Israele e Medio Oriente

Cosa può insegnare la guerra in Ucraina a Israele

Sono ormai passati 46 giorni dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin. Molto è già stato detto e scritto in merito a questo atto di aggressione, qui si vuole unicamente mettere in evidenza un punto in particolare addotto da Putin per compiere l’invasione, il presunto non diritto all’esistenza dell’Ucraina in quanto Stato indipendente, la sua natura “posticcia”, artificiale, motivo per il quale le operazioni militari – agli occhi dell’autocrate russo – sarebbero del tutto legittime. 

Proveremo a traslare questo concetto nel teatro mediorientale con attori diversi, anche se, come vedremo, uno è sempre lo stesso. Qui, Il “concetto putiniano” di  non diritto all’esistenza da parte di uno Stato, già da decenni  è proclamato a voce alta da parte dell’Iran, che non hanno mai fatto mistero di voler cancellare Israele dalla cartina geografica. L’attore comune ai due scenari sono gli Stati Uniti, ma per estensione tutto l’Occidente, visto che gli europei fanno grandi affari con la Russia e non vedono l’ora di rifarne anche con l’Iran.

La tesi americana, spalleggiata dalla UE, è che quella iraniana all’indirizzo di Israele è solo retorica ad uso politico/religioso perchè, nei fatti, l’Iran non ha una vera intenzione di volere far sparire Israele dalla faccia della terra. In base a questo presupposto non sussiste un  pericolo  effettivo a che l’Iran prosegua nelle sue attività nucleari o balistiche con i missili intercontinentali.

Se si prova ad analizzare le vicende russo-ucraine dal crollo dell’URSS in avanti, troviamo vari spunti di riflessione. Quello di nostro interesse è relativo al Memorandum di Budapest del 1994 con il quale si sanciva tramite un trattato internazionale l’indipendenza e soprattutto l’integrità territoriale e la sicurezza dell’Ucraina.

Il trattato prevedeva che l’Ucraina a fronte della propria indipendenza, garantita da USA e Gran Bretagna, rinunciasse a oltre 2.000 testate nucleari presenti sul suo territorio che erano a tutti gli effetti un deterrente contro una possibile invasione. Chi invaderebbe un paese dotato di 2.000 testate nucleari? Il trattato fu sancito in questi termini anche per tranquillizzare i russi che il nuovo Stato non sarebbe potuto diventare una minaccia per la Federazione russa. Il medesimo principio fu utilizzato per l’indipendenza di Bielorussia e Kazakistan.

In pratica, tutte le testate nucleari presenti sul territorio ucraino furono consegnate alla Russia affinché le smantellasse per la propria sicurezza e per la sicurezza della comunità internazionale, mentre l’integrità territoriale dell’Ucraina veniva garantita dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. L’accordo è durato 20 anni esatti. Nel momento in cui Putin si è sentito abbastanza forte militarmente le cose sono cambiate radicalmente: la Bielorussia e il Kazakistan sono rimasti indipendenti ma con dei regimi completamente sottomessi a Mosca, l’Ucraina non ne ha seguito l’esempio e la retorica putiniana ha iniziato a stigmatizzare il fatto che l’Ucraina fosse una “invenzione” senza basi storiche e che quindi “non avesse il diritto” di esistere in quanto tale. Dalla retorica si è passati ai fatti. Nel 2014 la Russia ha annesso la Crimea, poi ha iniziato ad appoggiare i separatisti del Donbass, infine ha deciso l’invasione dell’intero paese. E le garanzie americane? Sono rimaste solo sulla carta.

Tornando in Medio Oriente si possono intravvedere delle analogie sconcertanti. Dinnanzi alle reiterate dichiarazioni iraniane di voler eliminare Israele perché giudicato uno Stato che non ha diritto ad esistere in quanto frutto di una “invenzione”, gli Stati Uniti e tutto l’Occidente si sono dimostrati sempre più accondiscendenti e disposti a trovare una intesa a tutti i costi con gli ayatollah. Prima con l’accordo sul nucleare del 2015, poi sulla rinuncia a proibire all’Iran di sviluppare missili intercontinentali, infine (dopo la parentesi di Trump) riproponendo un nuovo accordo sul nucleare che è ben peggiore del precedente. Alle proteste e ai timori di Israele – e di numerosi paesi sunniti – l’Occidente ha sempre risposto che garantirà la sicurezza e l’integrità territoriale. Ma si può essere sicuri di tale promesse? O come è successo con l’Ucraina dopo un certo lasso di tempo (5, 10 0 20 anni?) quando l’Iran si sentirà abbastanza forte darà seguito alla propria intenzione dichiarata con un’azione militare? Quando questo accadrà Israele non potrà sperare in un intervento di nessuno in sua difesa se, a maggior ragione, l’aggressore sarà dotato anche di armi nucleari.     

A tal proposito è bene ricordare che l’Iran ha già iniziato la sua guerra a bassa intensità contro Israele e nessuno, neanche a livello politico, ha mai difeso lo Stato ebraico. Basti ricordare che la guerra di fatto è iniziata nel 1992 con la strage all’ambasciata di Israele a Buenos Aires in cui morirono 29 persone e con l’attentato ancora più grave del 1994 (sempre a Buenos Aires) agli uffici dell’Associazione di Mutualità Israelita Argentina nel quale morirono 85 persone. In entrambi i casi l’esecutore fu Hezbollah e il mandante l’Iran. E tutto questo pochissimi anni dopo la fine della guerra con l’Iraq. 

La lezione che Israele dovrebbe imparare dal caso ucraino è che bisogna sempre contare solo su se stessi e che non si deve rinunciare ai vantaggi strategici che si possiedono: che siano testate nucleari o quella profondità territoriale indispensabile per difendersi, perché nessuno arriverà in proprio soccorso nel momento necessario.

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