Elementi di propaganda

Denunciare la menzogna dell’apartheid israeliano

Il mese scorso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riaffermato la sua implacabile ostilità verso uno dei suoi stessi Stati membri. Ha votato a stragrande maggioranza – con 125 voti a favore, 8 contrari e 34 astenuti – una risoluzione senza precedenti che autorizza il Consiglio per i Diritti umani (UNHRC) a costituire una Commissione d’inchiesta permanente (CIP) che dovrà indagare sulle accuse di crimini di guerra e di abusi dei diritti umani da parte di Israele. Il denaro dei contribuenti pagherà un budget strabiliante di 5,5 milioni di dollari solo nel primo anno, ben più del doppio di quello della commissione dell’UNHRC che indaga sulla guerra civile siriana.

Fin dalla sua creazione nel 2006, il Consiglio per i Diritti umani ha avviato 32 inchieste, nove delle quali, ossia un terzo, si sono concentrate interamente su Israele. Ma questa Commissione d’inchiesta permanente è la sola ad essere a tempo indeterminato. Non ha limiti di tempo né restrizioni di sorta. Gli Stati Uniti hanno votato contro questa decisione, asserendo che “perpetua la pratica di isolare ingiustamente Israele nelle Nazioni Unite”. Tra gli astenuti c’era l’Australia, il cui rappresentante ha detto, con il suo caratteristico linguaggio schietto: “Ci opponiamo ai pregiudizi anti-israeliani”.

Come gli Stati Uniti, l’Australia e altri paesi temono che sia inevitabile che Israele verrà falsamente dichiarato colpevole per la “discriminazione e la repressione sistematiche basate sull’identità nazionale, etnica, razziale o religiosa” che il COI afferma indagherà.

E’ chiaro che il COI intende etichettare esplicitamente Israele come uno “stato in cui si pratica l’apartheid”. Questa falsità sarà ripresa in tutto il mondo, alimentando l’odio antisemita contro gli ebrei ovunque essi siano. Contribuirà a quello che il ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid ha descritto come un dibattito imminente “senza precedenti nella sua velenosità, o nella sua radioattività, concentrato intorno alle parole ‘Israele Stato di apartheid'”.

La menzogna dell ‘”apartheid israeliano” venne inventata a Mosca durante la Guerra Fredda e diffusa tramite una implacabile campagna di propaganda sovietica fino a quando non prese piede alle Nazioni Unite e in tutto il Medio Oriente e l’Occidente. Essa faceva proprio il ripetuto confronto tra Israele e il Sud Africa nei media sovietici e in libri come “Sionism and Apartheid”, una pubblicazione ufficiale dell’Ucraina, allora parte dell’Unione Sovietica.

Gli studenti a volte ingenui, a volte maligni che quest’anno celebreranno nuovamente la loro velenosa “settimana dell’apartheid israeliano” nelle università di tutto il mondo ripeteranno a pappagallo la medesima propaganda sovietica così come i loro predecessori hanno fatto per decenni. Loro, e molti altri odiatori di Israele, usano lo slogan dell’apartheid indipendentemente dalla realtà che in base a nessuna valutazione razionale Israele può essere considerato uno stato dove vige l’apartheid. Lo fanno perché il suo significato è facilmente comprensibile, disgusta le persone e le aggrega contro Israele. Ecco perché fu inventato da Mosca.

La diffamazione dell’apartheid è solo una parte della più grande campagna diffamatoria della storia, organizzata nel corso di molti anni contro Israele dal Cremlino con il KGB in testa, utilizzando le formidabili risorse dei servizi di intelligence dell’URSS. Fu forse la campagna di disinformazione di maggior successo – tra le tante molte – nella storia sovietica. Resiste e acquista forza ancora oggi, più di 50 anni dopo il suo primo concepimento e 30 anni dopo il crollo dell’URSS.

Vale la pena capire la genesi di questo progetto malevolo e la sua evoluzione, non solo per aiutare a difendersi dalla continua guerra politica condotta contro Israele e gli ebrei, ma anche come caso di studio per le campagne di disinformazione in corso contro l’Occidente da parte di stati autoritari come Russia, Cina e l’Iran. Per avere una visione anche superficiale di questo schema accuratamente escogitato, dobbiamo fare un viaggio a ritroso nella storia.

