Lunedì 25 novembre alle ore 18 presso l’aula 1 dell’edificio Einaudi dell’Università di Torino si è tenuta una conferenza organizzata da “Progetto Palestina” durante la quale ha partecipato tramite remoto Maryam Abu Daqqa, membro del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina-FPLP. Una sala gremita di persone, circa 200, prevalentemente giovani studenti e con corteo a fine conferenza in direzione Piazza Castello.
L’evento, intitolato “Il femminismo dimenticato”, è stato pubblicizzato sui due account Instagram di “Progetto Palestina”, collettivo di estrema sinistra formatosi nel 2015 con l’obiettivo di portare la “causa palestinese” all’interno dell’università. I suoi attivisti hanno inoltre tappezzato i muri dell’università di manifesti.
L’evento è però andato ben oltre la questione della donna, con la Abu Daqqa che, tra le varie cose, ha attaccato il governo francese per averla espulsa, Israele (accusandolo di stupri e genocidio) e gli Stati Uniti (accusati di voler occupare la Siria).
“Progetto Palestina” non è nuovo a simili iniziative; nel novembre 2023 aveva infatti invitato un altro volto storico del FPLP, ovvero Leila Khaled, protagonista di due dirottamenti aerei nel 1969 e nel 1970, rispettivamente su un velivolo della TWA e uno della EL AL. Nel 2017 alla Khaled era stato negato l’ingresso in Italia perché non aveva un visto Schengen valido.
Nel manifesto dello scorso anno, la Khaled veniva definita “militante storica della resistenza palestinese”. Il discorso non si era svolto di persona e la leader del FPLP aveva parlato tramite collegamento da remoto.
Sul suo profilo Instagram, il collettivo “Progetto Palestina” mostra una serie di immagini, tra cui quella di alcune bandiere israeliane recentemente incendiate a Torino durante una manifestazione in cui si sono verificati anche degli scontri con le forze dell’ordine.
L’ufficio del Rettore era stato informato preventivamente dell’evento, tanto che l’aula era inizialmente stata concessa per poi venire successivamente revocata. L’account Instagram di Progetto Palestina aveva indicato che l’evento si sarebbe svolto in ogni caso, nonostante la mancata autorizzazione.
Emanuel Segre Amar, presidente del Gruppo sionistico piemontese, ha spiegato che in seguito a numerosi scambi di mail e telefonate con la segretaria del Rettore, inizialmente il rettorato ha affermato di non essere al corrente dell’evento (nemmeno i responsabili del Campus Einaudi) e ciò nonostante che il luogo fosse tappezzato di manifesti che pubblicizzano il tutto.
Successivamente, gli veniva detto che il collettivo aveva chiesto l’autorizzazione per un evento ed era stata concessa. Il rettorato non era però al corrente di chi avrebbe parlato e lo è venuto a sapere soltanto grazie alla sua segnalazione; a quel punto l’autorizzazione è stata revocata.
Il Dott. Segre Amar chiedeva dunque un documento scritto che lo attestasse, ma gli veniva riferito che era possibile avere conferma scritta soltanto riguardo alla non concessione dell’Aula Magna per l’evento.
In risposta alla domanda “se il collettivo potesse organizzare l’evento in un’altra aula?”, gli veniva detto che “l’Università di Torino non autorizza l’organizzazione dell’evento”. In aggiunta, l’università ha precisato che non dispone dei mezzi per poter impedire l’evento.
Il Rettore dell’Università di Torino, Prof. Stefano Geuna, da noi contattato, ha spiegato che l’aula non è stata concessa ma gli studenti ne hanno comunque usufruito:
“L’iniziativa non è stata autorizzata dall’Ateneo, quindi l’aula non è stata concessa per la manifestazione oggetto di attenzione. L’incontro, quindi, si è svolto nonostante la mancata autorizzazione e per unilaterale decisione dell’Associazione studentesca. I contenuti dell’incontro sono stati diffusi pubblicamente da Progetto Palestina, quindi sono a disposizione delle Autorità competenti in fatto di Pubblica Sicurezza per le opportune valutazioni di merito”.
Ha poi aggiunto: “poiché si tratta di aule di lezione che ospitano attività didattica fino alle ore 20, basta ovviamente che un anche ristretto numero di persone si trovi in aula durante la lezione che si tiene nelle due ore precedenti per prendere in uso l’aula”.
Da questo caso emergono chiaramente una serie di problematiche sulle quali è doveroso riflettere. In primis, la radicalizzazione delle masse studentesche da parte di soggetti appartenenti a organizzazioni classificate come “terroriste” che hanno però libero accesso alle aule, seppur anche solo virtualmente, tramite “associazioni” che ne condividono l’ideologia. Per rendersene conto è sufficiente consultare gli account Instagram di “Progetto Palestina”.
C’è poi la questione delle autorizzazioni, sulle quali vige un grande punto di domanda. Che senso ha infatti un regolamento che può però essere violato con tale facilità? Cosa può e dovrebbe effettivamente fare un rettorato per impedire un evento del genere?
In base a quanto spiegato dal rettore, Prof. Geuna, è sufficiente che un ristretto numero di persone si trovi in aula durante la lezione che si tiene nelle due ore precedenti per prendere in uso l’aula.
Questo è un problema che va risolto, perché in base a ciò, chiunque può prendere possesso di un’aula e invitare chiunque a parlare. Se l’università non ha effettivo potere decisionale e gestionale sulla sua proprietà, non ha i mezzi per impedire gli eventi, al punto che le aule possono essere utilizzate per la propaganda di stampo terroristico, la faccenda è di estrema gravità e necessita di immediate misure da parte delle istituzioni italiane. Un conto è la libertà di pensiero e di espressione, ben altra è la diffusione di narrativa radicale e terrorista.