David Elber, oltre a essere un collaboratore abituale de L’Informale, è soprattutto il più meticoloso e attento studioso italiano del Diritto internazionale in rapporto a Israele. I suoi libri, così come le sue numerose conferenze, ci forniscono con meticolosa acribia una serrata decostruzione dei capisaldi della lawfare, ossia la «guerra legale» contro lo Stato ebraico.
L’accusa secondo cui Israele starebbe commettendo un «genocidio» è così diffusa da esser diventata «senso comune». Dove nasce questa imputazione?
Questa falsa accusa nasce da diverse fonti: dai terroristi di Hamas, da ONG colluse con i terroristi e purtroppo anche da agenzie e rappresentanti dell’Onu, che si sono schierati apertamente con i terroristi palestinesi, fino ad arrivare alla Corte di giustizia internazionale. Tutto questo è avvenuto con la compiacenza degli organi di informazione che acriticamente riportano le tesi dei terroristi che sono, nella maggior parte dei casi, fandonie belle e buone o fatti decontestualizzati e alterati ad hoc per criminalizzare le operazioni militari di Israele. Tutto questo supportato dalle tesi di sedicenti “esperti” e opinionisti a senso unico. A mio avviso è proprio il ruolo dei mass media che ha trasformato una menzogna colossale in una verità accettata dall’opinione pubblica. Questo è potuto accadere perché i media hanno il potere di distorcere la dinamica degli avvenimenti operando una selettiva e deformante scelta di informazioni da pubblicare.
Può fare un esempio?
Certo: quello che viene proposto, oggi, nei mass media è come se si volesse spiegare la storia della Seconda guerra mondiale partendo dalla seconda metà del 1944 mettendo in luce esclusivamente i bombardamenti alleati delle città tedesche decontestualizzandoli completamente dal contesto nei quali sono avvenuti, per proporre la tesi che i tedeschi hanno subito un genocidio perché hanno avuto più morti civili degli angolo-americani. A questo punto si può riscrivere tutto ciò che si vuole.
Quali sono le prove che smentiscono l’accusa di «genocidio»?
Per prima cosa bisogna dire, come recita anche la Convenzione contro il genocidio, che l’aspetto fondamentale è l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un intero gruppo nazionale come tale. Se Israele avesse intenzione di commettere un genocidio perché dovrebbe avvertire i civili prima di intraprendere delle azioni militari in un determinato teatro di operazioni? Perché designa sempre delle aree di fuga per i civili? Perché ha permesso il transito di cibo, acqua e medicinali per i civili anche se tutti sanno che finiscono sotto il controllo dei terroristi che poi li rivendono alla popolazione civili per lauti profitti? E tutto questo ben sapendo la IV Convenzione di Ginevra (art. 23) non pone nessun obbligo a un esercito che assedia le forze nemiche di far transitare aiuti umanitari se c’è il fondato sospetto che essi finiscano nelle mani dei combattenti. Cosa dire della compagna di vaccinazione dei bambini palestinesi che ha portato una sospensione delle azioni militari? In questa guerra si è registrato il più basso numero di civili morti, in relazione ai combattenti uccisi in una guerra di tipo urbano nella storia. Perfino tutte le operazioni militari della NATO hanno causato un numero maggiore di morti civili in relazione ai combattenti uccisi.
Come si può parlare allora di «genocidio»?
Per bieche ragioni politiche atte a criminalizzare uno Stato che si difende da un reale tentativo di genocidio subito il 7 ottobre 2023. Inoltre, se Israele stesse commettendo un «genocidio» a Gaza perché la comunità internazionale, ad iniziare dagli USA e dall’ONU, hanno impedito ai civili di Gaza di scappare in Egitto e lasciare le zone degli scontri? Così come è successo in tutte le recenti guerre ad iniziare da quella siriana (oltre 5 milioni fuggiti all’estero), da quella ucraina o in Sudan, oppure sono tutti complici? Le faccio ancora un esempio: quando nel 1994 fu compiuto un vero genocidio in Ruanda, quello dei Tutsi, morirono quasi un milione di persone nel giro di pochi mesi. I civili furono massacrati con machete, bastoni chiodati e armi da fuoco leggere. Israele possiede una superiorità militare schiacciante, di quanto tempo avrebbe bisogno per commettere un «genocidio»? Perché dopo un anno e mezzo di guerra intervallata da varie tregue non ha ancora portato a termine la sua “intenzione genocida”? Perché è pura propaganda atta a “mostrificare” un intero popolo.
Israele, in questi mesi, è stato incolpato di aver usato la «fame» come arma, provocando una «carestia» a Gaza. Cosa c’è di vero in questa affermazione?
