Storia di Israele e dell’Ebraismo

Dagli anni ’30 ad Obama: la pia illusione e la realtà

Negli anni ’30, malgrado alcuni segni fossero stati abbastanza eloquenti, nessuno poteva prevedere che si sarebbe giunti alla Soluzione Finale per il popolo ebraico. Quando, il 15 settembre 1935, vennero promulgate le leggi razziali di Norimberga si percepì chiaramente che l’antisemitismo tedesco aveva fatto passi avanti. Tuttavia non bastarono a determinare una consapevolezza generalizzata.

Come ricorda Léon Poliakov nel suo seminale, “Il Nazismo e lo sterminio degli Ebrei”, “I governi non intervennero: le cancellerie miravano alla pacificazione. E nessuno, o quasi, sospettava quanto di sinistro fosse preannunziato in questi ultimi provvedimenti: gli Ebrei meno di tutti”.

C’è una frase di Poliakov che merita particolare attenzione, “Le cancellerie miravano alla pacificazione”. Cambiamo scenario, tenendo bene in mente questa frase. Arriviamo ai giorni nostri, al Medioriente, dove, da 68 anni sorge Israele. Dentro questo stato esiste un gruppo armato terrorista chiamato Hamas, gruppo che, come è noto, ha negli articoli della sua Carta Programmatica la cancellazione dello stato ebraico. Hamas è la costola palestinese dei Fratelli Musulmani, il gruppo islamico egiziano fondato nel 1928 al Cairo e promotore di un virulento antisemitismo. Hassan Al Banna, il suo fondatore (nonno del mellifluo e politically correct Tariq Ramadan) insieme ad Amin al Husseini sognava una Palestina judenfrei.

Nel 1988, durante la Prima Intifada, appare anche il primo volantino ufficiale di Hamas. In esso è già presente lo spirito che informerà la futura Carta. “O gente nostra, uomini e donne. O figli nostri: gli ebrei, fratelli delle scimmie, assassini dei profeti, sanguisughe, guerrafondai, vi stanno uccidendo, vi stanno privando della vostra vita dopo avere saccheggiato la vostra patria e le vostre case. Soltanto l’Islam può spezzare gli ebrei e distruggere il loro sogno…La liberazione non sarà completa senza sacrificio, senza il jihad che continuerà fino alla vittoria”.

Questo è Hamas. Israele lo ha dentro casa, ben insediato a Gaza. In Libano c’è Hezbollah (il Partito di Dio), il gruppo sciita costituitosi nel 1982 per contrastare l’avanzata di Israele nel paese. La ragione stessa di esistere di Hezbollah sta nel suo odio viscerale per Israele e nel suo proposito di distruzione dello stato ebraico. L’antisemitismo che informa il gruppo è al calor bianco e certo nulla ha da invidiare a quello di Hamas. Antisemitismo che assume la colorazione familiare del antisionismo. Assai più armato di Hamas, Hezbollah rappresenta sicuramente il nemico più impegnativo per Israele.

Abbiamo poi, naturalmente, l’Iran. L’atteggiamento dell’Iran nei confronti di Israele non è un mistero per nessuno. La cancellazione dello stato ebraico è una priorità ideologica per Theran. Recentemente Ataollah Salehi, comandante capo dell’esercito, ha dichiarato che “Non importa quante armi verranno fornite a Israele. Lo distruggeremo. Promettiamo che questo compito verrà portato a compimento”.

L’Iran, grande sponsor di Hezbollah e Hamas, nonché del terrorismo internazionale è da poco diventato, in virtù della “pacificazione” voluta da Obama, un partner con cui potere fare buoni affari e che, progressivamente, secondo la pia illusione del presidente americano, diventerà sempre più affidabile.

Mentre negli anni ’30 in Europa un regime antidemocratico portò avanti progressivamente e sistematicamente la propria opera di cancellazione degli ebrei europei, oggi, altre realtà arabe e musulmane dichiarano e perseguono la volontà di eseguire questo stesso impegno in Medioriente. Il lascito hitleriano, quel compito non concluso dall’Europa è passato al Medioriente. E’ lì che si è installato da decenni. E’ lì che Hitler perpetua la sua eredità avendo passato il testimone.

Senza la sua forza militare, senza la determinazione tenace a esserci e a continuare a esserci, Israele non esisterebbe più da molto tempo, poiché, come già dichiarava Julius Streicher, l’editore di Der Sturmer, nel 1936, “E’ un errore credere che il problema ebraico possa essere risolto senza spargimento di sangue: la soluzione non può avvenire altrimenti che in maniera cruenta”.

Le cancellerie che mirano alla pacificazione, come negli anni ’30, non vedono o fingono di non vedere che per coloro per i quali gli ebrei sono “un problema”, le parole di Streicher resteranno sempre una priorità.

 

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