Editoriali

Le sedie vuote e l’orgoglio di Israele

Sono due gli elementi che devono essere tenuti bene presenti in merito al discorso che ieri, Benjamin Netanyahu ha tenuto all’ONU. Uno sono le numerose sedie vuote lasciate da molteplici delegazioni, la maggioranza islamiche,  l’altro è la determinazione con cui il premier israeliano ha rivendicato i molteplici successi bellici ottenuti da Israele in questi ormai due anni di guerra su diversi fronti: contro Hamas, Hezbollah, l’Iran, nel perimetro siriano, con la caduta di Assad.

Le sedie vuote ci dicono soprattutto di come la propaganda di Hamas, diffusa principalmente da Al Jazeera, la tv del Qatar, grande sponsor della formazione jihadista, e recepita acriticamente da quasi tutto il comparto mediatico occidentale, abbia ottenuto i risultati sperati. Il portavoce di Hamas ha infatti dichiarato come, quelle sedie vuote,  illustrino “l’isolamento di Israele e le conseguenze della sua guerra di sterminio”, ed è vero che è stato isolato, è vero che l’incessante criminalizzazione nei suoi confronti lo abbia trasformato oggi, agli occhi di molti, in uno Stato canaglia.

Da una parte abbiamo dunque, plasticamente evidente, la forza della menzogna, il suo riscontro, Hamas può certamente dirsi soddisfatto, dall’altra abbiamo le parole di Netanyahu che respingono la menzogna con fatti incontrovertibili.

Come si fa a praticare un genocidio, avvisando con largo anticipo la popolazione che si vuole sterminare, di attacchi imminenti, in modo che si possa spostare? come si fa a praticare un genocidio quando si fanno entrare nel luogo in cui dovrebbe essere commesso, 2000,000 di derrate alimentari? Come si fa a praticare un genocidio quando il rapporto tra morti civili e terroristi è sostanzialmente paritario?

Ma questo è solo uno dei punti e non il più saliente del discorso di Netanyahu. Gli altri riguardano i Paesi che, dichiarandosi amici, hanno voltato le spalle ad Israele riconoscendo lo Stato palestinese. Ad essi Netanyahu ha ricordato come uno Stato arabo-palestinese non sia mai venuto in essere a fianco di quello ebraico per il costante rifiuto arabo di farlo nascere, ha ricordato altresì che uno Stato palestinese in miniatura è già nato  ed è quello che ha portato al 7 ottobre. Israele non permetterà che, a un miglio da Gerusalemme, possa esserci uno Stato simile, “Non lasceremo che ci venga cacciato in gola”. Hamas e Fatah, ovvero l’Autorità palestinese, sono le due facce della stessa medaglia, entrambe nutrite dal medesimo antisemitismo, dal medesimo rifiuto di Israele, “usano gli stessi testi scolastici di Hamas, esattamente gli stessi. Insegnano ai loro bambini ad odiare gli ebrei e a distruggere lo Stato ebraico”.

L’altro punto riguarda la stessa storia ebraica, rivendicata con forza e orgoglio, di come Israele sia parte intrinseca e ineludibile di una storia che dura da più di tremila anni, non una pietra di inciampo, ma un “faro del progresso, dell’ingegno e dell’innovazione a beneficio di tutta l’umanità”.

Verità abbagliante, troppo, e insostenibile per le forze regressive e distruttive in seno all’Islam, per i nemici del progresso e dello sviluppo, di cui Hamas, che si è congratulato per le poltrone vuote, è uno degli esempi più flagranti.

L’ONU, già definito da Netanyahu, “palude antisemita”, è di nuovo il luogo in cui si palesa quell’avversione verso Israele cominciata dopo la guerra dei Sei Giorni e continuata nei decenni con un numero esorbitante di risoluzioni contro di esso, che non hanno eguali con quelle nei confronti di nessun altro Stato al mondo.

L’ONU delle poltrone vuote, di cui alcune lasciate da Paesi occidentali, certifica lo smarrimento morale in cui si trova una parte del mondo libero e democratico, quello che dovrebbe essere risolutamente dalla parte di Israele, ma che invece, per interessi economici, abiezione ideologica e meri calcoli politici, ha scelto di fiancheggiare chi ne vuole la capitolazione.

Torna Su