Il piano annunciato da parte di Israele di una larga offensiva di terra coadiuvata da cielo e mare per conquistare e occupare Gaza, se effettivamente avrà luogo, è l’unica opzione realistica per porre fine al governo del terrore di Hamas che domina la Striscia dal 2007 ad oggi.
Infaticabilmente, qui su L’Informale non ci siamo mai stancati di ripeterlo. Nessuna guerra è mai stata vinta senza la sconfitta del nemico, la sua resa, e la conquista del suo territorio.
Il problema è che questa opzione, fin dall’inizio della guerra, è stata scartata dai comandi militari e da Netanyahu a causa principalmente degli ostaggi, i 254 che erano detenuti nella Striscia. Un attacco massiccio di terra, esteso su tutto il perimetro territoriale ne avrebbe inevitabilmente messo a repentaglio la sopravvivenza. Questo è stato il primo freno. Si è dunque optato per operazioni settoriali, per la segmentazione territoriale con interventi circoscritti zona per zona, atti a bonificarle dalle presenze jihadiste, creando corridoi e zone presiediate in modo da disarticolare l’omogeneità di Hamas, da inficiarne l’operatività. Il secondo freno è stato il commissariamento americano della guerra, attuato immediatamente dall’Amministrazione Biden, esplicitamente ostile a una conquista israeliana del territorio e orientata prioritariamente al negoziato con Hamas per la liberazione degli ostaggi. A tutto ciò si è aggiunta la richiesta pressante da parte di Washington di fornire costantemente aiuti umanitari alla popolazione di Gaza che ha solo permesso a Hamas di restare in sella arricchendosi con il depredamento regolare delle scorte inviate da Israele.
Tutto questo ha comportato il trascinamento della guerra e la situazione attuale che, l’Amministrazione Ttrump, insediatosi il 20 gennaio scorso, non ha certo migliorato. Trump, infatti, ha continuato a privilegiare la via negoziale con Hamas mediata dal suo principale sponsor regionale, il Qatar, a discapito del raggiungimento della vittoria sul gruppo jihadista. Ancora adesso, mentre si scrivono queste righe, questa è la linea dell’Amministrazione Trump, molto bellicosa a parole, ma poco nei fatti concreti.
Si tratta della linea spinta dal consigliore principale di Trump in merito alla politica estera, il faccendiere Steve Witkoff, per il quale Hamas è un attore come tutti gli altri, ci si può sedere a un tavolo, negoziare, e trovare una intesa ragionevole. Così si crede di potere fare con l’Iran, che mentre arma gli Houti per colpire Israele, sta solo guadagnando tempo come la Russia, senza avere alcuna intenzione di porre fine al suo programma nucleare, e dunque al suo obiettivo di distruggere Israele.
Netanyahu ha capito che su Trump può contare a corrente alterna, e si muove come può, mentre l’annuncio della più larga offensiva a Gaza ha provocato il solito coro di sdegn e disapprovazione internazionale, ma la partita a Gaza va chiusa, mancano solo cinque mesi al secondo anniversario dell’eccidio del 7 ottobre per una guerra che si è protratta troppo a lungo.
