La Distruzione degli Ebrei d’Europa, di Raul Hilberg (nella foto), è considerato, sin dalla prima stesura del 1962, una fondamentale fonte di informazioni sulla tragedia dell’Olocausto: l’importanza ed originalità di questo lavoro risiedono nell’aver tracciato con meticolosità di giurista, e non solo di storico, la storia dei meccanismi legali, amministrativi ed organizzativi che resero possibile la definizione dell’Olocausto, con particolare attenzione ai mezzi e agli autori del genocidio. Hilberg dimostra il più ampio approccio alle fonti mai raggiunto prima, in un contesto in cui molti dei lavori degli storici si erano affidati maggiormente a basi testimoniali che a documenti nazisti. Il processo di distruzione degli ebrei d’Europa richiese l’interazione di strutture amministrative, debolezze costituzionali, pregiudizi storicamente sedimentati e consolidati contro gli ebrei, giustificazioni argomentative e manipolazione psicologica. La fabbricazioni di cadaveri nei campi di sterminio fu il risultato di questa fin troppo riuscita interazione. In particolare, nel testo di Hilberg, due sono i campi che si delineano nella definizione di questa analisi e su questi, a scopo didattico o di semplice riflessione, è opportuno soffermarci. Si tratta di considerazioni probabilmente meno note ai non addetti ai lavori, ma che informano il dibattito di una luce di straordinaria serietà e completezza. Veniamo al punto: da un lato ci sono i passaggi legislativi che la burocrazia tedesca mise in atto per definire e controllare il proprio operato, dall’altro ci sono la disposizione d’animo e la particolare solerzia individuale con cui i funzionari dello Stato primeggiarono tra loro nell’esecuzione degli ordini. La campagna antisemita nazista si sviluppa attraverso una serie passaggi consecutivi e cumulativamente radicalizzati, che spingono incontrovertibilmente al risultato estremo. Il primo passo è rappresentato dalla persecuzione legislativa contro la comunità ebraica tedesca, nel 1933. Successivamente, intorno alla metà degli anni trenta, essa procede con una serie di arianizzazioni e liquidazioni del comparto produttivo e finanziario ebraico, e di riflesso dell’assetto della comunità nel suo insieme. A questo processo fa seguito la fisica concentrazione e ghettizzazione della popolazione ebraica nell’Europa occupata dai Nazisti, a partire dal 1939, la cui estrema evoluzione porta all’uccisione e annientamento della stessa, in un crescendo di provvedimenti che hanno luogo dal 1941 e si arresteranno con la conclusione del conflitto armato e la caduta della Germania. Ciò che preme sottolineare, è che la distruzione degli ebrei fu un processo amministrativo; il loro sterminio richiese l’applicazione di misure amministrative sistematiche, per tappe successive. Una società moderna non dispone di così tanti mezzi per uccidere rapidamente un gran numero dei propri membri: ciò pone un problema di enorme ampiezza, che comporta una massa incalcolabile di difficoltà e un’infinità di ostacoli. E tuttavia, studiando la documentazione riguardante la distruzione degli Ebrei, fin dall’inizio ci si stupisce nel constatare che l’amministrazione tedesca seppe sempre perfettamente ciò che faceva. Con un senso infallibile della direzione da intraprendere, con un’inquietante abilità nel ritrovare la strada, quella burocrazia tracciò, in direzione dello scopo finale, la linea più diretta. Sappiamo, con certezza, che è la natura di un ordine che stabilisce il modo in cui sarà eseguito. Dove esiste la volontà, esistono anche i mezzi; e se l’atto di volontà è estremamente determinato, i mezzi verranno trovati. Raul Hilberg offre del processo di sterminio uno schema dal quale emerge che le singole fasi non furono nemmeno preordinate in una successione precisa, ma ciò nonostante efficaci.
Eccole:
1) DEFINIZIONE di EBREO – la classificazione e schedatura avvenne, non senza difficoltà o necessarie imprecisioni, attraverso la circoscrizione di provenienza, legami di sangue, matrimoni e discendenze.