Quando Israele venne ristabilito nel 1948, il nuovo Stato perseguì inizialmente una politica di non allineamento. Circondato da nemici, aveva bisogno di sostegno economico e armi da parte degli Stati Uniti e dell’URSS o dei loro alleati. Date le influenze politiche socialiste in Israele, la leadership sovietica si aspettava che il paese si sarebbe orientato al comunismo e si sarebbe allineato con l’URSS, rafforzando così il potere sovietico in Medio Oriente e la sua più ampia concorrenza con l’Occidente. Uno dei motivi principali per cui Stalin riconobbe rapidamente Israele nel 1948 fu l’intenzione di usarlo per minare il dominio britannico in Medio Oriente.

Malgrado significativi sforzi segreti e palesi da parte sovietica per attirare Israele nella propria orbita, si trattò, probabilmente di una vana speranza sin dal principio. In ogni caso, le pressioni della Guerra Fredda negli anni ’50, così come le considerazioni di politica interna e le preoccupazioni sull’antisemitismo all’interno dell’Unione Sovietica, portarono il primo ministro israeliano David Ben Gurion ad allineare il suo paese con l’Occidente, a cominciare dal sostegno dato agli Stati Uniti sotto l’egida delle Nazioni Unite in Corea, contro la volontà sovietica.

La partecipazione di Israele insieme al Regno Unito e alla Francia nella campagna di Suez del 1956 alienò ulteriormente il governo sovietico, che scrisse una lettera a Gerusalemme (così come a Parigi e Londra) minacciando attacchi missilistici e promettendo sostegno militare diretto all’esercito egiziano.

La rottura delle relazioni israelo-sovietiche fu aggravata in seguito dalle vittorie difensive di Israele contro gli arabi nel 1967 e di nuovo nel 1973. Durante questo periodo, ogni speranza che Israele diventasse un cliente sovietico erano evaporate. Gli eserciti arabi sponsorizzati, addestrati ed equipaggiati dall’URSS vennero umiliati, come lo fu Mosca. Così, i sovietici, svilupparono progressivamente una politica di indebolimento di Israele. Il loro obiettivo principale fu quello di usare il paese come arma nella loro lotta contro gli Stati Uniti e l’Occidente.

Il Cremlino capì che gli attacchi convenzionali contro Israele non potevano avere successo, quindi si concentrò invece sull’uso degli arabi come proxies terroristici, dirigendo, addestrando, finanziando e armando gruppi come il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP), il Comando Generale del PFLP (PFLP- GC), il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (DFLP) e Fatah per effettuare attacchi contro obiettivi israeliani ed ebraici, comprese le ondate di dirottamento degli aerei.

I sovietici impiegarono le stesse tattiche terroristiche altrove, anche in Europa, usando agenti come la banda Baader-Meinhof-Rote Armee Fraction. I dettagli delle operazioni terroristiche sponsorizzate da Mosca in Medio Oriente e altrove sono riportati in 25.000 pagine di documenti del KGB copiati e poi contrabbandati fuori dalla Russia all’inizio degli anni ’90 dall’archivista senior del KGB Vasili Mitrokhin e ora depositati nel Regno Unito, al Churchill College di Cambridge.

Il generale Ion Pacepa, capo dei servizi di intelligence esteri della Romania, svolse un ruolo significativo nelle operazioni del blocco sovietico dirette contro Israele e gli Stati Uniti. Nel 1978 diventò l’ufficiale dell’intelligence di grado più alto a disertare dalla sfera sovietica e, tra le molte rivelazioni segrete, fornì i dettagli sulle operazioni del KGB contro Israele.

Pacepa dichiarò che il presidente del KGB, Yuri Andropov (poi successore di Breznev come Segretario Generale del Partito Comunista Sovietico), gli disse:

“Dobbiamo instillare in tutto il mondo islamico un odio verso gli ebrei simile a quello nutrito dai nazisti e trasformare quest’arma delle emozioni in un bagno di sangue terroristico contro Israele e il suo principale sostenitore, gli Stati Uniti “.

Un elemento importante della campagna anti-israeliana/statunitense di Mosca in Medio Oriente fu una guerra di propaganda. Andropov disse a Pacepa:

“L’Islam era ossessionato dall’idea di evitare l’occupazione del suo territorio da parte degli infedeli ed era assolutamente ricettivo al ritratto da noi fatto del Congresso americano come un rapace organismo sionista volto a trasformare il mondo in un feudo ebraico”.

