Editoriali

I falsari di nuovo all’opera

Dopo la lettera appello del gruppo di giovani ebree ed ebrei italiani apparsa su Bet Magazine e Joimag, contro la cosiddetta “annessione” dei territori della Cisgiordania da parte di Israele di cui l’Informale ha già dato conto, Joimag, con un articolo del 27 luglio, pone delle domande ai promotori, in guisa di approfondimento.

Purtroppo questi ultimi, continuano imperterriti a reiterare falsità e deformazioni. La giovane età non è ostativa allo studio e all’approfondimento, anzi, e dispiace che le giovani e i giovani ebrei contrari all’”annessione” offrano un campionario così scarso di conoscenza, o meglio, si prestino a fare da gran cassa alla più vieta propaganda.

Prenderemo ad esempio alcuni scampoli dell’approfondimento.  “ Gli organi giuridici della comunità internazionale riconoscono che si tratta di territori occupati…”affermano i promotori dell’appello a proposito dei territori della Cisgiordania. Quali sarebbero gli “organi giuridici” della comunità internazionale non è specificato. Probabilmente l’ONU, forse la UE. Peccato che nè l’uno nè l’altro abbia alcuna titolarità giuridica per stabilire norme del diritto internazionale ma l’importate è creare l’impressione che “l’occupazione” sia di per sé una violazione e che essa sia stata sanzionata da un’autorità indiscussa. Così non è.

In realtà esistono una serie di Risoluzioni ONU avverse a Israele e volute da paesi arabi e musulmani con l’ausilio solerte di numerosi altri paesi, tra cui anche gli Stati Uniti, che contestano a Israele di occupare i territori della Cisgiordania, in totale sprezzo del fatto che essi vennero assegnati agli ebrei dal Mandato Britannico per la Palestina del 1922. Il diritto internazionale è terreno scivoloso e di fatto, valgono sempre in primis trattati e consuetudini a stabilrne il nomos. Nel caso di Israele e dei territori che sarebbero “occupati”, l’unico documento che possa essere considerato alla stregua di un trattato è quello del Mandato. Tutto il resto è labile.

Successivamente gli autori affermano che “Il governo e la Corte Suprema israeliani stessi hanno applicato le norme internazionali di forza occupante nel governare i suddetti territori, riconoscendo implicitamente che si tratta di territori occupati”. Si tratta di una pura falsità. Israele applica solo alcune norme internazionali, ma applica anche norme del codice civile giordano e mandatario e addirittura ottomano proprio per favorire le usanze della popolazione civile araba cosa non prevista da un regime di occupazione dove vige esclusivamente la giustizia militare. Occorre ricordare che alcune zone di Israele – all’interno delle linee armistiziali del 1949 – e fino agli anni Sessanta erano governate da tribunali militari e non per questo sono mai state considerate zone occupate. La decisione di usare questo status legale è esclusivamente di natura politica in previsione di eventuali accordi di pace con gli arabi che non hanno mai visto la luce.

L’annessione unilaterale di qualsiasi parte dei territori occupati violerebbe la norma fondamentale che vieta l’annessione di un territorio invaso con la forza, anche se in seguito a un atto di difesa”. Si tratta di una mezza verità: questo principio generale di diritto è nei fatti disatteso in modo flagrante dal diritto consuetudinario degli Stati che non l’hanno mai applicato, vedi i casi delle isole Curili e della Corea. Se le giovani ebree e i giovani ebrei che fanno questa affermazione sono in grado di trovare un solo esempio di condanna internazionale in un caso del genere, noi de L’Informale siamo disposti a conferire loro un premio.

I giovani incalzano: “Inoltre il progetto di annessione negherebbe il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. A sostegno di questa tesi si possono leggere numerosi pareri, tra cui, oltre a quello del Segretario Generale delle Nazioni Unite, quello dei 47 esperti di diritto internazionale ascoltati dalla Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite, o l’appello di 271 professori di diritto internazionale di tutto il mondo”. 

Qui la menzogna è eclatante. Il 95% della popolazione palestinese rimarrebbe amministrata dall’Autorità Nazionale Palestinese. Il fatto che 47 “esperti” affermino ciò non conferisce all’affermazione un valore decisivo. Sarebbe di non poco interesse conoscere i curricula degli esperti citati e capire con quale criteri sono stati selezionati dalla Commissione dei Diritti Umani dell’ONU, che ha tra i suoi Stati aderenti, Venezuela, Arabia Saudita, Cuba, Egitto, Cina, Burundi, Emirati arabi, Ruwanda e il quale si occupa, tramite l’Articolo 7, esclusivamente delle presunte violazioni di Israele in Cisgiordania. Dalla sua istituzione ad oggi ha emesso più di settanta risoluzioni avverse a Israele e solo sette che hanno preso di mira l’Iran, ma per la gioventù ebraica contro l'”annessione”, si tratta di commissione dal pedigree autorevole.

Il meglio ci è, però, riservato dal finale.

Il progetto di annessione consoliderebbe la condizione in cui i cittadini israeliani godono di pieni diritti civili e politici, mentre la popolazione palestinese, all’interno di quei territori, non può esercitare i diritti più basilari e in particolare il diritto alla proprietà, l’accesso all’acqua e la libertà di movimento”.

Se l’estensione della sovranità di Israele su alcune parti della Cisgiordania significasse “consolidare” i diritti civili degli ebrei mentre gli arabi non potrebbero godere dei diritti basilari, ciò vorrebbe dire che Israele, il quale vi estenderebbe leggi già applicate nel resto del paese, di fatto è dotato di un sistema discriminatorio, un sistema di apartheid. Le giovani e i giovani ebrei non usano questo termine, ma è sottointeso in modo evidente dalle affermazioni esorbitanti secondo la quale all’interno dei territori della Cisgiordania, amministrati secondo le disposizioni congiunte arabe-israeliane degli Accordi di Oslo del 1993-1995, i palestinesi non avrebbero diritto né alla proprietà, né all’acqua e non sarebbero liberi di muoversi liberamente. Come è, noto, l’ingresso in Israele dei palestinesi residenti nei territori, nulla ha a che fare con la discriminazione ma è esclusivamente disciplinato  in funzione della legalità e della sicurezza.

In conclusione. Ancora una volta ci troviamo al cospetto di un cumulo di falsità, deformazioni e omissioni. Quanto siano in buona o malafede non è dato saperlo, ma una cosa è certa, l’unico modo in cui è possibile offrire proposte utili che possano essere sia a vantaggio di Israele che degli arabi palestinesi è uscire dal vicolo cieco della demagogia e della propaganda e aderire ai fatti.

 

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