Israele e Medio Oriente

La storia del campo di internamento di Roccatederighi

Dopo l’8 settembre del ’43, anche nella poco popolata e rurale provincia di Grosseto iniziò ad essere applicata la prassi della dissoluzione programmata della comunità ebraica. Nonostante la sua estensione  la provincia di Grosseto contava pochi centri di rilievo, ma in compenso era sede di una struttura strategica di supporto molto importante per i tedeschi, l’aviosuperficie Baccarini, tappa per i Me. 323 Gigant diretti in Tunisia e sede di una scuola di aerosiluranti, la 102. Kampfschulegeschwaden. Il Baccarini era inoltre l’aeroporto più prossimo a Roma in direzione nord. Questa importanza strategica implicava una costante e cospicua presenza di alte cariche militari tedesche, ed è in questo contesto che si colloca la storia dell’allora Capo della Provincia, il Prefetto Alceo Ercolani.

Ercolani, ex militare e fanatico fascista, era conosciuto come individuo autoritario e brutale, ligio al protocollo e più feroce dei tedeschi stessi: amava pavoneggiarsi a passeggio con i Comandanti tedeschi, se ne vantava, e teneva particolarmente a far bella figura con loro. I tedeschi, dal canto loro, a partire dall’inverno del ’43 e per i mesi successivi avevano ben altre gatte da pelare in provincia di Grosseto: gli alleati avevano iniziato i bombardamenti a tappeto su tutte le principali strutture strategiche, le bande partigiane cominciavano ad organizzarsi, la Wehrmacht avrebbe presto cominciato a dare segni di cedimento sulla linea Gustav, nell’aprile del ’44 l’intensificarsi delle incursioni alleate con cacciabombardieri veloci e l’adozione della “linea Strangle” avrebbe decimato e interrotto i rifornimenti di supporto al fronte; per contro, il totale degli ebrei censiti nella provincia ammontava a 149 persone, concentrate prevalentemente nella zona del paese di Pitigliano e dintorni: un numero irrilevante ai fini del quadro generale.

Eppure Ercolani, ansioso di mettersi in mostra con i vertici tedeschi, fu uno dei primi in Italia ad emanare provvedimenti contro la comunità ebraica: già dai primi giorni di novembre aveva provveduto alla confisca dei beni delle comunità ebraiche. Nell’arco di pochi mesi tutto ciò che costituiva la ricchezza delle famiglie ebraiche, aziende commerciali, proprietà immobiliari, depositi bancari, era stato acquisito tramite decreto prefettizio nelle casse della Provincia di cui era a capo.

Verso la fine di novembre poi, più precisamente il 25 di quel mese, Ercolani aveva informato la Direzione Generale della Pubblica Sicurezza di aver reperito un luogo idoneo all’internamento degli ebrei presenti sul territorio della sua provincia. Il campo di internamento, specificava nel comunicato, sarebbe stato operativo a partire dal 28 novembre, cioè due giorni prima del decreto ufficiale del Ministro degli Interni Buffarini Guidi sulla deportazione degli ebrei; il prefetto Ercolani quindi, per eccesso di zelo e di sua iniziativa, aveva anticipato gli eventi: ciò gli procurò in breve tempo la stima e la considerazione dei Comandi Tedeschi, che lo citavano quale esempio encomiabile di energia e dinamismo nell’esercizio delle sue funzioni dirigenziali, che poi era ciò a cui aspirava.

La ricerca di un luogo idoneo all’internamento di ebrei e dissidenti, iniziata precocemente, non gli era stata né lunga né particolarmente difficile: con l’aiuto della Curia, che glielo fornì in affitto, venne adibito allo scopo un vecchio seminario, posto tra Roccatederighi e Sassofortino, piccoli paesi di collina nel comune di Roccastrada. Si trattava del Seminario Estivo Vescovile della Curia di Grosseto, e il contratto di affitto fu firmato da Monsignor Paolo Galeazzi in persona, vescovo di Grosseto.

Le stanze del seminario vescovile cominciarono a riempirsi fin dai primi di dicembre del ’43 di persone arrestate e deportate; per ordine dello stesso Prefetto la costruzione venne recintata con filo spinato e la sorveglianza venne affidata a un manipolo di repubblichini, debitamente armati. Per far fronte alle prime spese, il Capo della Provincia prelevò 100.000 lire dalla cassa prefettizia, che, scrive Ercolani nell’ordine del novembre 1943, avrebbe reintegrato col “ricavato dei beni mobili ed immobili di pertinenza di detti ebrei”.

Il canone mensile del contratto di affitto stipulato con la Curia ammontava a 5.000 lire e includeva l’opera di cinque suore per l’assistenza agli internati , oltre che di qualche “uomo di fatica”, personale a cui veniva corrisposto un compenso mensile a carico della Provincia.

Dei 149 ebrei censiti nella provincia (censimento del 1938), 80 furono internati nel campo (41 italiani e 39 stranieri).

Già solo tre mesi dopo, però, a partire dal successivo mese di febbraio, mano a mano che la linea del fronte si avvicinava, Ercolani dimostrò una certa fretta nel voler liquidare il campo e far sparire gli ebrei ivi detenuti. Fece perciò pressioni sulle autorità competenti perché essi venissero quanto prima trasferiti verso Fossoli, che era il luogo di smistamento dal quale partivano i convogli per Auschwitz.

In quel periodo Ercolani scriveva al capo della polizia, che “coll’avvicinarsi delle azioni di guerra si rende ora indispensabile il trasferimento di detti ebrei, ammontati a 64. Prego, pertanto, volere compiacersi comunicarmi ove gli stessi debbano essere tradotti”.

Fra l’aprile e il giugno ’44 più di metà degli internati di Roccatederighi fu quindi trasferita, assieme ad altri deportati di province limitrofe, tra le quali Siena. Chi rimase, venne liberato  all’arrivo degli Alleati il 24 giugno. Ad Auschwitz finirono 33 persone, di cui 4 sopravvissero. Di 13 di loro, che non partirono per la Polonia,  non si è mai saputo più nulla.

Nel settembre del ’44, quando tutta la Provincia era stata ormai liberata e a Grosseto si era insediato l’AMG (Governo Militare Alleato al comando del colonnello Hamilton), il Prefetto Adolfo De Dominicis rifiutava l’istanza di pagamento mossa dal Vescovo per la riscossione delle mensilità non pagate, sostenendo l’invalidità del contratto che Ercolani aveva sottoscritto “di sua iniziativa” e senza preventiva autorizzazione del Ministero dell’Interno. Il Vescovo provò a controbattere che alla concessione dello stabile era stato costretto “pur contro la sua volontà” per evitarne la requisizione, ma infine dovette rivolgersi al Ministero per gli arretrati e il risarcimento dei danni.

Ercolani, che all’entrata degli alleati in Grosseto il 15 giugno era scappato verso nord – non senza prima aver saccheggiato le casse della Provincia – per mettersi a disposizione della RSI, venne successivamente arrestato e processato nel 1946 per crimini di guerra e peculato. Condannato a trent’anni, uscì nel 1953 a seguito dell’ampliamento dell’amnistia Togliatti anche ai crimini commessi prima del 1945.

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