Editoriali

La realtà di Trump, a discapito dei fatti

Trump, forse, è davvero convinto di portare la pace agli israeliani e agli arabi con i suoi deals, come agli ucraini e ai russi, ma oggettivamente, ha preso le parti del male. Vorrebbe essere un arbitro, ma è solo un sostenitore delle oscene bugie di Putin e delle ambizioni «islamizzatrici» del Qatar. 

Sul fronte europeo dà credito a un dittatore sanguinario allevato dal KGB – «per allontanarlo dalla Cina», dicono i parvenu della geopolitica – su quello mediorientale a una canaglia che di candido ha solo il dishdasha. Due «alleati» che alla prima occasione utile gli conficcheranno un coltello tra le scapole. E quando questo avverrà non resterà che ripetere le parole del corvo di quella favola grottesca di Meyrink, dove un cammello muore vittima della sua fiducia mal riposta: «Juchu, stupida carogna!».

Trump, infatti, è espressione di quella «stupidità criminale» – intesa come una perdita di contatto dalla realtà da parte di chi occupa posizioni rilevanti – che il politologo Eric Voegelin aveva sagacemente diagnosticato a proposito di numerosi sostenitori del nazismo; quella che non danneggia solo l’individuo stupido ma anche altri essere umani (in questo caso milioni di esseri umani, israeliani e ucraini in primis).  

L’attuale presidente è strutturalmente incapace di ammettere nel proprio «universo mentale» qualcosa che trascenda il suo economicismo, nonché la sua esibita fascinazione per il potere nudo e crudo. Quando Zelensky lo accusò di vivere in una «bolla di disinformazione russa», probabilmente non sapeva quanto avesse ragione. Trump abita una realtà distorta, dove causa ed effetto sono invertiti e la coscienza invece d’intendere i «fatti» genera immagini mentali sostitutive della realtà. 

Se la Russia viola il «cessate il fuoco» con l’Ucraina deve, per forza, esserci uno sbaglio, Putin gli aveva fatto una promessa e nessuno può farsi beffe del Commander in Chief. Dunque, la responsabilità dev’essere di Kyiv. Se l’Emiro del Qatar gli vuole regalare un aereo da 400 milioni di dollari, non si tratta di un tentativo di captatio benevolentiae (per non usare il termine «corruzione») per indurlo a lasciare correre le attività terroristiche di Doha, ma solo di un segno di «rispetto». 

A Trump sfugge totalmente il «doppiogiochismo» dei suoi nuovi amici russi e arabi, le loro ambizioni imperialistiche come le smanie messianiche. Perlopiù, si è circondato di affaristi e lacchè incapaci di metterlo in guardia di fronte ai nemici dell’America e dell’Occidente. 

Netanyahu, che proprio come Zelensky non può offrire in dono Boeing multimilionari, si appresta a dovere ingoiare un accordo tra Washington e Doha che manterrà Hamas a Gaza, pronta a organizzare, coi denari del Qatar, un nuovo 7 ottobre nel prossimo futuro.

Ai «palazzinari» che occupano la Casa Bianca, Trump e Witkoff, interessano solamente i cospicui investimenti arabi negli Stati Uniti. Pecunia non olet. Tutto il resto: sicurezza, libertà, civiltà, decenza, compresa quella moralità elementare che dovrebbe indurre gli individui e le nazioni a pensare che «ciò che riguarda il mio vicino riguarda anche me», possono pure finire a mare. Come gli ebrei per Hamas. 

 

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