Cosa spinge alcuni governi europei a riconoscere il fantomatico Stato arabo di Palestina in mano al radicalismo islamico, che combatte per il jihad e la distruzione dell’Occidente? Cosa porta perfino il Principato di Monaco, la cui politica estera è insignificante, ad accodarsi a tali dichiarazioni? Forse la risposta è il Qatar. Forse l’Europa è ostaggio dei trilioni di dollari con cui il minuscolo Emirato, grande come l’Abruzzo, tira le file della finanza europea. Dopo mezzo secolo di sudditanza petrolifera, ora le democrazie occidentali potrebbero essere imbarazzate pure dai colossali investimenti qatarioti pervasivi dell’intera società europea. Il Qatar è indicato come sponsor dei Fratelli Musulmani, ossia del terrorismo jihadista, ed è inviso agli stessi Paesi arabi. Ospita la leadership di Hamas, ed è il proprietario di Al Jazeera, Tv radicalizzata che ne diffonde la propaganda in tutti i media internazionali, bandita da Arabia Saudita, Giordania, e Autorità Palestinese; inoltre finanzia università, istituzioni, aziende in tutto l’Occidente in funzione del proselitismo islamista pro-Pal. A Montecarlo la Société des Bains de Mer è la maggiore società pubblica, perno dell’intera economia del Principato; i capitali qatarioti sono entrati nell’azionariato dell’azienda monegasca risollevandola da una situazione critica, e facendone risalire di colpo le quotazioni di Borsa: da 555 a 750 euro nel giro di due dichiarazioni. Qatari Diar Real Estate Investment Company – di proprietà di Qatar Investment Authority, fondata per sostenere la crescita economica del Qatar e coordinarvi lo sviluppo immobiliare – afferma di voler «diventare un azionista strategico di lungo termine» a Monaco. Qatari Diar sta sviluppando 49 progetti di investimento in 29 Paesi in tutto il mondo, è una delle società immobiliari più potenti del pianeta. Ecco da dove qualcuno potrebbe pensare che forse nasca la dichiarazione di Alberto II all’Onu. Senza contare i probabili ingenti depositi bancari arabi nelle banche monegasche. Guardando all’Italia, da tre anni è in atto una campagna antisemitica e antisionista in quasi tutti i media volta alla propaganda fake di Hamas. Nel frattempo dal 2012 è stato stipulato un accordo tra Ansa e Qatar News Agency: «Un accordo che si inserisce nel quadro degli ottimi rapporti tra Italia e Qatar e che mira a dare un ulteriore impulso alla collaborazione già esistente tra l’ANSA e la QNA, che riguarderà anche la formazione dei giornalisti» (sic!). Forse che un malfidato – non certo noi – potrebbe ritenere inquietante tale accordo, fantasticando su una qualche possibile correlazione col flusso di news copia/incolla nei media italiani prese esclusivamente dai comunicati di Hamas & C? Chissà. Altri ineccepibili legami fra i due Paesi sono anche le storiche preziosissime commesse a Fincantieri della Marina Militare del Qatar, rinnovate nel 2025 col Memorandum d’Intesa Strategico fra Fincantieri e il Gruppo Milaha. Il Qatar in Italia ha già speso oltre 5 miliardi di euro per immobili iconici, brand del settore lusso e asset strategici. Le operazioni sono fatte con fondi sovrani come Qatar Investment Authority e società come Mayhoola; gli emiri stanno ampliando sempre più la loro presenza nel nostro Paese. Ma non solo moda e grandi catene alberghiere. Nel 2015 il Qatar ha rilevato il 100% del progetto di sviluppo di Porta Nuova a Milano, per oltre un miliardo: oggi è tra gli investitori della quotata Coima Res, ed è proprietaria, tra l’altro, della sede del Credit Suisse di cui è azionista. In Sardegna i soldi del Qatar spopolano tra le maggiori strutture turistiche, la compagnia aerea Meridiana – 49% di Qatar Airways – e perfino negli ospedali, vedasi il Mater di Olbia completato solo grazie ai fondi qatarioti. Non dimentichiamoci, poi, dei Mondiali 2022; Souad Sbai, ex parlamentare afferma: “Il Qatar compra tutto coi soldi, anche il silenzio. È bene non scordarlo: l’assegnazione dei Mondiali non è frutto del caso”. Nel frattempo per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 è stato formalizzato un accordo tra il nostro governo e quello dello sceicco Al Thani, con incontro tra il ministro Piantedosi e il suo omologo qatariota, Khalifa bin Hamad Al Thani, forse sperando che il Qatar convinca chi di dovere a evitare attacchi terroristici sul nostro territorio. Ancora, nel 2023 il Qatar è stato il nostro terzo fornitore di gas ed è il nostro primo fornitore di Gnl, con una quota di mercato del 49% nel 2022. 9,3 miliardi di euro è stata in quell’anno la cifra di interscambio commerciale tra il nostro Paese e l’Emirato, con collaborazioni in materia di sicurezza, difesa ed energia, e l’Italia è il quarto fornitore globale e il primo fornitore europeo di Doha. Ma soprattutto sconosciuta quanto forse gigantesca potrebbe essere la cifra di investimenti finanziari nella Borsa di Milano e nelle società finanziarie italiane, spesso legate all’editoria. Così per ogni Paese europeo: a Parigi, ad esempio, buona parte dei Champs-Élysées sono di proprietà qatariota, idem a Londra. E assai di più per gli Usa, dove Doha investe decine di milioni di dollari all’anno per introdursi in università e think tank. Ynetnews, media israeliano, ha contato 6,6 miliardi di dollari donati fino a oggi dal Qatar agli atenei Usa, e ora Cornell e Georgetown, prestigiose università americane, stanno aprendo sedi a Doha. In Idaho, alla base aerea Mountain Home, sorgerà una struttura della forza aerea del Qatar, mentre a Doha c’è Al Udeid Air Base, la più grossa base militare americana e britannica del M.O.
Peccato che il Qatar sia indicato come uno dei maggiori finanziatori dei terroristi di Hamas/Isis. Enrico Foscarini: «Ogni anno Doha versa ad Hamas circa 360 milioni di dollari. A questi si aggiungono 70-80 milioni di dollari da ong qatariote e oltre 500 milioni complessivi per mantenere i leader del gruppo a Doha». Forse da tutto ciò potrebbe nascere la potente macchina da guerra della propaganda mediatica di fake news di Hamas, amplificata dai giornalisti europei, e una certa accondiscendenza dei governi ai desiderata qatarioti? Non siamo noi a poter rispondere. Di sicuro assistiamo a ponti d’oro per gli sponsor della barbarie islamista, la cui delegazione è uscita dalla sala Onu quando parlava Netanyahu, e al boicottaggio ad atleti e artisti israeliani.