In altre parole, sapeva che gli arabi sarebbero stati degli strumenti facili nella guerra di propaganda anti-israeliana e stavano già facendo la loro parte. Il loro lavoro doveva solo essere concentrato, intensificato e finanziato.

Per raggiungere i suoi obiettivi, il Cremlino ideò l’Operazione SIG, una campagna di disinformazione volta a “rivolgere l’intero mondo islamico contro Israele e gli Stati Uniti”. Pacepa riferì che nel 1978, nell’ambito dell’operazione SIG, il KGB aveva inviato circa 4.000 “agenti di influenza” del blocco sovietico nei paesi islamici per aiutarli a raggiungere questo obiettivo. Stamparono e fecerò circolare grandi quantità di propaganda anti-israeliana e anti-ebraica, tradotta in arabo.

Essi includevano “I Protocolli dei Savi  Anziani di Sion”, il falso antisemita che raccontava i presunti piani segreti degli ebrei per governare il mondo manipolando l’economia, controllando i media e favorendo il conflitto religioso. Venne scritto da agenti della polizia segreta zarista e successivamente utilizzato dai nazisti nella loro propaganda antisemita.

Oltre a mobilitare gli arabi nei confronti della causa sovietica, Andropov ei suoi colleghi del KGB avevano bisogno di fare appello al mondo democratico. Per fare ciò, il Cremlino decise di trasformare il conflitto da una lotta il cui obbiettivo era la distruzione di Israele in una lotta per i diritti umani e la liberazione nazionale da un occupante illegittimo e imperialista sponsorizzato dagli americani. Iniziarono a trasformare la narrativa del conflitto dal jihad religioso – il quale, per la dottrina islamica richiede che qualsiasi territorio che sia mai stato sotto il controllo musulmano deve essere riconquistato dall’Islam – al nazionalismo laico e all’autodeterminazione politica, qualcosa di molto più appetibile per le democrazie occidentali . Ciò fornì una copertura per una feroce guerra terroristica, ottenendo addirittura un ampio sostegno nei suoi confronti.

Per raggiungere il loro obiettivo, i sovietici dovettero creare un’identità nazionale palestinese che fino a quel momento non esisteva e una narrazione secondo la quale gli ebrei non avevano diritti sulla terra ed erano  semplici aggressori. Secondo Pacepa, il KGB creò l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) all’inizio degli anni ’60, siccome aveva anche orchestrato i cosiddetti eserciti di liberazione nazionale in diverse altre parti del mondo. Dichiarò che la Carta nazionale palestinese del 1964 venne redatta a Mosca. Questo documento fu fondamentale per l’invenzione e l’istituzione di una nazione palestinese artificiale.

Il documento originario non rivendicava la Cisgiordania o la Striscia di Gaza per la “Palestina”. Di fatto ripudiava esplicitamente ogni diritto su queste terre, riconoscendole rispettivamente e falsamente come territori sovrani giordani ed egiziani. La rivendicazione dell’OLP riguardava il resto di Israele. Il testo venne modificato a seguito della Guerra del 1967, quando Israele espulse gli occupanti illegali giordani ed egiziani e la Cisgiordania e Gaza vennero ribattezzate per la prima volta territorio palestinese.

La prima menzione di “popolo palestinese” per indicare gli arabi in Palestina apparve nella Carta del 1964. In precedenza, e in particolare durante il Mandato della Società delle Nazioni per la Palestina del 1919-1948, il termine “palestinesi” veniva usato comunemente per descrivere gli ebrei che vivevano nel territorio.

Zuheir Mohsen, un alto leader dell’OLP, lo ammise nel 1977:

“Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno Stato palestinese è solo uno strumento nella lotta contro lo Stato di Israele in vista del raggiungimento della nostra unità araba. (…) Solo per motivi politici e per ragioni tattiche parliamo oggi dell’esistenza di un popolo palestinese, dal momento che gli interessi nazionali arabi richiedono di postulare l’esistenza di un ‘popolo palestinese’ distinto che possa opporsi al sionismo Sì, l’esistenza di un’identità palestinese distinta esiste solo per ragioni tattiche”.

