Gia gradita ospite de L’Informale, Fiamma Nirenstein ha accettato di rispondere alle nostre domande.
Credo che sia inevitabile cominciare questa intervista facendo riferimento all’uccisione dei due giovani funzionari dell’ambasciata israeliana avvenuta a Washington e assassinati da un estremista di sinistra che prima di ucciderli ha urlato, “free Palestine”, e dopo averli uccisi, “l’ho fatto per Gaza”. Cosa hai da dire in merito?
Innanzitutto voglio dire che mi ha molto impressionato il modo in cui lui ha gridato “free palestine”, perché era un modo professionale, esattamente come lo si scandisce nelle manifestazioni. L’omicida è un giovane bianco di origini ispaniche o latinoamericane, proveniente da Chicago che, come si sa, ha un passato e un presente nei movimenti woke e di ispirazione marxista. Ha sparato sulle sue vittime in quanto ebrei, perché non credo che sapesse chi fossero, si trattava infatti di due funzionari subalterni che non avevano un ruolo di rilievo all’interno dell’ambasciata. Il contesto dell’attentato era quello di un evento al Museo ebraico di Washington. Ormai ci sono degli eserciti che dentro lo slogan “free palestine” mettono dei contenuti molto ben definiti e che si definiscono ogni giorno di più. Si tratta di eserciti le cui parole d’ordine radicali prendono corpo nelle grandi istituzioni che dovrebbero essere a tutela dei diritti umani, come l’ONU per esempio e dove la criminalizzazione costante di Israele conduce inevitabilmente all’antisemitismo. Quando si inizia a dire che gli ebrei uccidono i bambini, li uccidono con gusto, praticano il genocidio, come si fa a meravigliarsi se poi aumenta l’antisemitismo e se si giunge a un episodio estremo come quello avvenuto a Washington? Aggiungo che “Free Palestine” significa di fatto “destroy Israel”, non ha altro significato se non questo. Quando poi si specifica, “from the river to the sea”, ovvero dal Giordano al Mediterrano, il senso dello slogan si chiarisce inequivocabilmente.
Si tratta di uno slogan programmaticamente genocida.
Assolutamente, come, nelle sue intenzioni è stato programmaticamente genocida il 7 ottobre. Per altro va sottolineato che proprio ieri uno dei leader superstiti di Hamas, essendo stati sostanzialmente decimati, ha dichiarato che dobbiamo avere ben chiaro che i jihadisti di Hamas uccisi dall’IDF verranno rimpiazzati dai 25 mila bambini che le donne di Gaza hanno messo al mondo durante il periodo della guerra, smentendo oltretutto con questa dichiarazione la tesi assurda che a Gaza sia in corso un genocidio. In altre parole, ci ha informato che sono già pronte nuove leve per rimpolpare la macchina omicida di Hamas. Non solo, ha evidenziato come tutto ciò vada inteso come esempio per tutto il mondo islamico nel suo insieme, per l’Umma.
Da attenta osservatrice e studiosa del fenomeno dell’antisemitismo, ti aspettavi una recrudescenza così grande come quella a cui stiamo assistendo o sei meravigliata?
Come sai, ho scritto diversi libri su questo argomento. Ho cominciato vent’anni fa a occuparmi del fenomeno, e credo di essere stata la prima ad usare il termine “israelofobia”. Mi sembrava cioè evidente che l’odio per gli ebrei venisse rivestito con una nuova veste. Il fatto che l’antisemitismo stesse diventando soprattutto odio per Israele è stata la cosa più difficile da fare accettare, anche per chi si occupa professionalmente di questi temi. La difficoltà di recepire questa nuova forma di antisemitismo sta nel fatto che viene mascherata come critica legittima allo Stato ebraico. Devo dire che per smascherarla ha aiutato molto Natan Sharansky con le categorie da lui introdotte delle tre d, ovvero la delegittimazione, la demonizzazione e il doppio standard. Quando ci troviamo al cospetto di una di queste tre categorie, di due o di una sola, non si tratta più di critica legittima, ma di antisemitismo. Si, che quello a cui stiamo assistendo potesse accadere me lo aspettavo perché sapevo che si può odiare lo Stato di Israele, invece non mi aspettavo la nazificazione di Israele e la conseguente vittimizzazione dei palestinesi su una scala così ampia anche se si tratta di una costruzione ideologica già in corso almeno dalla fine degli anni ’60 originata dall’Unione Sovietica e che ha avuto come cingia di trasmissione anche quella delle socialdemcrazie europee.
A proposito della nazificazione di Israele non dimentichiamo che già nel 2002 Jose Saramago, autore di un feroce articolo contro Israele intriso di stereotipi antisemiti, paragonò la condizione dei palestinesi in Cisgiordania ad Auschwitz.
Certo, il terreno era già stato preparato, ma che si arrivasse al punto di immaginare che l’esercito israeliano, unico esercito del mondo che fa spostare la popolazione civile in un teatro di guerra e si occupa di fornire gli aiuti umaniatri, nonostante il saccheggio sistematico di Hamas, sia composto da assassini sadici di bambini, questo va oltre ciò che potevo prevedere. Si tratta di un rovesciamento totale della verità, organizzato e foraggiato sistematicamente.
Personalmente ritengo che riguardo alla propaganda contro Israele ci troviamo di fronte alla più grande e oliata macchina di inversione della verità dal dopoguerra ai giorni nostri. Non mi viene in mente niente di così pervasivo, isterico, sistematico, ossessivo.
