittenti governative di Doha ne esaltano le azioni criminali fa restare di stucco.
Per due anni si è cercato di spiegare al mondo che Israele è in prima linea nella lotta contro il terrorismo islamista; che se “Israele cade, poi tocca all’Europa, all’Occidente”, per poi dover sentire esternazioni om quelle di Barna, e con il rischio anche di alimentare ulteriormente le teorie cospirazioniste secondo cui il 7 ottobre sarebbe stato un “inside job” degli apparati israeliani.
In aggiunta, si tratta di uno schiaffo anche nei confronti di coloro che in Europa, negli Stati Uniti e in Israele si sono esposti per fare emergere l’infiltrazione islamista manovrata dal Qatar su più livelli; pensiamo allo scandalo Qatargate o al lavoro “Qatar Papers” dei giornalisti investigativi francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot.
Ma i danni non sono finiti, perché se il Mossad si fosse effettivamente rifiutato di fornire il necessario supporto al governo e all’IDF, contribuendo così al fallimento dell’operazione, le conseguenze per quanto riguarda la situazione degli ostaggi sarebbe ancora più grave in quanto la sopravvivenza della leadership rafforzerebbe la posizione di Hamas sia sul piano dell’immagine che sulla morale.
Con i terroristi a Gaza ridotti allo stremo, l’eliminazione della leadership, che svolge tutt’ora un ruolo fondamentale di comando e controllo sulla Striscia, sarebbe stato un colpo devastante e probabilmente definitivo che ne avrebbe accelerato la capitolazione.
La motivazione degli ostaggi non sta più in piedi nel momento in cui sono in corso, ormai da giorni, pesanti bombardamenti preparatori all’invasione di Gaza City e in piena consapevolezza che Hamas, al di là delle menzogne che rilancia costantemente, non ha alcuna intenzione di rilasciare i pochissimi ostaggi rimasti vivi in quanto sono la sua unica garanzia di sopravvivenza.
C’è poi un ulteriore aspetto particolarmente grave, ovvero che un’agenzia di intelligence si sarebbe rifiutata di eseguire degli ordini impartiti dal Primo Ministro. Chi governa Israele? L’esecutivo eletto o i servizi segreti? In stile FSB/Russia? La seconda ipotesi sarebbe molto preoccupante. In un Paese normale il governo decide e gli apparati eseguono; se avviene il contrario la situazione è grave. Del resto si è già visto anche tra i vertici dell’esercito una tendenza ad andare contro le decisioni di governo.
L’impressione che si trae è che si stia facendo di tutto per fare sopravvivere ciò che resta di Hamas il più a lungo possibile, quando invece andrebbe eradicata rapidamente per poi procedere con la fase successiva di ricostruzione.