Anche se la storia degli ebrei in terra d’Israele è una delle storie più popolari dell’umanità ed è stata incorporata nelle credenze religiose di oltre metà della razza umana, è di moda negare il legame degli ebrei con la terra d’Israele. E tuttavia, allo stesso modo, viene condannato strenuamente il fatto che i discendenti dei conquistatori musulmani che oggi si definiscono “palestinesi”, alcuni dei quali sono arrivati in Israele solo un secolo fa, siano coloni e colonizzatori.
L’identità “palestinese” è politicamente sacrosanta, pur non avendo alcun fondamento storico o linguistico in un passato più remoto delle guerre e delle invasioni islamiche che hanno di gran lunga preceduto la presenza ebraica in Israele. Non solo è stata inventata nella storia, ma lo si è fatto così di recente che molti oggi ricordano quando fu concepita, e si lega a infinite contraddizioni.
Non esiste una vera storia “palestinese”. Esiste soltanto il progetto ideologico del “palestinismo” e la sua storia revisionista che ha ribaltato la storia, trasformando i conquistatori arabi musulmani che invasero e perseguitarono gli ebrei negli abitanti autoctoni che furono cacciati dagli ebrei. Il “palestinismo” è il generale Custer che indossa un costume indiano e afferma che i suoi antenati erano stati in America per migliaia di anni prima che i Sioux li cacciassero.
Il revisionismo storico del palestinismo insiste sul fatto che gli ebrei che sono stati in Israele per 3.400 anni sono coloni europei, mentre gli arabi musulmani che hanno deciso di definirsi “palestinesi” sessant’anni fa erano gli abitanti originari della terra. La loro unica base per questa argomentazione, altrimenti completamente astorica, è la scelta di un nome dal suono “biblico”.
Ma il nome “Palestina” deriva originariamente dai Filistei, coloni europei provenienti dalla regione dell’Egeo. Il nome fu imposto molto più tardi dai conquistatori romani che cercavano di eliminare ogni traccia della presenza ebraica da Israele. Chiamare Israele “Palestina” è un termine che avrebbero usato i coloni stranieri, il cui unico legame con la terra derivava dai loro legami con imperi stranieri.
Anziché affermare di essere originari di quella terra, l’assunzione di una falsa identità “palestinese” è un’ammissione involontaria di estraneità. È ciò che farebbe un estraneo inetto che cerca di integrarsi.
Il marchio “palestinese” non è un’antica rivendicazione autoctona della terra, ma è il nome di un gruppo di coloni europei che condussero una guerra contro gli ebrei, più di un millennio e mezzo prima della nascita dell’Islam, che venne poi riapplicato da un altro gruppo di conquistatori europei più di 500 anni prima della comparsa dell’Islam, e poi ripreso dagli invasori musulmani i cui antenati erano stati mercenari al servizio di Roma e non avevano alcuna memoria storica antecedente all’Impero Romano.
È difficile immaginare un nome più strettamente associato agli invasori stranieri di “palestinesi”.
Consapevole di questo problema, Yasser Arafat, nato in Egitto, iniziò a rivendicare la propria discendenza dai Cananei, in particolare dai Gebusei. Anche questa rivendicazione, altrettanto insensata, di discendenza da un popolo antico risale addirittura agli anni Sessanta. Rashid Khalidi, il mentore di Obama autore di questa affermazione, è nato a New York, figlio dell’ex ministro degli Esteri della Giordania.
Ma se i “palestinesi” sono davvero Cananei, perché non definirsi tali? Non ha la stessa risonanza storica tra gli americani e gli europei che sono stati i destinatari del marchio “palestinese”. Sebbene il Corano non menzioni né la “Palestina” né la “Terra di Canaan”, implica però che Allah abbia ordinato agli ebrei di intraprendere un jihad e scacciare i Cananei. Gli islamisti più religiosamente devoti si risentono profondamente dell’ipotesi di Arafat di essere mai stati Cananei.
“Il popolo palestinese non ha alcun diritto storico sulla Palestina (…) la nostra storia è semplice e non è antica. La nostra storia risale solo a 1.440 anni fa. E 1.440 anni fa non avevamo alcun tipo di diritto. Assolutamente nessuno“, ha affermato l’imam Issam Amira in un discorso tenuto nella moschea che occupa il Monte del Tempio, sostenendo che i “palestinesi” possono rivendicare diritti solo sulla base dell’Islam. “Non va detto che i palestinesi hanno radici cananee. Possiamo tornare alle parole di Yasser Arafat che ha perso la nostra causa (…) l’unica cosa che è permesso dire è: ‘Oh palestinesi, siete musulmani’”.
Quando non presentano le loro ragioni all’opinione pubblica occidentale, i “palestinesi” fanno orgogliosamente risalire la loro discendenza a quella che oggi è l’Arabia Saudita, dalle famiglie Qays e Yaman. Vogliono tutti essere collegati alle antiche dinastie maomettane e non ai pagani Filistei o ai Cananei.
