Gli ostaggi israeliani ancora in vita sono stati finalmente rilasciati; venti in tutto e ora si attende la restituzione dei resti di quelli morti, ventotto secondo quanto riferito dai media. La prima fase del “piano Trump” è dunque quasi conclusa e diciamo “quasi” perché resta il tasto dolente da completare, ovvero la liberazione di circa 1968 terroristi palestinesi dalle carceri israeliane (250 dal penitenziario di Ofer e altri 1718 da quello di Ketziot, secondo fonti del Times of Israel).
Terroristi che molto probabilmente torneranno a riabbracciare le armi e a uccidere altri israeliani, esattamente come successo con precedenti accordi con numeri sproporzionatamente favorevoli ai terroristi, come quello del 2011 che ne portò al rilascio di 1027 in cambio del soldato Gilad Shalit. Tra i detenuti rilasciati c’era anche Yahya Sinwar, l’ideatore del massacro del 7 ottobre 2023.
E’ logico e doveroso domandarsi come la liberazione di quasi duemila terroristi possa contribuire alla “pace”, anche considerando le conseguenze dei precedenti scambi.
Intanto Hamas ha a disposizione nella Striscia di Gaza almeno 7000 terroristi, mobilitati appena entrato in vigore il cessate il fuoco e già attivi nel reprimere i “collaboratori”. Non certo l’atteggiamento di chi ha intenzione di lasciare le armi e il potere.
C’è però un ulteriore punto, il più complesso e fumoso e riguarda la seconda fase del piano di Pace di Trump, ovvero il disarmo di Hamas, eventualità già esclusa dalla leadership dell’organizzazione terrorista.
Hossam Badran, membro dell’ufficio politico di Hamas ha infatti detto chiaramente alla AFP che “Le armi sono dell’intero popolo palestinese…Sono una cosa naturale e parte della storia, del presente e del futuro”. Badran ha poi aggiunto che “la resistenza” è pronta a tornare a combattere se necessario.
Il presidente americano Donald Trump ha confermato che la questione della consegna delle armi da parte di Hamas verrà affrontata nella seconda fase del piano di pace, fondato su 20 punti e che prevede l’amnistia ai membri di Hamas che consegneranno le armi nonché il permesso di lasciare Gaza.
Bisogna però chiedersi se ai terroristi interessi consegnare le armi e lasciare la Striscia. Non è un caso che il 1° ottobre i funzionari di Hamas, durante i colloqui con funzionari turchi, qatarioti ed egiziani, abbiano dichiarato di voler apportare modifiche alle clausole del piano di pace per Gaza del presidente Trump, comprese quelle relative al disarmo e all’espulsione di Hamas da Gaza. Hamas chiede inoltre garanzie internazionali per il completo ritiro israeliano da Gaza e assicurazioni che non ci saranno omicidi mirati dei propri membri dentro o fuori dalla Striscia.
Le domande sono tante: per quale motivo Hamas dovrebbe accettare di consegnare le armi? Se mai dovesse farlo, a chi le dovrebbe dare? Certamente non all’IDF; si è infatti parlato di un contingente internazionale e certamente non saranno soldati statunitensi visto che da Washington hanno già fatto sapere che non ci saranno “boots on the ground” a Gaza. Si è vociferato del possibile coinvolgimento di turchi, qatarioti ed egiziani, ma è sensato coinvolgerli? Non dimentichiamo che Qatar e Turchia sono i due principali sostenitori di Hamas, assieme al regime iraniano. Per quanto riguarda l’Egitto, è bene ricordare come abbia chiuso entrambi gli occhi sui traffici illeciti di Hamas tra Sinai e Gaza, incluso il passaggio di armi che si è poi rivelato fondamentale per il pogrom del 7 ottobre 2023.
Chi coordinerà dunque l’eventuale disarmo? Chi lo implementerà sul campo? Chi governerà Gaza? Chi si occuperà di accertare che Hamas non abbia ruolo all’interno della Striscia, nemmeno nell’ombra?
Teniamo poi bene a mente che gli ostaggi erano l’unica garanzia che Hamas aveva per assicurarsi la propria sopravvivenza. Se li hanno rilasciati, avranno anche ricevuto in cambio altre garanzie che forse non è dato sapere?
Trump ha affermato che sia Israele che Hamas “sono stanchi di combattere”, ma per quanto riguarda i secondi è difficile crederlo veramente. Cosa ha ottenuto Hamas dal pogrom del 7 ottobre? Gaza rasa al suolo, 60 mila terroristi morti inclusi diversi leader, il proprio potere distrutto, eppure continua a invocare la “resistenza”.
Chi conosce Hamas sa benissimo che il suo obiettivo è la distruzione di Israele e non sarà mai stanca di combattere perché il fondamento del proprio credo è il fanatismo suicida. Credere il contrario è puerile illusione e la questione dell’improbabile disarmo, assieme al rilascio di migliaia di terroristi ne saranno la conferma.