2) PROCEDURE di ESPROPRIAZIONE
3) CONCENTRAMENTO NEI GHETTI
4) STERMINIO a) in Russia, tramite i reparti mobili di MASSACRO (EINSATZGRUPPEN) b) negli altri Paesi, previa deportazione verso i campi di Sterminio
5) CANCELLAZIONE delle PROVE
Le fasi evidenziate, la definizione, il concentramento (arresto e deportazioni) e l’annientamento, rappresentano la struttura invariabile del processo di base, tanto che nessun gruppo poteva essere ucciso senza che le vittime fossero concentrate o arrestate; ma nessuna vittima avrebbe potuto essere oggetto di una segregazione se l’agente del processo non avesse saputo prima che apparteneva al gruppo. I licenziamenti e le arianizzazioni venivano dopo la definizione (del termine ebreo); le misure di sfruttamento e di restrizioni alimentari seguivano la concentrazione; infine, la confisca dei beni personali era un corollario dell’operazione di distruzione». L’esecuzione delle leggi non fu meramente formale, però, infatti la distruzione degli ebrei non si realizzò solo in esecuzione delle leggi e degli ordini, ma come conseguenza di una disposizione dello spirito, di un accordo tacito, di una consonanza e di un sincronismo.
Di fronte a questa descrizione è necessario porre una domanda, apparentemente banale: chi partecipò all’impresa, quali furono i meccanismi di esecuzione? La risposta non è così semplice: l’operazione non venne affidata a un unico agente; la macchina della distruzione fu sempre un aggregato di parti diverse; se anche un settore determinato può avere svolto, in alcuni momenti, un ruolo di supervisore, nella messa in opera di una certa direttiva, non ci fu mai un organismo centrale incaricato di dirigere o di coordinare da solo l’insieme del processo, cosa che ha delle conseguenze decisive dal punto di vista dell’individuazione delle «responsabilità», tanto che occorre anche ridefinire i crimini, o meglio: a Norimberga e in seguito fu necessario ridefinire i crimini, infatti l’’apparato della distruzione si estendeva in ogni angolo; era diversificato e, prima di tutto, decentrato. Pur nell’ambito di un aspro dibattito tra assimilazionisti e sionisti, nel 1933 gli ebrei erano quasi completamente emancipati e integrati nella società tedesca; perciò rompere tutti i legami tra loro e i tedeschi era diventata un’operazione tra le più complesse possibile.
Brevemente, risulta significativo come la comunità ebraica, sostanzialmente emancipatasi in Europa in corrispondenza delle conquiste della Rivoluzione francese, viene riconosciuta nell’Ottocento come parte integrante del resto della cittadinanza ed obbligata ad uscire dai ghetti. Per quanto riguarda la componente ebraica della vita tedesca è da notare che il sentito comune imputava agli ebrei tedeschi di essersi impossessati dei ruoli chiave della cultura e della Res Publica. Mentre nei territori dell’Est Europa il legame con la società si estese quasi esclusivamente sul piano politico – non tanto amministrativo o intellettuale – con la confluenza nella Socialdemocrazia, la sostanziale esclusione, che permase in Germania, dalla vita politica attiva, fu responsabile di un certo distacco che gli Ebrei svilupparono verso quest‘ultima. Tale distacco fu pagato con una distorsione di percezione verso le avvisaglie e le evidenze della persecuzione, e con una sostanziale atteggiamento di passività nei loro confronti. Sappiamo che la burocrazia ministeriale, quella delle forze armate, quella dell’economia e quella del Partito erano le quattro gerarchie distinte che si trovavano nelle mani del Führer, quattro centri di potere, tanto che si è parlato di poliarchia, per quanto riguarda il nazionalsocialismo; malgrado le diverse origini storiche di questi quattro apparati, malgrado il contrasto di interessi, essi poterono mettersi d’accordo per decidere la distruzione degli Ebrei, e la loro cooperazione fu così completa, che abbiamo il diritto di affermare che essi si fusero in un’unica macchina di distruzione. Ogni passaggio di questo processo rappresenta in sé una radicalizzazione politico-burocratica. In particolare, i vari passaggi del processo di sterminio non furono chiaramente e univocamente demarcati, ma ebbero contorni, e riflussi, ben poco definiti. E’ per tale motivo che ognuno dei gradi di questa radicalizzazione fu reso possibile, o persino causato, dall’estendersi delle possibilità rivelate dalle efferatezze che lo avevano preceduto. Si può affermare inoltre che il passaggio verso la distruzione degli ebrei d’Europa non era riferito ad un ordine definito in quanto tale, quanto piuttosto a una serie di direttive e provvedimenti emanati. Non ‘per ordine del Fuhrer’, ma ‘secondo il desiderio del fuhrer’ è infatti l’espressione, presente in molti decreti, che fa pensare ad un funzionamento dello Stato decisamente anomalo. All’interno dello stato nazionalsocialista si arriva di fatto ad uno smantellamento dello Stato di diritto, per cui la piramide della gerarchia amministrativa, caratterizzata da un ordine verticale, viene scavalcata a favore di una maggiore efficienza burocratica e una maggiore radicalizzazione fattuale.
