Islam e Islamismo

Voci palestinesi per la pace |di Roz Rothstein e Yitzhak Santis / JNS.org

L’ondata di terrore diretta dai palestinesi contro gli israeliani danneggia certamente gli israeliani. Fa male alle vittime, per lo più civili, e alle loro famiglie. Spaventa anche la maggior parte degli israeliani, facendoli sentire meno sicuri. Ma senza dubbio, questa violenza palestinese danneggia molto di più i palestinesi. Questa non è solo la retorica dei sostenitori pro-Israele. Piuttosto, un numero crescente di palestinesi e arabi israeliani stanno coraggiosamente facendo queste osservazioni. Stanno parlando senza paura per il bene del proprio popolo, il cui futuro, essi credono, è seriamente compromesso dal ritorno al terrorismo.

“La leadership palestinese non ha ancora interiorizzato le amare conseguenze dei nostri inutili attacchi terroristici contro Israele”, scrive lo studioso palestinese Bassam Tawil, spiegando che questa leadership “usa i suoi mezzi di comunicazione per diffondere propaganda sui coltelli, sassaiole e attacchi fatti con le auto (speronamenti), insieme alle minacce di un’altra intifada … continuiamo a fare l’errore terribile e forse irreparabile di educare i nostri figli, generazione dopo generazione, a odiare gli ebrei e gli israeliani e a voler distruggere lo Stato di Israele”.

Tutto questo, secondo Tawil, sta portando ad un vicolo cieco. “Dovremmo averlo capito molto tempo fa,” Tawil scrive, “che gli ebrei esistono in Palestina, che sono qui per restare per sempre, e che ucciderli per strada non cambierà nulla. È giunto il momento di provare a creare, per la prima volta nella storia, uno Stato palestinese pacifico e smilitarizzato, che gli israeliani da decenni hanno suggerito e che sarebbero stati ben felici di aiutarci a realizzarlo. Spero e prego che non sia già troppo tardi”.

L’attivista palestinese dei diritti umani Bassem Eid, fondatore del “Palestinian Human Rights Monitoring Group” (Gruppo di monitoraggio dei diritti umani palestinesi), è cresciuto nel campo profughi di Shuafat a Gerusalemme Est. Egli è apertamente contro la politica di Israele, ma ancora di più contro gli abusi dei diritti umani da parte dell’Autorità Palestinese (PA). Si oppone alla campagna di Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni (BDS), perché a suo parere, “finisce solo per danneggiare i palestinesi stessi”. Egli cita la chiusura della fabbrica SodaStream in Cisgiordania come un esempio. “Ho incontrato i palestinesi che lavoravano in fabbrica e sono stati licenziati a causa del movimento,” dice. “Mi hanno detto che lì stavano guadagnando una media di NIS 5000 (1287 $) al mese, e che oggi vengono loro offerti stipendi di appena NIS 1.400 ($ 360) nel territorio dell’Autorità Palestinese … [sono] pieni di debiti, perché hanno assunto impegni a lungo termine basati sulla convinzione che il loro lavoro presso l’impianto sarebbe stato continuativo. Pensate che il movimento di boicottaggio BDS si prende cura di loro? “

Questa preoccupazione per la sua gente porta verso l’ondata di violenza. Bassem Eid scrive: “Sembra che noi palestinesi non abbiamo alcun leader responsabile … invece di calmare la violenza, soffiano sul fuoco. Questa ondata di violenza non aiuterà la situazione economica dei palestinesi. Non aiuterà la nostra capacità di convincere nessuno, per non parlare degli israeliani, che meritiamo uno stato. E non ci aiuterà a far crescere la nostra società civile, cosa di cui abbiamo estremamente bisogno se mai vogliamo essere presi sul serio come partner di pace “. Volgendo lo sguardo ai membri israelo-arabi della Knesset, egli afferma, “Purtroppo, l’incitamento non si ferma ai territori palestinesi. Anche i nostri rappresentanti arabi al parlamento israeliano (Knesset) incitano i palestinesi a impegnarsi nella violenza.”

Queste voci palestinesi per la pace sono accompagnate da alcune voci arabo-israeliano.  Lucy Aharish (nella foto), una musulmana arabo-israeliana e presentatrice in lingua ebraica in una tv israeliana, fa eco a questi sentimenti. I politici arabo-israeliani, dice agli spettatori israeliani, stanno “infuocando gli animi invece di capire che una volta che si calmeranno, saremo noi (gli arabi israeliani) a pagarne il prezzo”. Frustrata, chiede “Quale donna mette su un hijab e prega Dio, prende un coltello fuori dalla sua borsa e cerca di colpire persone innocenti? Non lo capisco. Non riesco a giustificarlo in alcun modo. Non posso accettarlo. Nemmeno le scuse della frustrazione. Voi (leader arabi) state incitando migliaia di giovani ad andare in piazza, state distruggendo il loro futuro con le vostre mani! “

Padre Gabriel Naddaf di Nazareth è un sacerdote greco ortodosso che si definisce come un “cristiano arabo-parlante”. Naddaf rimase inorridito quando la PA (Autorità Palestinese) rilasciò una dichiarazione di sostegno per il terrorista Nashat Melhem, definito un “eroe” dopo che a Capodanno aveva ucciso due ebrei israeliani e un arabo israeliano. “Questo tipo di esaltazione della morte” scrive “è ciò che alimenta il terrorismo e il mondo ha bisogno di capire che le narrazioni politiche e ideologiche che sostengono il terrorismo sono interamente responsabili della morte di persone innocenti in tutto il mondo. In Israele e in Europa allo stesso modo”.

Purtroppo, e tragicamente, queste voci di pace e di compromesso sono soffocate dagli estremisti. Hamas prevede uno stato islamico che sostituisca Israele, mentre per gli attacchi terroristici mira a civili israeliani. Nel frattempo, la PA (Autorità Palestinese) continua a incitare i giovani palestinesi alla violenza, dedicando scuole, parchi e strade a terroristi palestinesi “martiri” e pagando ai terroristi salari derivanti da aiuti stranieri nelle carceri israeliane. Per un futuro di pace per israeliani e palestinesi, queste voci palestinesi e arabe per la pace dovrebbero essere ascoltate, supportate e amplificate dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea, dalle Nazioni Unite, e da tutti gli interessati per un futuro di pace per israeliani e palestinesi. Ora, prima che sia troppo tardi.

Di: Roz Rothstein, amministratore delegato, e Yitzhak Santis, scrittore e analista di StandWithUs

(Traduzione di Diego Ibrahim Manca)

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