La base della rivendicazione musulmana su Israele è la stessa di quella sull’Iraq, sul Pakistan o su qualsiasi altro Paese musulmano. L’Islam riconosce solo il diritto religioso di conquista, non qualsiasi tipo di origine autoctona, sia che si tratti di Israele, del Nord Africa, dell’India, dell’Afghanistan o di qualsiasi altra area in cui gli abitanti autoctoni furono massacrati, sottoposti a pulizia etnica e ridotti in schiavitù dagli invasori islamici.
I musulmani predicano agli occidentali i diritti autoctoni dei “palestinesi”, ma rifiutano i diritti autoctoni di ogni gruppo che hanno conquistato, dagli indù e i buddisti in Asia ai berberi in Nord Africa e ai copti in Egitto. Dov’è che i musulmani hanno mai riconosciuto i diritti autoctoni di una minoranza non musulmana che hanno conquistato a discapito del loro stesso popolo?
Quando si tratta di Israele, i musulmani chiedono l’adesione a un principio che non rispettano, e lo chiedono sulla base di una storia inventata che loro stessi non hanno mai preso sul serio.
Se esiste davvero un antico popolo “palestinese” in qualche modo distinto da tutti i suoi parenti arabi musulmani, cos’è che lo rende tale? Dov’è la sua antica storia precedente agli anni Sessanta? Anche un rapido esame della storia recente dimostra che si trattava di un’etichetta di convenienza politica.
Erano “palestinesi” quando i britannici amministravano il Mandato della Palestina? Eppure, quando parte del Mandato fu trasformata nel Regno di Giordania, quei “palestinesi” divennero giordani.
Nel 1948, la Giordania attaccò Israele e annesse varie aree, tra cui Ramallah, e i “palestinesi” della futura capitale dell’Autorità Palestinese divennero giordani. Non avevano alcun interesse a creare uno Stato “palestinese”. Solo quando Israele liberò Gerusalemme e altre parti del suo territorio, i giordani divennero improvvisamente “palestinesi” e rivendicarono uno Stato.
Nulla di tutto ciò avrebbe senso se essi, come gli ebrei, fossero stati membri di un popolo antico con un’identità coerente risalente a migliaia di anni fa, ma per i coloni arabi musulmani la Giordania e la Palestina erano solo nomi geografici che avevano ereditato, non identità.
Hajj Amin al-Husseini, meglio conosciuto come il Mufti di Hitler, e una delle figure cardine della causa genocida “palestinese” che si alleò con i nazisti nella speranza di sterminare tutti gli ebrei, faceva parte della famiglia al-Husayni che si era trasferita in Israele nel XVIII secolo e rivendicava la propria discendenza dal nipote di Maometto in Arabia Saudita. I loro grandi rivali, i Nashashibi, anch’essi “palestinesi” erano curdi comparsi nel XV secolo.
Il “palestinismo” sostiene che i coloni arabi musulmani hanno un legame profondo e antico con la terra. Questo non dovrebbe riflettersi nella geografia e nei nomi delle loro città? Il nome attribuito dai coloni musulmani a Gerusalemme è Al-Quds o Città Santa, perché questo era l’unico modo in cui gli arabi musulmani d’Arabia potevano descrivere una città di cui avevano sentito parlare, ma che non avevano mai visitato. Ciò che gli ebrei chiamano Giudea e Samaria, i coloni arabi musulmani chiamano ad-difa’a al-gharbiya ossia Cisgiordania. Questi nomi non mostrano alcun legame storico con la terra.
Il termine arabo per Betlemme è “Bayt Lehem” o una traduzione dell’ebraico “Beit Lehem”. Nablus fa parte del grande e antico patrimonio palestinese? Ma Nablus non è arabo, è la storpiatura in arabo di Neapolis, che in latino significa “città nuova”. Proprio come “Palestina”, è un altro prestito romano da parte di coloni stranieri che non hanno antiche radici in Israele.
Ramallah, la capitale dell’Autorità Palestinese, è la traduzione araba della vicina e antica città ebraica di Beit El. Era scarsamente abitata sotto il dominio musulmano e risale al XVI secolo, quando un gruppo di arabi cristiani attraversò l’attuale Giordania in fuga dalle persecuzioni musulmane. Sotto il dominio giordano, fu invasa dai musulmani e oggi è a maggioranza musulmana.
Se la capitale del vostro popolo fu fondata da cristiani provenienti dall’altra sponda del fiume nel XVI secolo e il suo nome fu preso da un’antica città ebraica e di fatto non fu la vostra capitale fino a prima degli anni Novanta, e poi lo divenne solo perché ne cacciaste i suoi abitanti originari negli anni Cinquanta, allora la vostra antica civiltà in realtà non esiste.
I “palestinesi” non sono soltanto un popolo inventato. Sono un popolo malamente inventato, senza storia, senza passato e il cui unico talento è quello di rubare l’identità degli antichi popoli autoctoni che i loro antenati invasori provenienti dall’Arabia conquistarono, perseguitarono e schiavizzarono.
Quando il popolo ebraico autoctono si è affrancato, i conquistatori sono passati a fingere di essere i conquistati, gli oppressori hanno interpretato il ruolo degli oppressi e gli invasori si sono spacciati per autoctoni per giustificare i loro piani genocidi di conquistare, opprimere e invadere nuovamente Israele.
Traduzione di Angelita La Spada
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