Di Lorenzo Cremonesi, corrispondente di guerra de Il Corriere della Sera, e indefesso propugnatore del romanzo nero dei “coloni” e delle loro nefandezze ai danni dell’inerme popolazione araba palestinese abbiamo dato conto in tutti questi mesi https://www.linformale.eu/il-romanzo-nero-su-israele-del-corrispondente-del-corsera/.
In un articolo pubblicato ieri sul quotidiano di via Solferino, Cremonesi allunga il passo e si accoda a coloro i quali affermano che a Gaza sarebbe in corso un genocidio. “Basta ambiguità, basta sensi di colpa rispetto all’ombra nera dell’Olocausto, basta accettare passivi la minaccia del riccatto onnipresente dell’accusa di antisemitismo”. Cremonesi dice basta, e poi prosegue accusando Netanyahu di volere “espellere-eliminare” la popolazione palestinese dalla Cisgiordania e in seguito tutti gli arabi da Israele. Cremonesi ha letto le carte segrete di questa soluzione finale che appunto prevede l’espulsione di ogni arabo, dunque anche il milione e ottocentomila con regolare passaporto israeliano.
Fare ironia sulle farneticazioni di un reporter forse anche mentalmente provato dalla fatica di scrivere sempre e solo di guerre (Cremonesi, da tre anni racconta anche la guerra in Ucraina), è fin troppo facile. Il problema è un altro, ed è, dall’inizio della guerra voluta da Hamas il 7 ottobre del 2023 dopo lo sterminio, questo sì intenzionale, programmatico, sadico, di 1200 cittadini israeliani, la narrazione della propaganda contro Israele, una macchina mastodontica che si tiene in piedi da sessanta anni, oliata magificamente, vastissima, radicata.
Questa macchina, come tutte quelle della propaganda, usa per il suo funzionamento solerte e ossessivo una serie di parole privandole del loro senso originario per impiegarle come corpi contundenti. L’accusa di genocidio rivolta a Israele è di veccchio conio. Già nel 1982, quando ci fu la prima guerra del Libano, in una dichiarazione contro Israele, ad usarla fu Enrico Berlinguer. La nazificazione degli israeliani, creata ad hoc a Mosca, è in auge da almeno tre decenni, poi è venuto il turno dello stigma di apartheid, risalente al 1975, dopo che l’ONU passò la Risoluzione 3379 che accusava Israele di razzismo.
I cantori o megafoni del genocidio a Gaza, con in testa la corifea Francesca Albanese, sono in molti, e non importa che i numeri dei morti a Gaza siano forniti da Hamas e inverificabili, non importa che se anche fosse vero che sono state uccise cinquantamila persone (che Cremonesi attingendo a proprie fonti, incrementa a settantamila), bisognerebbe sottrarre il numero dei jihadisti morti che l’IDF stima intorno ai 23 mila, portando quindi il rapporto tra terroristi e civili morti a un livello di equivalenza, il più basso mai registrato in tutte le guerre urbane combattute nell’ultimo ventennio, non importa che Hamas non ha mai consentito a nessun civile di potersi rifugiare all’interno del reticolo di 800 km di tunnel costruito sotto case, moschee, ospedali, non importa che se la popolazione di Gaza consta di circa due milioni di persone e ne sarebbero morte cinquantamila non ci si può nemmeno lontanamente avvicinare alla distruzione sistematica di una popolazione, non importa che in una delle zone più densamente popolate del pianeta, i terroristi si nascondano tra la popolazione, tutto questo non importa.
La razionalità scompare quando trionfa la propaganda, il cui scopo è quello, come ben sapeva Goebbels di reiterare all’infinito le menzogne, di martellare con parole feticcio, di distruggere sistematicamente la realtà per sostituirla con un mondo parallelo.
Alla fine però i Cremonesi, le Albanese, gli Ovadia, vanno ringraziati. Nella furia parossistica del loro odio per la verità, dei loro accecanti pregiudizi, ci consentono di poterci aggrappare con sempre maggiore sicurezza ai fatti, alla loro effettiva consistenza, e a continuare, ogni giorno, a ribadirli.
