Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

Sephora annulla la campagna autunnale di Huda Beauty dopo le accuse di antisemitismo

La notizia è rimbalzata rapidamente dai social ai media internazionali: Sephora ha annullato la collaborazione autunnale con Huda Beauty, il celebre brand fondato dall’influencer e imprenditrice Huda Kattan, a seguito di dichiarazioni considerate apertamente antisemite.

Una decisione che ha acceso il dibattito nell’opinione pubblica globale, perché mette in evidenza il rapporto sempre più delicato tra influencer, grandi marchi e responsabilità sociale. Il caso è esploso dopo la pubblicazione di un video su TikTok in cui Huda Kattan, volto e mente dietro il marchio Huda Beauty, ha diffuso teorie cospirative di matrice antisemita. Nel filmato l’imprenditrice arrivava ad attribuire a Israele la responsabilità di alcuni degli eventi più drammatici della storia contemporanea, tra cui le due guerre mondiali, gli attentati dell’11 settembre e persino l’eccidio del 7 ottobre scorso compiuto da Hamas. 

Si tratta di accuse estreme, che richiamano le classiche narrazioni complottiste di stampo antisemita, nelle quali una presunta regia occulta israeliana o ebraica viene indicata come responsabile di disastri e tragedie mondiali. 

Il video ha immediatamente generato reazioni indignate e un’ondata di critiche. Persino TikTok, spesso accusato di scarsa reattività nella gestione dei contenuti controversi, ha deciso di rimuoverlo per la sua natura esplicitamente offensiva e discriminatoria. 

Dopo la bufera, Huda Kattan ha cercato di ridimensionare la portata delle sue dichiarazioni, sostenendo di essere stata “fraintesa”. Tuttavia, molti osservatori hanno ritenuto la sua giustificazione insufficiente: le parole erano state troppo dirette e troppo gravi per poter essere liquidate come un equivoco. La reazione di parte della comunità ebraica e delle associazioni che monitorano l’antisemitismo è stata immediata. Per loro non si trattava di una semplice opinione personale, bensì di un discorso d’odio, potenzialmente pericoloso in un momento storico già segnato da forti tensioni internazionali. 

Sephora, uno dei principali distributori globali di prodotti di bellezza e punto di riferimento per milioni di consumatori, è stata chiamata a prendere posizione. Dopo alcuni giorni di valutazioni, l’azienda ha annunciato ufficialmente la cancellazione della campagna autunnale di Huda Beauty intitolata “Esperti”. 

Per Sephora la scelta non è stata semplice: Huda Beauty è uno dei marchi più popolari del settore, con un seguito enorme soprattutto tra le generazioni più giovani. Tuttavia, l’azienda ha preferito rischiare una perdita economica e commerciale pur di ribadire un principio fondamentale: l’antisemitismo non può essere tollerato. 

Molti hanno sottolineato che Sephora abbia impiegato troppo tempo a reagire. Ma, nonostante la lentezza, la decisione finale rappresenta comunque un segnale chiaro: anche i giganti della cosmetica devono assumersi la responsabilità sociale delle collaborazioni che scelgono di promuovere. 

Il caso di Huda Beauty e Sephora va oltre il mondo del make-up. È un esempio di come oggi i brand siano sempre più coinvolti in questioni etiche e politiche. Collaborare con un influencer o con una celebrità non significa soltanto legarsi al suo stile o alla sua popolarità, ma anche assumersi le conseguenze delle sue dichiarazioni pubbliche. 

Il caso solleva inoltre un tema più ampio: la diffusione dell’antisemitismo attraverso i social network. Teorie complottiste che un tempo rimanevano confinate a circoli ristretti oggi trovano un pubblico vastissimo grazie alla viralità delle piattaforme digitali. Quando a diffonderle è una personalità con milioni di follower, il rischio di normalizzare l’odio e la disinformazione diventa enorme. 

Non sorprende che TikTok abbia scelto di rimuovere il video, segnalando che anche per le piattaforme digitali certi contenuti sono inaccettabili. Tuttavia, la questione resta aperta: quanto velocemente e con quanta fermezza i social network riescono a contrastare la diffusione di contenuti pericolosi? E, soprattutto, quanto sono consapevoli gli influencer della responsabilità che deriva dal loro ruolo? 

La vicenda Huda Beauty vs Sephora rappresenta quindi un precedente importante. Dimostra che, nonostante la potenza economica e mediatica di alcuni marchi e influencer, l’antisemitismo ha delle conseguenze concrete. Anche se Sephora ha reagito con ritardo, la decisione finale invia un messaggio forte: chi diffonde odio e pregiudizi non può continuare a collaborare indisturbato con brand globali che hanno milioni di clienti in tutto il mondo. Il ritiro di Huda Beauty dalla campagna autunnale di Sephora segna un punto di svolta nel rapporto tra marketing, social media e responsabilità etica. Dimostra che non basta più vendere un prodotto di successo: le aziende devono anche vigilare su chi rappresenta i loro valori e il loro marchio. Huda Kattan ha cercato di minimizzare le sue affermazioni parlando di “fraintendimento”, ma il danno ormai era fatto. In un momento in cui l’antisemitismo cresce in varie parti del mondo, le sue parole hanno contribuito ad alimentare un clima di odio e sospetto. 

Sephora, pur tardivamente, ha dimostrato che la bellezza non può essere separata dall’etica. E che ogni voce pubblica, influencer, imprenditore o celebrità, deve fare i conti con le proprie responsabilità. Perché nel 2025, come mai prima d’ora, le parole hanno un peso.

 

 

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