Si, ci troviamo di fronte a una grande forza di trasformazione e contagio delle menti. Su questo non ci sono dubbi. Fu Ben Gurion a dire che quando ci si trova al cospetto di una Shoah c’è subito chi pensa di poterne fare un’altra. Oggi ci troviamo in questo scenario, anche se Israele non soccombe ma combatte, resiste nonostante il vituperio internazionale per altro aiutato anche da personaggi nostrani come Yair Golan, Ehud Olmert, Ehud Barak e altri, che pur di attaccare Netanyahu sono disposti a fornire argomenti ai nemici di Israele.
A proposito di odio, tu sei stata oggetto recentemente di un violento attacco antisemita da parte di un impiegato della regione toscana, Giuseppe Flavio Paganohttps://www.linformale.eu/le-nuove-leve-dellodio-antiebraico/che ti ha definita “demone” e “verme nazista”. Come lo hai vissuto?
Premetto che è dal 2001, dall’inizio della seconda intifada, che quando vengo in Italia non posso muovermi senza la scorta a causa del numero elevato di minacce ricevute all’epoca per il mio lavoro di documentazione sul terrorismo palestinese. La minaccia è lo strumento preferito di questa galassia. L’attacco di cui parli è particolarmente disgustoso nell’uso delle parole impiegate, che hanno qualcosa di appiccicoso e di bigotto, però non sono intimidita o spaventata, ci sono abituata. Interpreto questo episodio come la forma di persecuzione che deve subire un ebreo nel nostro tempo, con la differenza che oggi, rispetto al passato, abbiamo a disposizioni strumenti che prima non erano presenti, come la tutela legale. Naturalmemente poi c’è la possibilità di intervenire negli spazi pubblici, fare sentire la propria voce anche se, rispetto a quella che prende le parti del palestinismo, la nostra è sicuramente una voce minoritaria, ciò nonostante non bisogna scoraggiarsi ma continuare a combattere contro le menzogne. Credo che essere ebrei oggi significhi partecipare a una grande battaglia per la verità e per la sopravvivenza.
Nel tuo ultimo libro scritto con Nicoletta Tiliacos, La guerra antisemita contro l’Occidente già il titolo si riferisce a come l’antisemitismo sia un attacco all’Occidente e ai valori che esso incarna, che porta iscritti nel suo dna, vorresti sinteticamente darne qualche accenno?
Guarda, più sinteticamente di così non saprei farlo. Dirò però questo, l’altro giorno davanti a Montecitorio c’è stata una manifestazione propal da parte di ragazzi e ragazze che appartengono alla galassia lgbt, e penso al destino che avrebbero se fossero a Gaza o in Iran che sponsorizza Hamas da anni. Questo piccolo episodio è emblematico di come l’antisemitismo e l’odio per Israele che ne è un proseguimento, sia una spada puntata contro i valori stessi dell’Occidente. Detto questo, allergando la visuale va detto che chi si schiera contro Israele lo fa a vantaggio di chi potendo farlo li impiccherebbe alle grù a Teheran o gli sparebbe in testa a Gaza, e in linea con lo svuotamento di senso di istituzioni come l’ONU che sulla carta dovrebbero difendere i diritti umani e che è invece diventato, dal 1967 in poi, una fucina di risoluzioni anti israeliane che si producono una dopo l’altra mentre si seguita a non sanzionare mai la Cina, la Turchia o il Marocco per le loro violazioni flagranti del diritto internazionale, non la presunta e fasulla violazione di Israele in merto ai territori della Cisgiordania. Per non parlare della negazione dei diritti umani violati degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas, per i quali nessuna delegazione dell’ONU o della UE ha mai interpellato Hamas per liberarli, limitandosi a dichiarazioni formali di pura circostanza. Anche la Croce Rossa se ne è disinteressata fino a quando è stata costretta a farlo. Persino sui piccoli bambini Bibas non si è detto quasi nulla, e questo perché erano bambini ebrei e non palestinesi. È spaventoso.
Come finirà a Gaza?
Io mi fido dell’esercito e del suo programma. Non mi fido del contesto internazionale. Penso che si sia sulla strada giusta. Si sta cercando soprattutto di separare la popolazione civile dal contesto terroristico che se ne fa scudo, spostandola fisicamente in zone dove possa essere maggiormente salvaguardata. Questo dovrebbe autarci nel riuscire a riavere indietro gli ostaggi che, a me pare una cosa fondamentale, e quindi di battere Hamas. Hamas deve essere disarmato e rinunciare al dominio su Gaza. È un programma semplice e chiaro, ovviamente non facilmente attuabile. Attualmente dentro Gaza abbiamo sei divisioni operative. Fino a quando Hamas resterà a Gaza si concimeranno solo guerre future e nuovi 7 ottobre. Io mi fido in quanto abbiamo ottenuto risultati clamorosi. Ci dicevano tutti che combattere Hamas era un conto ma con Hezbollah la storia sarebbe stata assai diversa. Non solo Hezbollah è stato fortemete lesionato come mai prima ma si è riusciti a eliminare Nasrallah. Veniva pronosticato uno scenario apocalittico che non si è verificato. L’area in cui stiamo operando non è più quella di prima. Stiamo ancora combattendo a Gaza, che è un territorio molto difficile e Hamas è un nemico diabolico, che ha saputo strumentalizzare al massimo la sofferenza della sua popolazione per aizzare l’opinione pubblica contro Israele.
Programma, del tutto riuscito direi…
Sì, ma come ho già detto mi fido dell’esercito e di come sta operando. Alla fine avremo noi la meglio.
