Editoriali

Dove trionfa la ragione

Mentre a Gerusalemme si inaugura l’ambasciata americana, ai confini con Gaza, l’esercito israeliano è alle prese con Hamas e il tentativo dell’organizzazione terroristica figliata dai Fratelli Musulmani e oggi finanziata dall’Iran, di aprirsi un varco nella barriera di metallo che delimita il confine con lo Stato ebraico e di infiltrare terroristi armati al suo interno.

Questa evidenza ci dice chiaramente una cosa soprattutto, che nello stesso momento in cui, grazie alla determinazione dell’attuale amministrazione americana alla Casa Bianca, cioè di Donald Trump, la storia si sta facendo, altrove, a pochi chilometri di distanza, i nemici del progresso, dello sviluppo e della democrazia sono in azione.

Attualmente, il numero dei palestinesi uccisi dall’esercito, uomini che hanno aperto il fuoco, hanno fatto esplodere ordigni, hanno cercato di danneggiare la barriera, è di 52. Probabilmente aumenteranno. Hamas capitalizza sulle “vittime”. Lo ha sempre fatto, l’ultima volta nel 2014, durante l’operazione Margine Protettivo a Gaza. Sa che può contare sui media occidentali, soprattutto europei, perchè Israele venga esposto al pubblico ludibrio. Si tratta di una lunga consuetudine, sedimentata nei decenni.

Anticipiamo già i titoli delle prossime ore, “Israele spara sui palestinesi”, “Massacro a Gaza”, “I soldati israeliani sparano su i manifestanti”, ecc. Ci siamo abituati. L’Europa, questa Europa che dai primi anni Settanta, subito dopo la vittoria di Israele nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, si è piegata al ricatto arabo sul petrolio e ha cercato di contrapporsi sempre più agli Stati Uniti soprattutto a traino franco-tedesco, è la stessa Europa che ha svenduto Israele in nome dell’ideologia palestinista. E’ la stessa Europa che ha votato contro la decisione statunitense di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele, è la stessa Europa che ha appoggiato le risoluzioni islamiche dell’Unesco intese a cancellare le radici ebraiche dalla storia di Gerusalemme.

E’ la stessa Europa che si è fatta sostenitrice a più non posso dell’accordo sul nucleare iraniano voluto da un presidente americano che non ha mai fatto mistero di volere declassare mondialmente il ruolo degli Stati Uniti, facendo della più grande potenza del pianeta un pari inter pares. E’ la stessa Europa che vorrebbe fare affari con i mullah iraniani, il cui scopo è quello, se potessero, di annientare Israele. E’ una Europa abbeveratosi alla sorgente della sinistra che dell’antiamericanismo e dell’antisionismo ha fatto la propria lingua franca. Come ha scritto, Andrei S. Markovits, “La motivazone che anima la sinistra liberale in Europa è l’avversione e l’odio contro Israele e l’America, non già un autentico sentimento di simpatia e di identificazione nei confronti dei musulmani oppressi”

Il passato e il presente si intrecciano. Viene in mente il gruppo di ministri arabi che il 14 e 15 dicembre del 1973 si presentò a un summit della CEE a Copenaghen e che fece dire a Henry Kissinger, “Deve essere stata la prima volta nella storia che una delegazioni di ministri esteri compaiono non invitati al summit di un continente al quale non appartengono”. D’altronde non fu l’allora presidente francese Georges Pompidou a dire sempre a Kissinger nel pieno della crisi petrolifera, “Voi vi basate sugli arabi per un decimo del vostro fabbisogno. Noi dipendiamo da loro interamente”?

Va detto forte e chiaro. Oggi, gli Stati Uniti e Israele compongono agli occhi di questa Europa post identitaria e postnazionalista che non è stata in grado con la UE di darsi una configurazione politica coesa, qualcosa di inammissibile, di inaccettabile. Perché  sono paesi potenti, uno il più potente sul palcoscenico mondiale, l’altro nel Medioriente. Perché  sono paesi con una spiccata identità nazionale, perché  sono paesi che sanno ancora cosa significa essere una patria. L’Europa, nella sua convinzione di essere migliore e superiore, “progressista”, di avere superato queste caratteristiche statali che ritiene arcaiche, da archiviare, è la stessa che in nome della sua presunzione di superiorità morale e culturale, ha fatto del palestinismo una delle voci della propria presunta coscienza illuminata.

Ma la ragione, quella vera, che illumina la realtà nelle giuste proporzioni e adegua le cose all’intelletto, non è con i terroristi che si fanno scudo di bambini e di una popolazione stremata e sobillata per cercare di entrare in Israele e commettere massacri. Sì trova a Gerusalemme, dove finalmente, dopo 23 anni di attesa a seguito di una legge incardinata al Congresso e costantemente rinviata, combacia con ciò che è politicamente da settanta anni e culturalmente da 3000, la capitale dello Stato ebraico.

Clicca per commentare

Devi accedere per inserire un commento. Login

Rispondi

Torna Su