Israele e Medio Oriente

Unica sopravvissuta all’attentato di Samir Kuntar commuove veterani

Quando Smadar Haran ha finito di parlare non c’era uno solo dei commensali, attorno al tavolo dell’Hotel Rimon di Safed, che non avesse gli occhi lucidi.

Gli ospiti e giornalisti stranieri che sedevano attorno a lei – tutti veterani corrispondenti di guerra – pensavano di aver già visto e scritto di tutto. Ma questo incontro con Haran, che ha perso il marito Danny e le figlie Einat e Yael nell’attacco terroristico a Nahariya del 1979, li ha scossi profondamente, ed è con il nodo alla gola che hanno continuato ad annotare ogni parola del suo racconto.

Era la prima volta che il Ministero degli esteri israeliano invitava una delegazione di corrispondenti di guerra europei. Lo scopo del viaggio era quello di mostrare ai giornalisti il terrorismo con cui gli israeliani devono fare i conti da sempre, e trovare eventuali correlazioni tra la lotta israeliana e quella europea contro il terrorismo. Alla delegazione sono state illustrate le misure di sicurezza in vigore all’aeroporto internazionale Ben Gurion. I giornalisti hanno poi visitato il confine israeliano con la Siria e hanno potuto incontrare feriti siriani in cura presso il centro medico Ziv di Tzfat (Safed), nel nord di Israele. Ma il culmine del viaggio è stato l’incontro con Haran.
“La mia storia non è solo la una storia personale – ha cominciato Haran – E’ la storia della nazione ebraica e dello stato di Israele. E’ la rappresentazione dello spirito dello stato di Israele”. E ha continuato: “E’ una storia nazionale e sebbene io sia una vittima del terrorismo, ho deciso di non vivere come una vittima e di ricostruire la mia vita: proprio come mia madre, sopravvissuta alla Shoà, aveva ricostruito la sua vita in Israele; come gli ebrei hanno ricostruito se stessi in modo creativo ogni volta che hanno subito soprusi e perdite”.

Nel 1979, il terrorista Samir Kuntar si infiltrò in Israele su un gommone, provenendo dal Libano insieme ad altri tre terroristi del “Fronte di Liberazione della Palestina”. I quattro presero terra a Nahariya, colpirono a morte l’ufficiale di polizia Eliyahu Shahar e irruppero nell’appartamento della famiglia Haran. Lì, presero in ostaggio Danny Haran ed Einat, la sua bambina di quattro anni, mentre Smadar riusciva fortunosamente a nascondersi, rannicchiata nel sottotetto con l’altra figlia, Yael, di due anni. In quei drammatici momenti Smadar soffocò accidentalmente la figlia Yael nel disparato tentativo di impedirle di piangere svelando ai terroristi il loro nascondiglio. Intanto il marito Danny e l’altra figlia Einat venivano trascinati alla spiaggia, dove i terroristi venivano impegnati in una sparatoria con gli agenti di polizia sopraggiunti sul posto. E’ qui che Kuntar sparò alla schiena a Danny Haran e poi ruppe la testa a Einat con il calcio del fucile, uccidendola.

“Dopo l’attentato a Nahariya – ha continuato Haran – ho pensato ai miei valori, a che tipo di persona voglio essere. E ho deciso che voglio essere una persona che dà, non una che odia. Non cercavo vendetta e decisi che, ovunque la mia vita si fosse fermata o interrotta, avrei ricominciato di nuovo. Non me ne sono mai andata da Nahariya, ed è lì che vivo tuttora: vicino al luogo dove è successo tutto. Molte delle persone che vennero a compiangere la mia perdita erano arabi, e vivono insieme a noi. Le mie bambine conoscevano i loro figli. Le vite degli arabi e degli ebrei sono intrecciate fra loro come in un collage”.

Alla domanda su cosa abbia pensato del fatto che Samir Kuntar, l’uomo che ha sterminato la sua famiglia, è stato scarcerato dalle autorità israeliane (sotto ricatto di Hezbollah), Haran ha risposto: “Quando altri mi chiesero che cosa pensassi del rilascio di Kuntar, scrissi una lettera al primo ministro in cui dicevo che Kuntar non è un mio prigioniero personale, e io non sono il suo carceriere personale. Dicevo che la decisione doveva essere presa per il bene superiore e tenendo a mente i più alti interessi dello stato di Israele. Sapevo che sarebbe tornato al terrorismo, la cosa non mi ha affatto sorpreso”.

E quando le è stato chiesto cosa avesse provato quando Kuntar è stato ucciso, Haran ha risposto: “Con mia sorpresa, non ho sentito nulla. Ero solo contenta di sapere che non avrebbe potuto commettere in futuro altri attentati terroristici”.

I giornalisti stranieri hanno lasciato l’incontro con l’emozione dipinta sui volti. “Smadar è un modello da imitare, un vero eroe – il loro commento – La cosa che ci ha veramente stupito, dopo tutto quello che ha passato, è stata la sua totale mancanza di odio e il suo rifiuto dei sentimenti di vendetta”.

(Da: YnetNews, 23.5.16)

Fonte: Noi che amiamo Israele

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