Lettere al giornale

A proposito di un intervento di Piero Fassino

Da Emanuel Segre Amar, Presidente del Gruppo Sionistico Piemontese, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Gent. Direttore,

Piero Fassino ha, evidentemente, piena facoltà di esprimere le proprie opinioni come qualsiasi altro cittadino italiano, anche se, come Presidente della Commissione Esteri della Camera, incarico ufficiale che pertanto coinvolge le istituzioni della Repubblica Italiana, dovrebbe usare più consone cautele. Dovrebbe…

Nessuno può obiettargli alcunché se egli si sente politicamente distante dal ex premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma non può non considerare che Netanyahu è stato premier per 12 anni consecutivi e per volontà espressa democraticamente. Gli può dispiacere, ma se in un recente articolo egli equipara Hamas a Netanyahu specificando che entrambi hanno “puntato sull’estremismo radicale dell’altro per giustificare le proprie azioni e la propria permanenza al potere”, qualcosa veramente non funziona. Perchè, mettere sullo stesso piano un gruppo terrorista che in 11 giorni lancia più di 4000 razzi su Israele, e un uomo politico che non ha potuto fare altro in virtù del ruolo che ricopre se non rispondere all’aggressione subita, evidenzia, se ce ne fosse ancora bisogno, la profonda malafede di chi propone associazioni simili.

Dove sarebbe mai “l’estremismo radicale” di chi, per ben 12 anni ha permesso a Hamas di continuare a prosperare a Gaza consentendo il regolare ingresso mensile di fondi provenienti dal Qatar? Semmai, se proprio di Netanyahu si vuole dire qualcosa di negativo relativamente a questa specifica gestione, si dovrà affermare che la sua filosofia è stata quella andreottiana del tirare a campare. Fassino, però, ha di Netanyahu una immagine diversa, caricaturale, poichè la politica del leader del Likud secondo lui, avrebbe “incattivito” la società israeliana con la sua “protervia, spregiudicatezza e intolleranza”. I casi non sono specificati, bastano le parole, anche se, andrebbe detto, la protervia e la spregiudicatezza, in politica non sono da disdegnare. Servono, eccome se servono, quanto all’intollerenza, diremmo, senza particolare simpatia per Netanyahu, che ne ha avuta troppo poca confronti di chi, come Hamas, se ne avesse il potere, annienterebbe Israele.

Ben diverso è il modo di Fassino quando si rivolge al “presidente” abusivo dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen (che ama civettuosamente definire “il mio amico”), infatti, nel suo articolo ci dice che le scelte del nuovo governo “potranno restituire spazio ad Abu Mazen e all’Autorità nazionale palestinese”, in altre parole alla cleptocrazia che governa una parte della Cisgiordania da quasi trent’anni. Per Fassino: basta “rimettere in moto un percorso di dialogo con i palestinesi (chi lo ha interrotto questo dialogo?) mettendo fine agli insediamenti di colonie in Cisgiordania (nonostante essi siano ammessi dagli Accordi di Oslo e nonostante la propaganda, non violino in alcun modo il diritto internazionale), e l’espulsione di palestinesi da Gerusalemme Est (sul fatto che, nel caso di Sheik Jarrah, ci sia un annoso contenzioso fa privati, e i tribunali si siano espressi con sentenze sfavorevoli ad inquilini morosi ed abusivi a Fassino non interessa), al progetto di annessione della Valle del Giordano con cui Netanyahu ha sabotato il processo di pace” (e qui, purtroppo, dimostra di fare anche confusione con i tempi ben distinti del progetto di annessione e del blocco del processo di pace).

La malcelata avversione nei confronti di Netanyahu si dimostra ulteriormente quando Fassino scrive a proposito degli Accordi di Abramo, come se fossero piovuti dal cielo e non voluti da Netanyahu, considerandoli alla pari del “principio cardine degli accordi Rabin-Arafat”, nonostante il fatto che, il successore di Arafat, abbia rigettato gli Accordi di Abramo, e gli accordi Rabin-Arafat, ovvero Oslo, abbiano provocato in Israele una lunga scia di sangue.

Come non sentirsi poi elogiativi nei confronti di Joe Biden che “ha ripreso i rapporti con Abu Mazen” e promesso “finanziamenti per la ricostruzione di Gaza”? Il  Presidente della Commissione Esteri dovrebbe sapere che perfino il Segretario di Stato, Anthony Blinken si è posto il problema (forse senza soluzione, almeno per gli USA) di come aiutare la ricostruzione di Gaza senza che i soldi dei contribuenti americani finiscano in gran parte nelle mani di Hamas.

Ma il meglio è a seguire, quando Fassino scrive che Biden ha “scelto di rientrare nell’accordo sul nucleare iraniano, anche con l’obiettivo di indurre Teheran a rimuovere la sua aggressività verso Israele”. Ancora una volta c’è da chiedersi se egli sia al corrente che per il Segretario di Stato, Teheran è orami a poche settimane dalla bomba nucleare, e se sa che gli “altri attori, le Nazioni Unite, la UE” non si sono mai mostrati disponibili a interessarsi alla questione specifica Teheran-Israele.

Le parole conclusive dell’articolo, rivendicano per l’autore, un ruolo tra coloro i quali “credono nella pacifica convivenza tra i due popoli”. Sarebbe bello sì, malgrado il fatto che tra arabi ed ebrei la convivenza, nei secoli, sia sempre stata segnata da una profonda sperequazione sociale, e che in Palestina, sia stato, fin dal principio, il rigetto musulmano nei confronti di uno Stato ebraico il motivo per il quale Israele abbia dovuto armarsi fino ai denti per potere sopravvivere.

 

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