Di vero non c’è proprio nulla. Le cifre parlano chiaro: Israele ha permesso l’ingresso, nella Striscia di Gaza, di oltre 875.000 tonnellate di cibo, 50.000 tonnellate di acqua e oltre 25.000 tonnellate di medicinali per la popolazione civile. Questi dati, in relazione alla popolazione civile, ci forniscono una media di Kcal/giorno di oltre 3.000 a persona quando il fabbisogno minimo riconosciuto è di 2.100 Kcal/giorno. Come si può parlare di carestia? Infatti tutte le agenzie o ONG dicono sempre “che si è in procinto” di una crisi umanitaria ma in 16 mesi di guerra non si è mai verificata nonostante i giganteschi saccheggi degli aiuti da parte di Hamas. Perché nessuna ONG o funzionario dell’ONU ha mai denunciato la sottrazione sistematica degli aiuti da parte di Hamas? Questo è il vero punto.
Ai sensi del diritto internazionale, lo Stato ebraico è obbligato a fornire aiuti umanitari ai civili «palestinesi»?
La fornitura degli aiuti umanitari per i civili, durante un assedio è normata dall’articolo 23 della IV Convenzione di Ginevra. È sufficiente leggere il suddetto articolo – senza essere “esperti” – per capire quali sono gli obblighi dell’esercito assediante. Per prima cosa è opportuno sottolineare che Israele non ha l’obbligo di fornire direttamente gli aiuti umanitari così come di fornire elettricità, acqua o altro. Israele ha l’obbligo di permettere il passaggio dei suddetti beni, cosa che ha sempre fatto in abbondanza. Però tale passaggio è subordinato a certe condizioni, come recita l’articolo 23: «L’obbligo, di concedere il libero passaggio degli invii indicati nel capoverso precedente è subordinato alla condizione che questa Parte sia sicura di non aver alcun serio motivo di temere che…». Quindi, come si capisce chiaramente dal testo, il libero passaggio non è automatico ne obbligatorio ma subordinato. A che cosa è subordinato? Lo spiega sempre l’art. 23: al «serio motivo di temere che: a. gli invii possano essere sottratti alla loro destinazione, oppure b. che il controllo possa non essere efficace, o c. che il nemico possa trarne evidente vantaggio per i suoi sforzi militari o la sua economia,…». Quindi è sufficiente che l’esercito assediante abbia “serio motivo” di credere che le forniture possano essere sottratte ai civili o che i nemici possano trarne vantaggio per sospendere o vietare l’ingresso di tali aiuti anche se teoricamente sono destinati ai civili. Nel caso di Gaza, non solo c’è un “serio motivo” nel ritenere che gli aiuti siano sottratti ai civili, ma, la loro sottrazione è la consuetudine, come ampiamente dimostrato da filmati, testimonianze, foto satellitari ecc. Quindi tutte le accuse ad Israele di violare il diritto internazionale o il “diritto umanitario” sono prive di fondamento. Il principio cardine della questione, affrontato dai redattori della IV Convenzione di Ginevra, è che i civili devono essere tutelati ma a condizione che gli aiuti non finiscano nelle mani dei combattenti, questo per velocizzare la cessazione delle ostilità proprio per tutelare i civili e per ridurne le sofferenze. In conclusione il diritto internazionale è chiaro in merito alla condotta di una guerra e alla salvaguardia dei civili nei teatri di guerra: essi devono essere messi in salvo tramite il loro allontanamento dalle zone dei combattimenti (nel caso di Gaza la violazione è fatta dall’Egitto) oppure devono essere approvvigionati dei beni necessari solamente se questi aiuti non favoriscono i combattenti.
Quasi due anni di martellante propaganda anti-israeliana stanno producendo risultati violenti, da ultimo l’omicidio, avvenuto a Washington, di due funzionari dell’Ambasciata di Israele. Come giudica queste azioni? Esiste un rapporto di causalità tra le aggressioni antisemite e le accuse mosse a Israele?
Sì, senza ombra di dubbio esiste un rapporto di causalità. La storia ci insegna che prima dell’eliminazione fisica delle persone avviene la loro “cancellazione civile e morale”. Poi in seguito diventa ammissibile la loro eliminazione fisica. Non è azzardato fare un paragone con il clima d’odio antiebraico che si è creato negli anni ’30 e, che ha preceduto, lo sterminio fisico degli ebrei. Sì, è proprio da episodi come questo che, in passato, si è giunti all’accettazione dello sterminio degli ebrei europei. È sempre utile ricordare che la distruzione fisica di un popolo è solo l’ultima, e più tragica, tappa di un processo di demonizzazione e autentica “mostrificazione” che inizia con eventi, solo apparentemente, disarticolati di odio, razzismo e boicottaggio. Questi fatti sono la conseguenza di un clima di odio più ampio, che vede i mass media e le università, come autentiche fucine di odio e intolleranza che avvelena l’opinione pubblica. Un po’ alla volta, questo clima diventa accettabile, e accettato dalla maggioranza della popolazione e le conseguenze sono le zelanti manifestazioni di così detta “denuncia sociale” come quella vista a Napoli e imitata in altre città. Esse sono sempre e solo a senso unico: hanno come obiettivo unicamente gli ebrei. Oggi prudentemente definiti “sionisti” per non essere accusati di antisemitismo. Infatti, nulla