Questa realtà è stata pubblicamente sostenuta, a volte inavvertitamente, in dichiarazioni di molti altri leader palestinesi. Citato da Alan Hart nel suo libro del 1984, “Arafat: A Political Biography”, lo stesso leader dell’OLP Yasser Arafat dichiarò:

“Il popolo palestinese non ha un’identità nazionale. Io, Yasser Arafat, l’uomo del destino, darò loro quell’identità attraverso il conflitto con Israele”.

Mosca intraprese per la prima volta la sua campagna per bollare gli ebrei israeliani come oppressori del loro popolo “popolo palestinese” fabbricato nel 1965 alle Nazioni Unite. I loro sforzi di classificare il sionismo come razzismo fallirono con quel tentativo, ma ebbero successo quasi un decennio dopo con la famigerata Risoluzione 3379 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La sua definizione secondo la quale “il sionismo è una forma di razzismo e discriminazione razziale” venne revocata sotto la pressione degli Stati Uniti nel 1991, ma a quel punto aveva ottenuto grande successo ed è spesso citata ancora oggi dagli attivisti anti-israeliani.

Il dossier Mitrokhin mostra che sia Yasser Arafat sia il suo successore alla guida dell’OLP Mahmoud Abbas, ora presidente dell’Autorità Palestinese, erano agenti del KGB. Entrambi hanno avuto un ruolo determinante nelle operazioni di disinformazione del KGB e nelle sue campagne terroristiche.

Mosca, attraverso l’Egitto, aveva insediato Arafat come leader dell’OLP nel 1969 e il suo sostegno lo tenne lì a dispetto del dissenso interno in seguito all’espulsione dell’OLP dalla Giordania, nel 1970. Secondo Pacepa:

“Nel 1969, il KGB chiese ad Arafat di dichiarare guerra al ‘sionismo imperialista’ americano. (…) Fece talmente leva su di lui che Arafat in seguito affermò di aver inventato il grido di battaglia imperialista-sionista. Ma in realtà, il ‘sionismo imperialista’ era un’invenzione di Mosca, un moderno adattamento dei Protocolli dei savi anziani di Sion e a lungo uno strumento preferito dell’intelligence russa per fomentare l’odio etnico. Il KGB ha sempre considerato l’antisemitismo e l’antimperialismo come un’importante fonte di antiamericanismo…”.

Mosca aveva assegnato alla Romania il compito di sostenere l’OLP, e Pacepa fu il referente di Arafat durante la sua carriera nel KGB. Per tutti gli anni Settanta, fornì ad Arafat 200 mila dollari di denaro riciclato ogni mese. Pacepa agevolò inoltre il rapporto di Arafat con il presidente rumeno Nicolae Ceaușescu, un maestro propagandista che era stato incaricato di insegnargli a ingannare l’Occidente. Per quanto riguarda i suoi rapporti con Washington, Ceaușescu disse ad Arafat nel 1978: “Devi semplicemente continuare a fingere che romperai con il terrorismo e che riconoscerai Israele, ancora, e ancora, e ancora”.

I consigli di Ceaușescu vennero rafforzati da quelli elargiti dal generale comunista nordvietnamita Vo Nguyen Giap. In occasione di uno dei numerosi incontri avuti con Arafat, Giap dichiarò: “Smettila di dire che vuoi annientare Israele e trasforma invece la tua guerra terroristica in una lotta per i diritti umani. Allora il popolo americano crederà ad ogni tua parola”. ( David Meir-Levi, “History Upside Down: The Roots of Palestinian Fascism and the Myth of Israeli Aggression”)

Un documento interno del KGB contenuto negli archivi di Mitrokhin segnalava: “Krotov [nome in codice di Mahmoud Abbas] è un agente del KGB”. La definizione di agenti data dal KGB è la seguente: chi “svolge in modo coerente, sistematico e sotto copertura incarichi di intelligence, mantenendo contatti segreti con un funzionario dell’agenzia”.

Tra gli altri compiti, Abbas venne utilizzato dal KGB per diffondere la propaganda accusando “l’imperialismo occidentale e il sionismo” di collaborare con i nazisti. Nei primi anni Ottanta, Abbas frequentò un’università di Mosca controllata dal KGB. Lì, sotto la supervisione del suo professore che in seguito divenne un politico comunista di alto livello, Abbas scrisse una tesi di dottorato in cui negava la Shoah e accusava i sionisti di aver collaborato con Hitler.

