Editoriali

Senza alcuna legittimità morale: La farsa del Consiglio per i Diritti Umani

Si deve alla risoluta determinazione di Nikki Haley, ambasciatrice americana all’ONU la messa in stato di accusa del Consiglio per i Diritti Umani (UNHRC) dell’ONU con sede a Ginevra.

L’anno scorso, durante la sua visita a Ginevra, la Haley aveva esplicitamente bollato il Consiglio come un “forum di ipocrisia e omissioni” accusando alcuni dei suoi stati membri, come il Venezuela, Cuba, la Cina, il Burundi e l’Arabia Saudita di non avere alcuna credibilità per potere impancarsi a giudici di diritti umani, soprattutto relativamente a Israele, l’ossessione permanente del Consiglio, come lo è dell’ONU.

Fondato nel 2006, dal 2007, l’organismo ha incardinato come tema fisso nel proprio protocollo il cosiddetto Articolo 7, ovvero “Israele e i territori palestinesi occupati”. Israele è l’unico paese all’interno del forum ad avere un articolo esplicitamente dedicato. Nell’agenda a rotazione del Consiglio relativa a specifici paesi, tutti sono una variabile, solo Israele resta la costante.

Difficile dare torto a Emmanuel Nachshon, il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, il quale ha definito l’organismo “una finzione e una presa in giro dei nobili propositi che pretenderebbe rappresentare”. La reprimenda di Nachshon ha fatto seguito a un’altra delle grottesche votazioni del Consiglio, dopo che aveva adottato cinque risoluzioni contro Israele, di cui, una delle quali chiede a Israele di cedere le alture del Golan alla Siria mentre un’altra mette sotto accusa la legittimità della vendita di armi a Israele da parte di stati terzi. Le cinque risoluzioni sono state presentate da paesi membri dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica.

In altre parole, secondo il Consiglio, Israele dovrebbe rinunciare non solo alla propria vitale posizione strategica sulle alture del Golan, ma inoltre dovrebbe essere privato della possibilità di essere equipaggiato militarmente. Risoluzione, quest’ultima votata anche da due paesi dell’Unione Europea, la Slovenia e il Belgio.

In questo teatro dell’assurdo tutto è possibile, anche il fatto che vi abbia una carica elettiva il sociologo svizzero Jean Ziegler, la cui agenda antioccidentalista e terzomondista e il suo odio per Israele lo hanno coerentemente portato a istituire un premio per i diritti umani a nome di Gheddafi, premio assegnato a grandi campioni della loro difesa come Hugo Chavez, Fidel Castro, Recep Erdogan e Louis Farrakhan. E’ sempre il medesimo organismo ad avere assegnato ad un altro furente terzomondista di estrema sinistra, nonché cospirazionista e apologeta di Hamas, Richard Falk (recentemente invitato a tenere un simposio all’università di Torino) il ruolo di relatore speciale per i diritti umani nei territori occupati.

Nikki Haley aveva già fatto presente l’anno scorso che se le cose non fossero cambiate, gli Stati Uniti sarebbero usciti dal Consiglio come fecero già sotto la presidenza di George W. Bush per ritornare nel 2009 con Barack Obama.  Nel 2010, l’UNHRC incluse la Libia di Gheddafi tra gli stati membri malgrado fosse ben noto il record di abusi umani perpetrato dal regime del dittatore libico. Fu solo nel 2011 che il Consiglio, dopo avere tessuto le lodi della Libia, fu costretto a espellerla quando Gheddafi iniziò a dare il via alle uccisioni pubbliche degli oppositori del regime.

L’uscita, da parte degli Stati Uniti da quello che è diventato un grottesco consesso di stati canaglia che si impancano a giudici di Israele è un obbligo morale.

Dopo l’uscita dall’UNESCO, anch’esso abbandonato per la sua esplicita agenda anti-Israeliana, l’abbandono da parte degli Stati Uniti del Consiglio per i Diritti Umani, sigla l’ennesima salutare presa di distanza dell’Amministrazione Trump da organismi fortemente sbilanciati politicamente e ideologicamente avversi allo Stato ebraico.

 

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