Israele e Medio Oriente

La posta in gioco intorno al consolato americano a Gerusalemme

Da quando si è insediata l’amministrazione Biden si è assistito ad un crescendo di azioni politiche tese a minare le importanti conquiste politiche e diplomatiche che lo Stato ebraico è riuscito ad ottenere con l’amministrazione Trump. Di questi risultati ne abbiamo parlato in diversi interventi su L’Informale (https://www.linformale.eu/il-piano-trump-tra-realta-e-responsabilita/;https://www.linformale.eu/il-discorso-di-pompeo-e-il-riconoscimento-dei-fatti/) 

Qui si vuole mettere in rilievo un nuovo e pericoloso attacco alla legittima sovranità israeliana su Gerusalemme proveniente dall’amministrazione Biden: la pressante richiesta di riapertura del consolato americano a Gerusalemme. 

La pressione politica americana su questo tema è stata condotta sia dal Segretario di Stato Antony Blinken sia da Joe Biden in persona durante l’incontro che ha avuto con il premier israeliano Naftali Bennett lo scorso agosto. 

Si tratta di una pressione infida e pericolosa allo stesso tempo.

Infida perché sta avvenendo più dietro le quinte piuttosto che in maniera aperta e con motivazioni del tutto pretestuose e false dal punto di vista storico, diplomatico e giuridico.

Per prima cosa Joe Biden e il suo Segretario di Stato, da quando hanno iniziato a premere per la riapertura del consolato, hanno addotto come motivazione che essa facesse parte del programma elettorale del Presidente, cosa del tutto falsa visto che la riapertura del Consolato americano a Gerusalemme non compare in nessun documento ufficiale, né in quelli della presidenza né in quelli del partito democratico prima della vittoria alle elezioni nello scorso novembre.

Si tratta semplicemente da parte dell’amministrazione Biden del tetativo di cercare di accattivarsi le simpatie dei palestinesi i quali non hanno alcuna intenzione di sedersi attorno ad un tavolo negoziale (prassi che dura da oltre un decennio) per trovare un qualsiasi accordo con Israele. Si tratta, in pratica, dell’ennesimo “regalo” che l’amministrazione democratica vuol fare ad Abu Mazen per neutralizzare una legge dello Stato (the Jerusalem Embassy Act approvato al Congresso nel lontano 1995  sotto la presidenza Clinton) che il Presidente Trump ha solamente resa effettiva dopo oltre ben due decenni di procastinazioni immotivate. Joe Biden e la sua squadra l’hanno bollata come una iniziativa “sbilanciata” di Trump a favore di Israele dimenticando” completamente che essa non è stata una sua iniziativa ma quella di tutto il Congresso degli Stati Uniti e quindi del popolo americano.

Similmente, l’amministrazione Biden sta facendo di tutto per neutralizzare un’altra legge, il Taylor Force Act, la quale proibisce espressamente il finanziamento di organizzazioni o amministrazioni implicate direttamente o indirettamente nell’uccisione di cittadini americani, cioè quello che da decenni fa impunemente l’ANP di Abu Mazen. Lo stesso discorso lo si può fare con la ripresa dei lauti finanziamenti americani all’UNWRA i cui testi scolatici sono palesemente di stampo antisemita.  

E’ opportuno fare luce sulla motivazione ufficiale addotta da Biden e dalla sua squadra per la richiesta di riapertura del consolato a Gerusalemme: “il consolato USA a Gerusalemme c’è sempre stato dal 1844”. Si palesa già, in questa affermazione, tutta la malafede di questa amministrazione, che non ha il coraggio di dichiarare la vera motivazione politica di tale richiesta e si trincera dietro una interpretazione storica parziale e obsoleta.

L’affermazione che “il consolato USA a Gerusalemme c’è sempre stato dal 1844” non tiene conto che la situazione di Gerusalemme del 2021 è ben diversa da quella del 1844 o anche dei decenni scorsi, per il motivo evidente che, fino al 2018, l’ambasciata USA non era a Gerusalemme. E non esiste un solo caso al mondo che vede un’ambasciata e un consolato dello stesso paese situati nella stessa città. Questo è già sufficiente per comprendere l’infondatezza di questa affermazione. Se poi ci soffermiamo sullo specifico della città di Gerusalemme, si può osservare che quando il consolato USA fu aperto nel 1844 l’ambasciata americana era a Costantinopoli (Istanbul) e Gerusalemme faceva parte dell’Impero ottomano, quindi il consolato aveva un senso diplomatico e legale ben disciplinato. Con l’indipendenza di Israele nel 1948 la città di Gerusalemme fu divisa in due a causa dell’occupazione illegale della sua parte est ad opera dei giordani. Gli americani mantennero aperto il consolato perché decisero di aprire l’ambasciata accreditata in Israele a Tel Aviv, questo per decisione politica e non legale, mentre l’ambasciata in Giordania era ad Amman. Quindi, la decisione di mantenere il consolato a Gerusalemme aveva una sua logica e una labile parvenza di legalità. Ma ora, nel 2021, dopo che nel 2018 la precedente amministrazione ha spostato l’ambasciata a Gerusalemme (riconoscendola implicitamente come capitale di Israele) e contestualmente chiuso il consolato per ovvie ragioni diplomatiche e di diritto internazionale, non c’è nessuna ragione plausibile per riaprirlo. A meno che, non vi siano delle ragioni politiche e non legali dietro questa intenzione. Ragioni tanto semplici quanto pericolose: riaprendo il consolato – che serve unicamente come mezzo diplomatico e amministrativo per l’Autorità Nazionale Palestinese – l’amministrazione Biden vuole creare de facto una ambasciata di un ipotetico e futuro Stato palestinese a Gerusalemme. E questo in spregio al diritto internazionale e agli stessi accordi di Oslo sottoscritti e vincolanti per gli USA, creando  dunque sul terreno uno stato di fatto che non sarebbe più necessario negoziare tra le parti.

Una ulteriore riprova di quanto siano prive di fondamento le giustificazioni americane per non ammettere la valenza di questo tentativo truffaldino-diplomatico è che già altri paesi hanno delle rappresentanze consolari per i palestinesi a Ramallah o a Abu Dis (nella periferia di Gerusalemme). Quindi, se la ragione fosse solo quella di migliorare l’efficienza amministrativa verso i palestinesi il consolato potrebbe essere aperto in una delle due località. Si staglia chiara la ragione esclusivamente politica di questa iniziativa.

Come già evidenziato, questa mossa non ha  alcun fondamento nel diritto internazionale ed è addirittura in contrasto con la legge americana (the Jerusalem Embassy Act diventata esecutiva nel 2018 per volontà di Trump). Come possono allora Biden e la sua squadra bypassare questi ostacoli legali? Semplice, facendo forti pressioni sul governo d’Israele affinché sia quest’ultimo a dare il suo nulla osta all’operazione e una volta ottenuta la disponibilità del governo israeliano non ci sono più ostacoli legali che possono contrastare la riapertura del consolato. 

L’unica speranza, per poter contrastare questa rovinosa decisione, rimane nella risolutezza del governo Bennett di non volere commettere un suicidio politico dalle conseguenze irreparabili.

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