è mai è stato fatto nei confronti di altri popoli che sono – o sono stati – in guerra come aggressori o come aggrediti. Tale rigurgito per i “diritti umani” si attiva sono contro gli ebrei, come in passato; perché in passato gli ebrei, di volta in volta, in base alle sfumature politiche dei zelanti paladini dei “diritti”, erano “capitalisti affamatori del popolo”, “sanguisughe della società”, “complottisti nei confronti delle società che li ospitano”, “assassini di bambini” perfino “deicidi”. Il tratto comune con gli odierni paladini dei “diritti umani” è l’accusa di ordire o compiere genocidi ai danni di altre popolazioni. L’accusa odierna di “genocidio” o di “uccidere deliberatamente i bambini” rivolta ai “sionisti” è falsa esattamente come quelle passate ma ciò, nell’opinione pubblica, sembra non avere più importanza. Gli ebrei, ormai, sono colpevoli a prescindere. Per questa ragione, per troppe persone, diventa inutile studiare la storia, capire i fatti, verificare le fonti delle informazioni. Tutto passa in secondo piano. Oggi è diventato inaccettabile “girarsi dall’altra parte” di fronte ai “crimini sionisti”. Per ciò, con la stessa modalità degli anni ’30, diventa accettabile, anzi meritevole come l’applicare sticker, volantini o locandine che inneggiano al divieto di accesso ai “sionisti” (cioè agli ebrei), o al loro boicottaggio nei negozi, nei ristoranti, nelle università. È solo una questione di tempo prima che l’ipocrita termine “sionista” venga sostituito con quello di ebreo (cosa che accade già sui social media). Tale cancellazione degli ebrei dai locali pubblici, dai luoghi del pensiero e dagli spazi comuni è l’anticamera della loro cancellazione fisica e questo con l’assenso silente della gente comune, ridivenuta ingranaggio di un meccanismo di morte: prima civile poi fisica. A tutto questo, si aggiungono le premiazioni di giornalisti, fotografi, registi e scrittori che, senza vergogna o pudore, alterano i fatti, inventano la storia, calunniano, demonizzano e mostrificano un intero popolo. Le scuole e, soprattutto le università, già da anni sono in mano agli inquisitori che propongono corsi nei quali, gli ebrei vengono cancellati dalla storia per ricomparire improvvisamente in Terra di Israele da colonizzatori razzisti, usurpatori e genocidi, mentre lo Stato di Israele è descritto come un illegittimo risarcimento ai danni di un altro popolo.
Come valuta l’atteggiamento della «società civile»?
Di questa orrenda involuzione, la cosa più pericolosa e avvilente è proprio l’assordante silenzio della così detta “società civile” che non si scandalizza più di niente e che probabilmente pensa – nel migliore dei casi – che è solo una “fase”, è il troppo zelo di “alcuni” esaltati, ma, in fin dei conti “gli ebrei qualcosa avranno fatto se tutti ce l’hanno con loro”. Così la storia si ripete uguale a se stessa con la costante attualizzata dell’odio verso gli ebrei. Questo odio, ormai palese, ha solo bisogno di una grave crisi economica per riproporre le efferatezze della Shoah nell’indifferenza generale.
Sulla base delle sue osservazioni: Gaza sarà riconquistata da Israele oppure si arriverà a una tregua definitiva che manterrà Hamas nella Striscia?
Diventa davvero difficile fare una previsione. A mio avviso, sono due i fattori che rendono impossibile capire come evolverà la guerra. Primo, la nuova amministrazione Trump si sta dimostrando del tutto ondivaga e imprevedibile. Sicuramente Trump è molto meglio di Kamala Harris ma, rispetto ai proclami elettorali estremamente favorevoli a Israele, si sta dimostrando molto vicino al Qatar e a quella parte di mondo arabo che vogliono che Hamas sopravviva alla guerra. Soprattutto quella figura di plenipotenziario che è diventato Witkoff sta allontanando gli interessi dell’Amministrazione da quelli di Israele. Per lui la priorità è arrivare a un cessate il fuoco che permetta la liberazione dei rapiti ma conseguentemente mantenendo Hamas al potere e pronto a ricostruire le proprie forze e i propri armamenti. Questo per Israele sarebbe un danno incalcolabile. Il secondo fattore è rappresentato da una parte consistente della società israeliana che preferisce scendere a patti con Hamas pur di liberare i rapiti vivi e morti, piuttosto che sconfiggere definitivamente i terroristi e riprendersi il controllo della Striscia. Tra questi ci sono gli alti comandi dell’esercito che stanno facendo di tutto per tergiversare e sperare in un accordo. Per il governo eletto democraticamente è davvero difficile avere tutto il mondo contro – ma soprattutto i comandi dell’esercito – e vincere questa guerra. Io vedo un futuro davvero difficile e pericoloso per Israele soprattutto se si trascinerà questa inconcludente guerra. Nella malaugurata ipotesi che Hamas rimanga al potere dietro la facciata dell’Autorità Palestinese e che Israele sia costretto ad accettare la criminale “soluzione dei due Stati per due popoli”, lo Stato ebraico dovrà interrompere ogni forma di collaborazione – ad iniziare dal sistema bancario e fiscale – con questa nuova entità per rendere palese il fatto che essa sarà solo un macabro imbroglio.
