A San Gimignano, la città delle torri, è stata eretta una nuova muraglia: quella contro i farmaci israeliani. La giunta comunale ha infatti deciso di sospendere la vendita dei medicinali Made in Israele nella farmacia comunale, aderendo a una campagna nazionale di boicottaggio. Un gesto presentato con grande serietà come «pressione economica non violenta».
In altre parole: se hai la pressione alta, pazienza. Se soffri d’asma, respira a fondo. Se il tuo medico ti ha prescritto un farmaco prodotto in Israele, abituati all’idea che la tua salute vale meno del messaggio politico. Perché in fondo – sembrano dire da Palazzo Comunale – le malattie passano, ma il boicottaggio resta.
L’idea di fondo è geniale nella sua semplicità: colpire Israele partendo da San Gimignano, col suo mercato farmaceutico di dimensioni talmente gigantesche da mettere in crisi un’intera economia nazionale. È solo questione di tempo prima che Netanyahu, disperato, convochi d’urgenza il consiglio di guerra: «Signori, non abbiamo più speranze. Hanno tolto i colliri da San Gimignano».
I cittadini, come prevedibile, si dividono. Alcuni approvano, convinti che l’atto simbolico farà tremare le fondamenta del governo israeliano. Altri scuotono la testa: «Se mi serve quel medicinale e non lo trovo più, cosa faccio?», si chiedono. Forse potranno rivolgersi alle erboristerie locali, sperando che un decotto di finocchio selvatico possa sostituire una terapia oncologica. Ma d’altronde, si sa: ogni rivoluzione richiede dei sacrifici.
C’è chi teme un effetto domino. Oggi stop ai farmaci israeliani, domani? Potrebbero sparire i cerotti «troppo sionisti», le siringhe «filo-occidentali», perfino le vitamine sospettate di finanziare l’occupazione. Non si esclude, a lungo andare, una commissione speciale per controllare che nessuna pillola contenga eccipienti con passaporto sbagliato.
Intanto, mentre a Gerusalemme nessuno si accorge minimamente del boicottaggio farmacologico toscano, a San Gimignano l’operazione diventa argomento da bar. C’è chi ironizza: «Vedrai che tra poco ci diranno che l’ibuprofene è un’arma di distruzione di massa», e chi replica con orgoglio: «Noi siamo la prima linea della pace, altro che ONU».
In realtà, l’unico effetto certo è che il piccolo borgo medievale ha guadagnato un titolo di giornale e una mezza pagina di discussione nazionale. Del resto, l’Italia è il Paese dove la politica estera si misura più facilmente con lo scaffale del supermercato che con un negoziato internazionale.
San Gimignano si candida così a laboratorio di una nuova diplomazia sanitaria: oggi il boicottaggio dei farmaci, domani magari il divieto di vendere hummus israeliano al supermercato, dopodomani il ritiro simbolico delle patatine fritte «in odore di Tel Aviv». Nel frattempo, il cittadino con l’allergia stagionale potrà solo sperare che i suoi starnuti contribuiscano a scuotere i palazzi del potere mediorientale.
In fondo, il Medio Oriente non cambierà per decisione dell’ONU, né per la mediazione americana o per gli accordi di Doha. Ma chissà, forse cambierà grazie a una farmacia comunale che, dalle colline toscane, manda un messaggio chiaro al mondo: la vera diplomazia si fa con la lista dei medicinali disponibili.