Editoriali

Uniti contro il nemico comune

Armon Hanatziv, a Gerusalemme sud. Sono quattro soldati giovanissimi le vittime dell’attentato di poche ore fa avvenuto in Israele. Un camion guidato da un arabo residente nella capitale che è stato ucciso dalle forze dell’ordine, si è lanciato su i pedoni in strada, tra cui numerosi soldati in attesa di salire su un autobus.

E’ la stessa modalità di Nizza e Berlino, inaugurata in Israele nel 2015. Una nuova strategia del terrorismo palestinese. Negli anni ’70, gli anni “gloriosi” dell’OLP, i terroristi dirottavano gli aerei in Europa, oggi che non riescono più a farlo si stanno specializzando in attentati pedonali. Si sale su un mezzo pesante di trasporto e lo si usa come mezzo di distruzione, dirigendolo sulla folla. Quanto più vittime, tanto meglio.

E’ il volto del terrore che prende varie fisionomie, ma che ha un’unica matrice, l’odio per l’Occidente, di cui Israele rappresenta in Medioriente il simbolo più eclatante, oltre a essere l’unico Stato ebraico al mondo, questo intollerabile affronto per il radicalismo islamico, di cui, quello palestinese è una delle propaggini.

Affronto altrettanto intollerabile per i numerosi fiancheggiatori del terrorismo, antisionisti in servizio effettivo permanente che giustificano il terrore in nome dell’”occupazione” dello Stato ebraico di presunto territorio palestinese, l’invenzione propagandistica di maggiore longevità e successo dal dopoguerra ad oggi.

E’ in momenti come questi che Israele dovrebbe essere unito e un corpo solo contro il comune nemico invece di lacerare il proprio tessuto connettivo come è accaduto con il caso Azaria e come ancora sta accadendo con le accuse di corruzione  basate sui presupposti più anodini mosse al premier Benjamin Netanyahu.

Senza questa unità e coesione si perde di vista la cosa essenziale, l’obbiettivo di neutralizzare il nemico principale, lo stesso a cui la Risoluzione 2334 votata a fine dicembre all’ONU, offre piena legittimazione.

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