Da nord a sud, da est a ovest, il coro è unanime, unanime è il mantra: la soluzione del conflitto israelo-palestinese non può che trovarsi nella nascita di uno Stato palestinese.
Ultimo ma non ultimo a profferire il mantra è stato il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, durante la cerimonia che ha avuto luogo oggi al Quirinale durante il discorso per il Giorno della Memoria.
«Coloro che hanno sofferto il turpe tentativo di cancellare il proprio popolo dalla terra sanno che non si può negare a un altro popolo il diritto a uno stato».
Sempre oggi sul Corriere della Sera, Antonio Polito, nel suo editoriale ha ribadito il concetto abbinandolo a un vecchio, inaffondabile cliché: “Israele non ha ancora usato l’arma più letale di cui dispone contro Hamas: l’avvio di una trattativa per la nascita di uno Stato palestinese che riconosca lo Stato ebraico (…) la prima mossa deve venire da Israele, che invece una democrazia lo è, e anche uno Stato di diritto”.
A cominciare dalla Casa Bianca che ha reimposto il paradigma ormai totalmente screditato dello Stato palestinese, e che solo Donald Trump era riuscito a rimuovere dalla scena rendendosi pienamente conto della sua impraticabilità e dunque inaugurando con gli Accordi di Abramo una nuova prospettiva atta ad allargare il consenso nei confronti di Israele su base dei paesi arabi regionali, non c’è attore politico oggi che non lo affermi.
Opportunamente, dalla scena viene rimossa la realtà dei fatti, ovvero che dal 1947, quando l’ONU propose una partizione che prevedeva il venire in essere di uno Stato ebraico e uno arabo, al 2008 quando Ehud Olmert propose ad Abu Mazen, ampliandola, ciò che, nel 2000 Ehud Barak aveva concesso a Yasser Arafat, uno Stato palestinese demilitarizzato includente il grosso della Cisgiordania, la Striscia di Gaza, Gerusalemme Est come capitale e il 90, 91% dei territori conquistati da Israele nel 1967 dopo la Guerra dei sei giorni, prima gli arabi e poi gli arabi-palestinesi, hanno sempre detto no.
Israele, Egregio Presidente Mattarella, non ha mai negato agli arabi un loro Stato, la realtà è esattamente quella opposta. Sono gli arabi che dal 1948, appena Israele venne proclamato, cercarono militarmente di distruggerlo, e di nuovo tentarono di farlo nel 1967 e poi un’altra volta nel 1973, e da allora in poi hanno sempre pervicacemente rifiutato ogni proposta fatta da Israele.
Quanto ad Antonio Polito, dovrebbe ben sapere che la storia è questa, e che proprio perché Israele è una democrazia ha sempre cercato di trovare una intesa con la controparte antidemocratica con la quale è stato costretto a confrontarsi in tutti questi decenni.
La conclusione è semplice. I soli a non volere la nascita di una entità statuale araba-palestinese sono sempre stati gli arabi, perché determinarla di fatto sancirebbe la legittimità piena di Israele, ne confermerebbe irrevocabilmente e definitivamente lo statuto di Stato ebraico su un suolo considerato completamente islamico.
Solo bypassando questa interdizione e creando una alleanza strategica con alcuni dei principali Stati sunniti regionali, in testa a tutti l’Arabia Saudita, è possibile costringere l’Autorità Palestinese a un accordo con Israele, ma per poterlo fare è necessario che Hamas non sia più un attore in scena. È la traiettoria intrapresa dall’Amministrazione Trump, la più rivoluzionaria, per l’assetto mediorientale, degli ultimi decenni, ed è il motivo per il quale, paventando questo esito, Hamas ha deciso di attaccare Israele il 7 ottobre. Per riqualificarsi come la forza palestinese egemonica e distruggere l’intesa che l’avrebbe confinata ai margini.