Israele e Iran

Perché l’Iran non può avere l’arma atomica

Negli anni ’80, diversi movimenti pacifisti occidentali si rivolsero ai dissidenti d’oltrecortina in cerca di sostegno alla loro petizione contro il dispiegamento dei missili Pershing II della NATO in Europa. Con loro sorpresa, molti di essi, tra cui Václav Havel, si rifiutarono di supportarli. Il dissidente ceco, in un lungo saggio del 1985, The Anatomy of Reticence, ne spiegò così il motivo: «il pericolo di guerra non è causato dalle armi in quanto tali ma dalle realtà politiche».

Era la natura dei regimi politici a preoccuparlo più di ogni missile. «Senza cittadini liberi, rispettosi e autonomi – scrisse ancora Havel – non ci possono essere nazioni libere e indipendenti. Senza la pace interna, cioè la pace tra i cittadini e tra i cittadini e il loro stato, non ci può essere garanzia di pace esterna».

Questa riflessione spiega anche perché gli Stati liberal-democratici sono legittimati a possedere armi altamente distruttive, mentre quelli dittatoriali, no. La pericolosità di un’arma, infatti, dipende soprattutto dalla cornice politica in cui è collocata.

Nelle democrazie, il potere è suddiviso tra diversi organi (esecutivo, legislativo, giudiziario) e soggetto a controlli incrociati. Questo sistema riduce il rischio che le armi atomiche vengano utilizzate in modo avventato o per scopi aggressivi. In una tirannia, invece, il potere è concentrato nelle mani di un singolo individuo o di un gruppo ristretto, che opera senza meccanismi di supervisione, aumentando così il pericolo di un uso indiscriminato o destabilizzante.

I leader democratici, inoltre, rispondono del loro operato davanti al popolo e alle istituzioni, fatto che li dissuade da azioni estreme. Al contrario, i regimi dittatoriali agiscono privi di quella che i politologi chiamano accountability, rendendo impossibile una effettiva opposizione a decisioni pericolose o avventate.

Il possesso di armi sofisticate, comprese quelle nucleari, è concepito dagli Stati democratici come strumento di deterrenza, non come uno mezzo di espansione o di aggressione. Le tirannie, invece, ambiscono a ottenere armi di distruzione di massa per destabilizzare l’ordine internazionale.

Nel caso specifico, la Repubblica Islamica dell’Iran è una teocrazia, ossia un governo retto da un clero che considera l’annichilimento di Israele come un momento fondamentale per accelerare la venuta del Mahdi, una misteriosa figura messianica dell’escatologia islamica, destinata ad annunciare la «Fine dei Tempi».

Gli ayatollah, a differenza dei governanti occidentali e democratici, non sono «attori razionali». Come è stato appena osservato, infatti, non perseguono obiettivi meramente «politici», bensì «teopolitici» e apocalittici. Nessun accordo o trattativa avrebbe mai modificato, né modificherà, l’intenzione degli ayatollah – che reputano un dovere religioso – di «cancellare Israele dalle carte geografiche».

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