Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

La versione di Pappé: Il convegno contro Israele all’Università di Torino

Ilan Pappé, lo “storico” israeliano emigrato in Inghilterra nel 2008 e docente all’Università di Exeter è uno dei mostri sacri dei palestinisti o fliopalestinesi hardcore, e non potrebbe essere altrimenti. Per anni non ha fatto che scrivere libri e articoli in cui lo Stato ebraico e il sionismo sono descritti come una grande impresa coloniale e una ideologia perversa. E’ poi stato, negli anni Novanta, un solerte sostenitore del boicottaggio politico economico e accademico di Israele al punto che, la sua stessa università di allora, quella di Haifa, gli chiese per coerenza di rassegnare le dimissioni. E’ invece un’altra università, quella di Torino, che ora si appresta a riceverlo a braccia aperte nella due giorni di studio che si terrà al Dipartimento di Politica, Culture e Società, dove da tempo vengono allestiti veri e propri processi a Israele organizzati da docenti ammaliati dalla narrativa martirologica araba e supportati dal collettivo studentesco Progetto Palestina.

Pappé in realtà non è uno storico, ma un fabulatore e un ideologo per sua esplicita ammissione. I suoi testi sacri, “La pulizia etnica della Palestina” e “Una storia della Palestina moderna” scrutinati dall’occhio attento di storici veri, come Benny Morris e Efraim Karsh, si sono rivelati per ciò che sono, patacche grossolane costruite intenzionalmente su errori, omissioni, deformazioni, insomma su un intero apparato scenico costruito per simulare la realtà, di cui a Pappè importa assai poco. Le sue dichiarazioni in merito sono assai esplicite:

“La lotta riguarda l’ideologia non i fatti. Chi sa quali sono i fatti? Cerchiamo di convincere quante più persone possibili che la nostra interpretazione dei fatti è quella giusta, e lo facciamo per ragioni ideologiche, non perché cerchiamo la verità” (“Una intervista con Ilan Pappé,” Baudouin Loos, Le Soir [Bruxelles],Nov. 29, 1999).

Dunque, chiunque leggesse i libri di Pappé per trovarvi la verità su come si sono svolti gli avvenimenti relativi alla storia di Israele è come se cercasse in un libro di fisica teorica la ricetta per la bouillabaisse. Il motivo è semplice, i fatti non esistono, esistono solo le interpretazioni. Così ci dice questo tardo epigonetto di Nietzsche in ossequio al dettato postmoderno secondo cui dalla nozione di verità dovremmo prendere definitivamente congedo e accontentarci di una molteplicità di giochi linguistici al suo posto. Nulla di nuovo sotto il sole. Si tratta di questioni un po’ vecchiotte, dibattute già in Grecia nel V secolo da Platone attraverso il suo portavoce Socrate in dialoghi immortali, in cui gli eristici e i sofisti vengono mostrati per ciò che erano, ciarlatani impenitenti, affabulatori scaltri e meno scaltri. Sono loro gli antenati diretti di Pappé, coloro che non cercano la verità, contrariamente a Socrate che alla verità dona tutto se stesso fino alla morte.

La riscrittura della storia della Palestina da parte di Pappé, il cui mentore è stato, non per niente Edward Said, il grande mistagogo di “Orientalismo” a cui è dedicata la due giorni torinese, è al servizio della vittimologia palestinese senza se e senza ma. Trattasi di un epos della soggiogazione colonialista, in cui la virtù è interamente araba e il vizio una prerogativa ebraica. Nulla da fare, per la sinistra radicale filopalestinese a cui appartiene anche Pappé, la coazione a ripetere le parole d’ordine è inevitabile quando si è fondamentalmente un megafono della narrativa colpevolista nei confronti di Israele.

Così, quando Pappé propaga la nozione della “pulizia etnica” che sarebbe avvenuta in Palestina da parte degli “occupanti” non solo distorce clamorosamente e grottescamente la realtà ma contribuisce alla grancassa dei denigratori militanti di Israele a cui appartiene a pieno diritto. Lo stesso accade quando propone altrettanto grottescamente l’idea di uno stato bi-nazionale arabo-ebraico come possibile modello di convivenza civile. Il suo divorzio dalla realtà è ancora più radicale disconoscendo alla radice la stessa ragione del rifiuto arabo-musulmano originario nei confronti di Israele e degli ebrei e la radicalizzazione islamista del conflitto. La storia nulla insegna in questo senso, a proposito di conflitti etnici, tribali culminati in orge di sangue tra popoli ed etnie artificialmente composti in unità di comodo. Di nuovo wishful thinkings da parte di fautori di utopie, di sogni ad occhi aperti che dovrebbero essere poi gli altri a pagare sulla propria pelle. Ma questa proposta null’altro è se non la prova provata del desiderio della sparizione di Israele come Stato ebraico, come realtà autonoma a tutto vantaggio delle “vittime” palestinesi, e perché no? dell’Umma islamica.

E’ così la realtà affonda inevitabilmente insieme alla verità suo corollario necessario, e, ovviamente affondano insieme a esse i fatti, come potrebbe essere altrimenti? “Chi sa quali sono i fatti?”. L’importante è convincere sposando ideologicamente un punto di vista unilaterale. Banalmente, al di là di questioni squisitamente tecniche, che riguardano l’epistemologia e la storiografia, si tratta qui di sola propaganda. Anche la propaganda non si prende in carica i fatti e la realtà, ma ne costruisce un’altra del tutto alternativa in cui dimorano rappresentazioni funzionali al racconto che si vuole imporre.

Questo è dunque ciò che avverrà a Torino al convegno contro Israele promosso dall’Università. Gli studenti convenuti assisteranno a uno spettacolo teatrale, a una messinscena, in cui, messa da parte la storia, rimossa la realtà, la farà da protagonista il grande romanzo criminale su Israele di cui Pappé è da anni uno degli specialisti più affermati.

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