Elementi di propaganda

Il kit ChatGPT della propaganda

Francesca Albanese è una macchina. Nell’epoca dei sistemi di intelligenza artificiale come ChatGPT, Grok o Gemini, generati per fornire risposte performate, è perfetta. Ascoltiamola. “Genocidio”. “Apartheid”. “Colonialismo”. “Colonie”. “Colonialismo”. “Ilegalità”. “Occupazione”. “Diritto Internazionale”. Tutto ruota intorno a questi lemmi, ossessivamente ripetuti all’interno del dispositivo linguistico che la governa. La sua requisitoria contro Israele. Mai una variante.

Novanta anni fa il gran visir della propaganda, Joseph Goebbels, codificò una volta per tutte, rigorosamente, i suoi parametri.  Uno di questi riguardava l’orchestrazione: poche idee e costantemente ripetute, in modo martellante. La Albanese non ha rivali in questo. Prendiamo come campione l’intervista che ha rilaciato a Vanity Fair, dove, recitando il ruolo della vessata che poteri forti (e fa molta attenzione a non dire “lobby ebraica”, come ha già fatto in passato e per la cui affermazione, insieme ad altre, è stata accusata di antisemitismo dal Centro Simon Wiesenthal e da una delle maggiori storiche del fenomeno, Deborah Lipstadt) dove dichiara:

«L’occupazione israeliana è illegale, va smantellata, vanno smantellate le colonie, vanno ritirate le truppe, va smesso di sfruttare le risorse naturali. Ma dice pure che i popoli sottomessi hanno il diritto a resistere. Con ogni mezzo, anche la lotta armata, purché non sia diretta contro civili. Questo è il diritto internazionale. Il diritto alla resistenza è ciò che hanno i popoli rispetto al diritto all’autodifesa che hanno gli Stati».

Il diritto internazionale si fonda sui capisaldi della consuetudine, dei trattati, e dei principi generali del diritto. L’unico trattato che ha valore giuridico relativamente alla legalità della presenza ebraica in Cisgiordania è il Mandato Britannico per la Palestina del 1923, il quale stabiliva che gli ebrei avevano il diritto di insediarsi a occidente del fiume Giordano, quindi nella odierna Cisgiordania. Esso non è mai stato superato da nessun altro dispositvo giuridico come, su queste pagine, David Elber, non ha mancato di illustrare in innumerevoli articoli e soprattutto nei suoi libri. Affermare che gli arabi-palestinesi di Gaza siano “sottomessi” da Israele, quando la Striscia è stata lasciata da quest’ultimo, con totale smantellamento degli insediamenti ebraici, ed è controllata da Hamas dal 2007, è una affermazione totalmente smentita dalla realtà. Il fatto che Israele abbia creato intorno alla Striscia un controllo di sicurezza, che purtroppo, il 7 di ottobre del 2023 non ha funzionato, non ha mai impedito a Gaza la sua autonomia governativa. Il 7 ottobre ha invece mostrato a tutto il mondo l’assoluta necessità del controllo di sicurezza, financo la sua inefficacia. Tuttavia, per la Albanese, che si fa forte di una serie di risoluzioni ONU emanate dall’Assemblea Generale totalmennte prive di alcuna valenza giuridica, i palestinesi, sia di Gaza che della Cisgiordania, dove dal 1993, in virtù degli Accordi di Oslo, la regione è stata suddivisa in tre aree distinte, due delle quali a governance palestinese, e di cui solo la terza dipendente interamente per sicurezza e amministrazione dallo Stato ebraico, sarebbero luoghi di sottomissione da parte israeliana. Va aggiunto inoltre che gli abitanti palestinesi di Gaza e quelli dell’Area C della Cisgiordania, non costituiscono alcun popolo, ma compongono unicamente una frazione di quello arabo. Sarebbe come dire che gli abitanti della Lombardia o del Lazio sono un popolo distinto da quello italiano. A meno che la Albanese non intenda affermare che Israele sottomette tutto il popolo arabo e che esso, come quello indiano durante la dominazione britannica è legittimato alla resistenza armata.

Nonostante l’evidenza di questi dati, la relatrice ONU sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi (che sia de jure che de facto non esistono), procede imperterrita, sottraendosi sempre a un confronto, con il suo prontuario di falistà sesquipedali, ideale per chi non è in grado di riflettere, di discernere, di analizzare, perfetto per indigenti della storia e del diritto internazionale, ideali per chi non svolge l’hegeliana fatica del concetto ma vuole, già bello e confezionato il kit ChatGPT della propaganda.

 

 

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