Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

I fatti contro la menzogna. Il tour italiano dei “Reservists on duty”

Tra i feticci lessicali della propaganda anti-israeliana ricorre da decenni il termine “apartheid”, grottesco stigma il cui scopo è quello di fare credere che in Israele si pratichi la segregazione e discriminazione razziale, e che gli arabi palestinesi, di cui circa un milione e settecentomila sono cittadini israeliani a pieno diritto, siano una vasta minoranza segregata nei bantustan.

Basterebbe visitare lo Stato ebraico per rendersi conto della realtà, e di come anche la popolazione palestinese che vive in Cisgiordania, pur con limitazioni e controlli, può entrare in Israele quotidianamente per lavoro e altro. Gaza, naturalmente, offre un’altra prospettiva essendo dal 2007 sotto l’imperio di Hamas, il quale ha provveduto strutturalmente insieme a Fatah a generare la crisi umanitaria che la popolazione vive nella Striscia. Ma al di là di tutto ciò, è sempre fondamentale confrontarsi con i fatti, andare oltre la cortina fumogena della propaganda e ascoltare da membri di altre minoranze etniche che vivono in Israele come stanno veramente le cose. L’occasione, ultimamente, è arrivata grazie alla visita in Italia di tre ragazzi appartenenti all’organizzazione no profit “Reservists on duty” i quali, prima a Torino al Circolo della Stampa, e ieri a Milano a Palazzo Reale, hanno potuto raccontare cosa significa per loro essere cristiani, drusi e musulmani in Israele.

Jonathan Nizar Elkhoury, libanese cristiano-maronita, Muhammad Ka’biya, di origine beduina, e Lorane Khateeb, drusa, davanti al numeroso pubblico intervenuto ad ascoltarli a Milano all’evento patrocinato da ADEI WIZO, AMPI e ADI, sono i testimoni, attraverso i loro racconti autobiografici, di come Israele sia l’unico paese in Medioriente che sappia garantire la loro piena appartenenza alla nazione pur nella differenza specifica delle rispettive appartenenze etniche e dei diversi credi religiosi. Ognuno di loro ha spiegato orgogliosamente come le comunità che rappresentano abbiano contribuito e contribuiscano al tessuto sociale del paese e, in modo particolare, nel caso della comunità drusa, alla sua difesa, essendo la percentuale dei coscritti drusi nell’esercito israeliano superiore proporzionalmente a quella degli stessi ebrei israeliani.

Lo spaccato che questi ragazzi offrono agli ascoltatori apre una prospettiva di leggibilità diversa di ciò che Israele è, demolendo con le loro storie personali, la surreale narrativa demonizzante che lo rappresenta come uno stato razzista e criminale.




Nizar, Lorane e Muhammad sono tre giovani attivisti che si pongono in contrasto frontale con quelli del BDS, il cui scopo principale è di sobillare l’odio nei confronti di Israele. Reduci da un viaggio negli Stati Uniti in uno dei campus dove vengono allestite le cosiddette “apartheid week”, veri e propri festival ideologici anti-israeliani, non hanno mancato di sottolineare come queste manifestazioni si carichino di truci slogan antisemiti come quelli che gli hanno accolti a Irvine, in California. “Tornatevene in Europa”, ci siamo sentiti dire, ha raccontato Nizar Elkhoury, “ma si dà il caso che noi non siamo europei né ebrei pur se siamo israeliani a tutti gli effetti”.

Tutto ciò non importa a chi vuole a tutti i costi rappresentare Israele come uno stato colonialista che avrebbe espropriato la presunta popolazione arabo-palestinese della propria terra. Questa fiction, interamente basata su assunti menzogneri è esattamente quella che gli attivisti di “Reservists on duty” intendono smentire con l’efficacia indubitabile delle loro storie, della realtà che si oppone tenacemente alla perseverante propaganda.

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