Storia di Israele e dell’Ebraismo

La demonizzazione di Israele: intervista a Niram Ferretti

Recentemente è stato presentato a Padova, presso la Casa di Cristallo di Antonia Arslan, il saggio “Il sabba intorno a Israele. Fenomenologia di una demonizzazione”, scritto dal giornalista, scrittore e ricercatore Niram Ferretti. L’evento è stato organizzato da Maria Teresa Colombo presidente dall’Associazione padovana Italia- Israele.
A margine dell’incontro abbiamo avuto il piacere di interloquire con l’autore e porgli qualche domanda sul libro e, più in generale, sugli ultimi eventi di attualità geopolitica che hanno visto Israele protagonista.

Nel libro che Lei presenta parla di “demonizzazione” di Israele. In che senso utilizza questo termine e quale scopo vuole raggiungere?

Il termine da me scelto fa riferimento ad una categoria specifica che è quella della demonologia. Infatti, l’antisemitismo classico matura sostanzialmente all’interno della demonologia cristiana dove l’ebreo viene considerato un demone, un concentrato di male, una figura malefica. Questa costruzione simbolica, molto forte e di tipo archetipo, non è mai cessata; noi ritroviamo oggi, nei confronti di Israele quando viene attaccato, la rimessa in campo di stereotipi che appartengono di fatto, sostanzialmente, alla libellistica medioevale. Ad esempio le accuse che vengono rivolte all’esercito israeliano di uccidere intenzionalmente i bambini, di avvelenare i pozzi acquiferi, di espiantare gli organi dei palestinesi uccisi sono riproposizioni dei libelli del sangue in voga nel Medioevo e il cui scopo era appunto quello di criminalizzare l’ebreo in quanto tale così come oggi si criminalizza Israele. Voglio ricordare il caso del 2016 quando Abu Mazen in Parlamento a Bruxelles affermò pubblicamente, raccogliendo numerosi applausi, l’esistenza di un complotto rabbinico per intossicare le falde acquifere della Cisgiordania.

Si può ritrovare una ragione logica per questo forte astio contro gli ebrei? Lei nel titolo ha scelto il concetto di Sabba rievocando la dimensione stregonesca, perché ?

Diciamo che dobbiamo partire dal fatto che gli ebrei hanno sempre costituito un gruppo identitario molto forte. Pur essendosi, dopo la diaspora, disseminati ovunque, hanno continuato a custodire con grande perseveranza i propri riti e le proprie tradizioni. Questa loro tipicità ha fatto sì che venissero percepiti come un popolo a sè pur partecipando pienmente alla vita dei Paesi in cui vivevano.
Questa condizione di esclusività ha, in tempi diversi, generato una serie di leggende e fantasie che si è, in tempi di forte tensione socioculturale, trasformata in una forte ostilità in grado di raggiungere i livelli della demonizzazione. Non a caso ho scelto il termine Sabba che richiama la stregoneria e il satanismo. Ma quello che è ancora più interessante è l’etimologia della parola, perché sabba nasce da Shabbat. E’ una deformazione dello Shabbat ebraico che è il giorno santo settimanale per gli ebrei, durante il quale ci si raduna per celebrarlo. L’idea del raduno così inteso viene, con il tempo, trasformato nel suo opposto con l’intento di rappresentare questo convivio come qualcosa di misterioso e stregonesco con chiare connotazioni negative.


In quanto tempo ha scritto questo libro? C’è una parte che privilegia e che ritiene sia più essenziale delle altre per il lettore? Qual è la morale?

Per poter scrivere questo testo mi ci sono voluti circa tre anni di preparazione documentaria e di ricerca, ho raccolto dati, informazioni, svolto indagini storiche, fatto interviste. La stesura però è stata piuttosto scorrevole e veloce, ha rappresentato una sintesi del materiale raccolto col tempo. Non credo ci siano delle parti privilegiate o dei capitoli più importanti, vedo questo libro come una struttura architettonica interconnessa in cui ogni parte svolge una sua specifica funzione. Lo scopo è quello di mostrare le modalità in cui negli ultimi cinquant’anni è stata costruita la potente macchina della propaganda anti Israele. Si tratta di svelare e di decostruire quelli che sono i capisaldi di questa propaganda evidenziando quale sia la reale matrice del filoarabismo che la sottende. E’ fondamentale che il lettore possa replicare con dati e fatti alle menzogne che vengono costantemente diffuse e che vedono Israele come uno Stato diabolico, una sorta di entità oscura, mentre la realtà è esattamente il contrario.

Come mai al giorno d’oggi parlare di Islam con sguardo critico è diventato così difficile e la maggioranza dei media italiani sembra essersi appiattita su posizioni politicamente corrette?

Ci sono una serie di motivi. Il primo è dovuto ad una sorta di conformismo ideologico e semplice arrendevolezza a quello che è lo spirito del tempo per cui bisogna sempre, quando si parla di Islam, prendere le dovute cautele e cercare di fare in modo di formare un discorso che non offenda i musulmani in quanto tali. Questo è comprensibile ma sbagliato, perché così facendo non si riesce a comprendere con chiarezza qual è la posta in gioco e nemmeno la reale identità dell’Islam. Il problema della religione islamica è serio ed interpella un numero rilevante di musulmani che si sentono rappresentati dal Corano in un senso assolutista e rigorista all’estremo che contempla la Jihad intesa come guerra aggressiva contro gli infedeli. La stampa fa fatica a parlare di queste cose e cerca di mettere il silenziatore su simili temi perché è un discorso potenzialmente pericoloso, sappiamo tutti che si rischia di essere considerati dall’opinione pubblica islamofobi o alla peggio si arriva a vivere sotto scorta.



In chiusura, parliamo di un fatto recente che risale al 6 dicembre scorso: la decisione di Trump di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele. Come valuta l’ ostilità che si è manifestata in modo plastico all’Assemblea Generale dell’ONU, durante la quale tolta qualche eccezione tutti i Paesi europei hanno deciso di votare contro?

Questa scelta è dovuta ad un pregiudizio storicamente presente nei confronti di Israele e a un filopalestinismo ideologico che interessa l’Europa dalla fine degli anni Sessanta, ricordiamo la Guerra dei Sei giorni del 1967 e la crisi petrolifera del 1974, entrambi snodi fondamentali per la diffusione della mentalità filoarabista che ha così impregnato il paesaggio europeo.
Parliamo più che altro di interessi economici e geopolitici che hanno costituito una pregiudiziale contraria ad Israele e che a tutt’oggi rappresentano una delle matrici della propaganda anti israeliana. Un’altra matrice, quella fondamentale è però di ordine religioso in quanto interpella il rifiuto atavico musulmano di accettare l’esistenza di uno Stato ebraico su un territorio considerato per sempre appartenente all’Umma islamica.
Per quanto invece riguarda la matrice politica si tratta, indubbiamente, di un percorso iniziato tempo fa, basti pensare al progetto che aveva la Francia con De Gaulle di avvicinarsi sempre di più all’area araba e quindi costruire Eurabia, un termine che non hanno inventato nè Bat Ye’or nè Oriana Fallaci ma che afferiva a una realtà concreta e che rappresentava con chiarezza le intenzioni che animavano le potenze europee sin dalla metà degli anni Sessanta. Possiamo considerare il progetto Eurabia un processo storico-politico di graduale abbandono della cultura occidentale per abbracciare quanto più possibile l’universo musulmano, un disegno strategico che mira a staccare l’Europa dall’alveo occidentale e farla poi confluire quanto più possibile nella dimensione islamica.

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