Ogni volta che Israele, legittimamente, decide di costruire abitazioni per i propri cittadini in Giudea o in Samaria, si grida alla “fine dei due Stati per due popoli”. Questo affermazione è del tutto priva di fondamento: due Stati per due popoli esistono già fin dal lontano 1922, quando la Gran Bretagna, in qualità di amministratore del territorio del popolo ebraico, decise di dividere il Mandato per la Palestina per farne, appunto, due Stati per due popoli. A questo, va aggiunto che dal 2005 – anno del ritiro unilaterale di Israele da Gaza – fino al 2023 anno dell’eccidio di ebrei operato dai palestinesi, esistevano tre Stati per due popoli e abbiamo visto a che risultato ha portato. Ben si comprende allora che chi grida “alla fine dei due Stati per due popoli” ogni volta che Israele decide di costruire una casa nel proprio territorio di competenza lo fa in malafede o per ignoranza o per tutti e due i motivi.
L’ultima non-notizia che ha indignato i media e le cancellerie europee è stato l’annuncio del ministro delle Finanze Smotrich di volere dare il via libera ad un vecchissimo progetto di costruzione urbana nel così detto “corridoio E–1”, che si trova tra Gerusalemme e la cittadina di Ma’ale Adumim, situata ad est della capitale di Israele. Come sempre accade con Israele e il popolo ebraico, la realtà dei fatti viene ribaltata dalla stampa e dai politici accodati alle menzogne palestinesi. Così, una non-notizia, diventa il pretesto per accusare Israele di qualche imprecisato crimine. Proveremo a vedere brevemente qual è la pretestuosa questione del corridoio E–1.
Il progetto originario di costruzione dell’area fu voluto dal Primo Ministro Yitzhak Rabin oltre trenta anni fa. Si era nelle prime fasi (entusiastiche) degli Accordi di Oslo (1993-1995). Il che ci fa capire chiaramente che il progetto voluto da Rabin non fosse certamente contro gli accordi stessi, tanto è vero che questa area durante tutte le trattative era indicata come parte integrante di Israele perché è la parte più a est della capitale. Anche la cittadina di Ma’ale Adumim è sempre stata designata come parte di Israele in un ipotetico accordo definitivo con i palestinesi. La fantasiosa tesi che vede questa area come “ostacolo alla pace” o come “impedimento ai due Stati per due popoli” è nata un decennio dopo, quando al governo di Israele iniziarono ad insediarsi governi del Likud. Le pressioni americane e europee iniziarono a farsi sempre più forti ogni volta che i palestinesi si irrigidivano nelle trattative. Per superare il finto ostacolo della contiguità territoriale, Israele ha più volte proposto la costruzione di una tangenziale che permettesse il transito dei palestinesi che vivono sotto l’Autorità Palestinese da nord a sud senza la necessità di dover sostare nei checkpoint di sicurezza. Anche questa soluzione è sempre stata rifiutata dai palestinesi e di conseguenza dalla comunità internazionale. Ciò non deve sorprendere, perché da quando gli Accordi di Oslo furono sottoscritti i palestinesi non hanno mai rispettato alcun impegno preso: dalla lotta al terrorismo al rispetto delle competenze nelle tre aree con cui sono state suddivise Giudea e Samaria. Infatti, da oltre 15 anni i palestinesi, rinnegando gli Accordi che vedevano Israele come esclusivo amministratore dell’Area C, nella quale il corridoio E–1 si trova, hanno iniziato a costruire abusivamente case, scuole e infrastrutture senza permesso delle autorità competenti (quelle israeliane). Queste strutture abusive sono quasi sempre state costruite con i soldi e l’appoggio politico della UE, totalmente in spregio agli accordi sottoscritti dall’AP e dalla UE, la quale non ha mai mantenuto il suo ruolo equidistante tra le parti, ma ha sempre preso posizione a favore dell’AP, anche quando si è fatta promotrice degli insediamenti illegali arabi.
Il governo di Israele ha sempre costantemente chiuso più di un occhio per non scontrarsi con i falsi amici della UE anche quando gli arabi hanno costruito interi insediamenti illegali. Emblematico il caso dell’accampamento illegale beduino di Khan al-Ahmar (finanziato principalmente dall’Italia) che un po’ alla volta è diventato un insediamento permanente con tanto di scuola totalmente illegale. Perfino la Corte Suprema israeliana ha approvato la demolizione di tutte le strutture illegali e il trasferimento dei beduini; tuttavia, le proteste internazionali hanno fatto sì che nessun governo israeliano ottemperasse alla decisione della Corte Suprema per ragioni di politica internazionale.
Così oggi, dopo trent’anni dalla prima approvazione del progetto, pienamente legale, di edificazione del corridoio E-1 da parte delle autorità israeliane assistiamo all’ennesimo ribaltamento della verità: le costruzioni legali di Israele vengono descritte dai media occidentali (i veri e i più importanti fiancheggiatori dei terroristi palestinesi) come illegali e “ostacoli alla pace” mentre quelle illegali degli arabi vendono descritti come legali (perché finanziati dalla UE) anche se non lo sono sotto alcun profilo, in nome degli accordi sottoscritti dagli arabi stessi. Finalmente l’attuale governo di Israele sembra essere deciso di ripristinare lo stato di diritto anche su quella parte di territorio, che è bene ricordare, fin dal 1922 è parte integrante del territorio del popolo ebraico come sancito dal diritto internazionale.