La sostanziale unità di intento, così come la competizione tra i diversi uffici amministrativi dello Stato tedesco in espansione, condussero il sistema a sublimare il proprio potenziale distruttivo. L’eliminazione degli ebrei risulta un provvedimento di natura compensativa: i componenti del movimento speravano in qualche modo di guadagnarne posizioni di un certo prestigio. L’antisemitismo mette a nudo una valvola di sfogo che si attua secondo un processo graduale di sradicamento che procede secondo la legge dell’ottundimento. L’antisemitismo, da elemento marginale, diviene aggregante. Si compie cioè una separazione sul piano sociale: l’ebreo, che prima era comune, viene allontanato dalla società, non è più una persona, un vicino, un amico, ma un simbolo. Il programma nazista per l’espulsione degli ebrei mette in atto provvedimenti efficaci; il Fuhrer, tuttavia, non emana ordinanze puntuali, quanto piuttosto discorsi intellettualistici. Al suo cospetto i vari ministri sono come invitati a fare ‘l’offerta migliore’ per mostrarsi i più fedeli esecutori. Un tale sgretolamento di ruoli induce inevitabilmente alla distruzione del sistema politico. Questo sistema rende inoltre particolarmente difficile interpretare la documentazione delle fonti: i ministri del Reich non si riuniscono piraticamente più dal 1939. Alcuni di essi hanno accesso diretto al Fuhrer, altri, invece, non parlano col capo per anni. Hilberg presenta la burocrazia del genocidio su una scala talmente vasta che appare evidente quanto essa di fatto costituisse un eloquente campione trasversale della società tedesca sotto il Nazismo. Detto ciò si chiarisce quanto fosse plausibile l’emergere di un consenso attorno al tentativo di comprendere il comportamento dei perpetratori della ‘Soluzione finale’.
Questo consenso riunisce sotto un comune denominatore la tensione ideologica di RSHA (Reichsicherheithaupthamt – ufficio centrale per la sicurezza del Reich) e WVHA (Verwaltungshauptamt – ufficio centrale economico e amministrativo delle SS), e l’uomo qualunque della Polizia ordinaria. Tutti condividono l’assunzione di responsabilità in prima linea sul fronte della politica razziale, insieme con un più vasto insieme di interlocutori coinvolti nei processi di arianizzazione ed espropriazione. Tutti, inoltre, sono assolti, per così dire, in nome di un nuovo ordine morale ed ideologico emanato dalle istituzioni del Terzo Reich. Istituzioni ed individui si radicalizzano progressivamente seguendo l’ampliarsi della gamma di prospettive offerte dalle nuove politiche, dalle incursioni, dai furti, dalle uccisioni. In conclusione, si può affermare che la pianificazione della distruzione degli ebrei d’Europa abbia rappresentato, durante l’arco della sua messa in opera, la sintesi di due processi esistenzialmente diversi. Da un lato la distruzione in quanto tale, che rappresenta un accadimento di rapida risoluzione, che si abbatte sulle vittime con grande velocità, e anzi tende ad accelerare in prossimità della sua conclusione. Dall’altro un sostanziale intervento di assorbimento pregiudiziale, di condivisione partecipata, elaborato magistralmente per accelerare dei processi di elaborazione collettiva che normalmente impiegano generazioni e generazioni per radicarsi nelle coscienze degli individui.
Raul Hilberg
La distruzione degli Ebrei d’Europa
1999
ET Saggi pp. XII – 1479
ISBN 9788806151911
