L’attacco americano alle strutture nucleari iraniane, l’operazione Midnight Hammer, segna un cambiamento di passo decisivo nello scenario della guerra in corso, guerra di cui l’attuale conflitto Israele-Iran è un capitolo, e che, occorre sempre ricordarlo, è stata iniziata da Hamas il 7 ottobre 2023.
Dopo essere stato colto alla sorpresa dall’impatto formidabile dell’operazione Rising Lion, condotta da Israele, l’Iran ha visto materializzarsi il suo peggiore incubo, l’appoggio diretto americano allo Stato ebraico, l’unione tra i due Satana, così definiti da Kohmeini e dal suo successore Khamenei. Questo esito arriva a seguito del fallimento dela strategia iraniana di stringere Israele in un cerchio di fuoco: Hamas, Hezbollah, Houti, jihadisti cisgiordani, l’Iran stesso con i suoi attacchi precedenti, intesa a provocarne il collasso. L’esito è stato esattamente opposto.
Per la prima volta dal 1979, il regime di Teheran si trova nel suo momento di massima difficoltà, con una parte consistente del proprio vertice militare decapitata a seguito di una serie di omicidi mirati, come è avvenuto già nei confronti dei vertici di Hamas e Hezbollah, a cui è seguita l’uccisione di alcuni dei principali scienziati addetti al programma nucleare, mentre la Guida Spirituale Khamenei è stato costretto a rifugiarsi in un bunker per timore di essere ucciso. In Siria, il regime alleato di Assad è crollato, a Gaza, Hamas seppure non ancora sconfitto del tutto è stato ridotto all’irrilevanza, mentre in Libano, Hezbollah ha subito un drammatico ridimensionamento.
Da qualsiasi parte si guardi, ciò che si contempla sono i segni tangibili della débâcle iraniana. Lo scenario resta aperto, come in ogni guerra, ma i dati sono chiari, oltretutto è la prima volta che gli Stati Uniti intervengono direttamente in una operazione militare israeliana, un evento che segna una svolta rilevante e cementa in modo ancora più solido l’alleanza tra i due Paesi. Chi, come Steven Bannon Tucker Carlson e altri in campo Maga voleva che Trump lasciasse Israele a decidere da solo del suo destino, ha dovuto rendersi conto che per Trump era più importante accreditare se stesso in una operazione di portata storica piuttosto che non scontentare la parte più oltranzista del proprio elettorato.
Trump, che fino a poco tempo fa aveva lasciato Netanyahu interdetto quando, dopo la visita che quest’ultimo aveva fatto a Washington in aprile, gli aveva comunicato che a un attacco ai siti nucleari iraniani preferiva un negoziato, ha improvvisamente capovolto il tavolo, anche se potrebbe capovolgerlo ancora in senso contrario relativamente a Gaza, dove la guerra si trascina senza sosta. Per ora tuttavia occorre guardare ai risultati presenti, in sovrannumero favorevoli a Israele. Il leone israeliano e il martello americano uniti, sono per l’Iran una forza troppo dirompente da gestire.
