Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

La strada stretta di Francesca Albanese

Su Francesca Albanese, Relatrice Speciale all’ONU, abbiamo scritto numerosi articoli in questi anni, evidenziando la sua assoluta e indefessa promozione della propaganda anti-israeliana più consolidata, quella che l’ha fatta qualificare già nel 2022 dal Centro Simon Wisenthal come una “enciclopedia ambulante” della medesima.

In realtà, la Albanese di enciclopedico non ha assolutamente nulla, la sua modestia culturale è plateale, si limita unicamente a ripetere senza sosta la codificata narrativa che ha iniziato a essere costruita in Unione Sovietica a metà anni Sessanta, in base alla quale Israele sarebbe uno Stato coloniale, razzista e nazista che opprime un popolo autoctono, quello palestinese.

Nella cornice di questa narrativa, la galassia terrorista dell’OLP e in seguito Hamas e la Jihad Islamica, sarebbero avanguardie resistenziali che lottano contro l’oppressione. A questo canovaccio si è aggiunta recentemente l’accusa di genocidio in merito alla guerra ancora in corso a Gaza, anche questa una accusa piuttosto vecchia, che inizia a prendere quota nel 1982, quando Israele era coinvolto nella prima guerra del Libano.

A monte, nel 2014, quando Israele combatteva a Gaza contro Hamas, nel contesto dell’operazione Margine di Protezione, Albanese accusava gli Stati Uniti di essere sottomessi alla famigerata “lobby ebraica”, idea che era già venuta in mente ad Adolf Hitler e a Osama bin Laden.

Ieri, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha annunciato che gli Stati Uniti porranno sanzioni nei nei suoi confronti. Nel comunicato ufficiale, disponibile sul sito del Dipartimento di Stato è scritto:

“Gli Stati Uniti hanno ripetutamente condannato e contestato le attività pregiudiziali e dannose dell’Albanese che l’hanno resa da lungo tempo inadeguata per adempiere al suo ruolo di Relatrice Speciale. La Albanese ha diffuso antisemitismo e antisionismo sfacciati, ha espresso sostegno per il terrorismo, e plateale disprezzo per gli Stati Uniti, Israele e per l’Occidente. Tale pregiudizio è stato evidente nel corso della sua carriera, inclusa la raccomandazione alla CPI, senza una base legittima, di emettere mandati di arresto contro il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex Ministro della Difesa Yoav Gallant. Recentemente ha intensificato questa iniziativa scrivendo lettere minacciose a decine di entità in tutto il mondo, tra cui importanti aziende americane nei settori della finanza, della tecnologia, della difesa, dell’energia e dell’ospitalità, formulando accuse estreme e infondate e raccomandando alla CPI di avviare indagini e procedimenti giudiziari contro queste aziende e i loro dirigenti. Non tollereremo queste campagne di guerra politica ed economica, che minacciano i nostri interessi e la nostra sovranità nazionale”.

Rubio fa riferimento esplicito al rapporto presentato alcuni giorni fa in cui Albanese accusa una serie di aziende americane di essere complici del “genocidio” per i loro rapporti economici nei confronti di Israele.

Il passo intrapreso dagli Stati Unti è di grande rilevanza, non solo in quanto sancisce un provvedimento dal riscontro concreto, (Albanese non potrà entrare negli Stati Uniti, ma non solo, i Paesi alleati con gli Stati Uniti, tra cui l’Italia, che le permetteranno di intervenire pubblicamente a eventi e conferenze si trovano ora in una posizione più difficile) ma per il suo impatto politico. Gli USA non hanno il potere di dimissionare la relatrice, ma rendono di fatto la sua posizione all’ONU assai più fragile.

Da parte di Albanese non sono ancora arrivate dichiarazioni, ma non mancheranno. Ovviamente reciterà il suo ruolo preferito, quello della vittima.

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