Mossad e IDF

In vino veritas? Non sempre. L’ultima di Juncker: una Cia europea

A Bruxelles, negli ambienti che contano, sono in molti a sostenere che il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, abbia l’abitudine di bere (alcolici) più del necessario.  Addirittura, nei mesi scorsi, una deputata della Camera bassa del parlamento polacco, Krystyna Pawlowicz, esponente del partito di governo, ha scritto una lettera per denunciare l’alcolismo di cui soffrirebbe Juncker che “fa nascere una serie di problemi per gli interessi europei e minaccia la sua autorità e affidabilità”. Parole che rilette oggi, alla luce della stravagante quanto inutile proposta junckeriana di istituire una sorta di Cia europea per combattere il terrorismo, fanno riflettere. Il problema principale del Vecchio Continente in materia di sicurezza è principalmente uno: lo scarso scambio di informazioni tra i servizi di intelligence e la mai decollata azione di coordinamento tra le varie forze dell’ordine che pure hanno in Europol un punto di riferimento importante.
Piuttosto, dal presidente della Commissione europea ci si aspetterebbe un maggior impegno per il rafforzamento dell’agenzia oggi diretta da Rob Wainwright. Chiediamoci poi a che cosa servano, realmente, il Centro Ue di analisi dell’intelligence e il Direttorato dell’intelligence militare, carrozzoni che impiegano circa 300 dipendenti e che di concreto hanno sempre prodotto poco o nulla, stante anche la prevalenza delle legislazioni nazionali. Ha senso, dunque, scopiazzare la Central Intelligence Agency, magari creando un altro inutile centro di spesa a carico del contribuente europeo? Tra un buon vino Auxerrois e una birra Chouffe, forse Juncker dovrebbe e potrebbe anche ricordarsi che è presente già, in Europa, un modello che funziona. In Italia, da 13 anni, esiste il Casa, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo coordinato dal ministro dell’Interno. Un tavolo permanente che condivide e valuta le informazioni sulla minaccia interna ed internazionale, un organismo light, efficiente, senza fronzoli e dipendenti aggiunti al quale partecipano in via permanente i vertici della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, oltre alle agenzie di intelligence Aise e Aisi. Spesso, ma non sempre, sono invitati a fornire il loro contributo specialistico anche la Guardia di Finanza e la Polizia Penitenziaria.
Uno scambio di informazioni fattivo e veloce a cui seguono azioni di prevenzione, giustamente non note al grande pubblico. In Europa, come è noto, i servizi segreti francesi non dialogano con quelli tedeschi e la polizia spagnola fa gran fatica ad avere informazioni in tempo reale dai colleghi danesi, questo solo per fare alcuni esempi. Miglioriamo l’esistente, piuttosto, anziché fare voli pindarici (o alcolici). E se proprio si vuol guardare ai migliori, oltre agli italiani che in materia di antiterrorismo sin dagli anni ’70 hanno maturato una esperienza unica al mondo, si pensi ad Israele e al Mossad. Altro che Cia.

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