Abbas sta ora iniziando il 18esimo anno del suo mandato quadriennale. Come per il suo predecessore Arafat, il coerente rifiuto di Abbas di ogni offerta di pace con Israele, parlando di pace pur appoggiando il terrorismo, mostra la continua influenza dei suoi padroni sovietici.

La campagna di disinformazione del KGB trasformò l’immagine di Israele da perdente regionale, circondato da potenti nemici, in oppressore colonialista ampiamente odiato e in occupante del popolo palestinese oppresso, una narrazione che oggi continua ad essere forte come sempre.

Lo storico americano David Meir-Levi afferma che il movimento palestinese creato da Mosca è “l’unico movimento nazionale per l’autodeterminazione politica nel mondo intero, e in tutta la storia dell’umanità, ad avere come sua unica ragion d’essere la distruzione di uno Stato sovrano e il genocidio di un popolo”. Ciò rimane esplicito nella Carta di Hamas, mentre è un po’ più opaco nelle dichiarazioni influenzate dai sovietici dell’Autorità Palestinese di Abbas, specialmente in quelle dirette all’Occidente.

La campagna di Mosca è stata considerevolmente minata nel 2020 dal riavvicinamento tra Israele e gli Stati arabi. La lezione qui consiste nell’importanza della volontà politica americana da utilizzare contro la propaganda autoritaria, che ha portato ai rivoluzionari Accordi di Abramo. Se questo progetto fosse stato vigorosamente perseguito dopo il suo successo iniziale, alla fine avrebbe potuto portare al fallimento del progetto palestinese avviato dai sovietici e forse a una qualche forma di pace fra Israele e gli arabi palestinesi. Si potrebbe ancora realizzare, se gli Stati Uniti dovessero nuovamente essere determinati a portarlo a termine.

Nel frattempo, il voto dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del dicembre scorso e la determinazione del Consiglio per i Diritti umani di bollare Israele come uno Stato razzista e in cui si pratica l’apartheid dimostrano che la narrazione sovietica della Guerra Fredda rimane viva e vegeta. Anche la maggior parte delle nazioni occidentali segue ancora alla lettera il programma sovietico.

La Gran Bretagna, ad esempio, già allineata con gli Stati arabi contro Israele a causa sia del petrolio sia dell’antisemitismo esistenti tra politici e funzionari influenti, era più che disposta sin dall’inizio a ingerire l’invenzione sovietica di una lotta tra il nazionalismo palestinese e l’oppressione ebraica, e a bersela completamente. Anche oggi, ogni dichiarazione riguardante Israele da parte di un funzionario o ministro britannico fa inevitabilmente eco alla linea del KGB.

Negli Stati Uniti, la crescente erosione mediatica del sostegno popolare a Israele e le divisioni purulenti che provoca, sono la prova del successo dei fantasmi sovietici contro il loro obiettivo principale: l’America.

Le principali vittime, tuttavia, sono state gli arabi palestinesi, la cui vita è peggiorata, ma anche gli ebrei della diaspora che hanno subito un antisemitismo incommensurabile basato sulla propaganda avviata dai sovietici. Quanto accaduto agli arabi palestinesi forse non era previsto, ma non interessava Mosca; per quanto concerne gli ebrei della diaspora, l’antisemitismo di cui sono stati bersaglio faceva parte del piano.

Ovviamente, gli israeliani hanno pagato a caro prezzo il terrorismo e la propaganda ispirati dal KGB, ma sono sopravvissuti e hanno prosperato anche sotto il peso di una pressione così enorme. Il generale nordvietnamita Giap, che una volta dette un consiglio ad Arafat, come abbiamo visto, ha una spiegazione per questo, come raccontato dal dottor Eran Lerman, ex vice consigliere israeliano per la sicurezza nazionale. Secondo Giap:

“I palestinesi vengono sempre da me e mi chiedono: ‘Avete espulso i francesi e gli americani. Come possiamo espellere gli ebrei?’ Io dico loro che i francesi sono tornati in Francia e gli americani in America. Ma gli ebrei non hanno un posto dove andare. Non li espellerete”.

https://www.gatestoneinstitute.org/18094/israel-apartheid

Traduzione di Angelita La Spada

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