Israele e Medio Oriente

Israele e il doppio standard dell'”uso sproporzionato della forza”

Israele, immancabilmente, è accusato da numerosi rappresentanti ONU di “uso sproporzionato” della forza quando risponde con azioni militari ai continui e ripetuti attacchi terroristici da parte delle organizzazioni terroristiche palestinesi e da membri della stessa Autorità Palestinese.

Un esempio recente si è avuto durante l’ultima operazione dell’esercito nell’area di Jenin ai primi di luglio. In questo caso lo stesso Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha accusato Israele di «un “ovvio” eccessivo uso della forza». In pratica, per il Segretario Generale dell’ONU, Israele quando decide di operare militarmente in un “territorio ostile” come quello di Jenin o di Gaza violerebbe il diritto internazionale a prescindere, anche se nei fatti nessun civile è stato ucciso nei combattimenti (caso unico nella storia dei conflitti armati in territorio urbano densamente popolato). Prima di entrare nel merito dell’infondatezza di questa accusa abituale priva di ogni fondamento (nel diritto internazionale non esiste il principio di “proporzionalità” dell’uso della forza militare) oltre che di buon senso, è opportuno contestualizzare questo ultimo conflitto – uguale ai numerosissimi che si sono succeduti nel corso degli ultimi 15 anni – che contrappone lo Stato di Israele a bande di terroristi più o meno legittimate da gran parte della comunità internazionale (altro caso unico al mondo).

Una prima osservazione da fare è che si è trattato dell’ennesimo episodio di guerra asimmetrica che contrappone uno Stato (Israele) ad organizzazioni terroristiche (Jihad Islamica e Hamas) che non tengono minimamente conto delle regole del diritto internazionale in materia di diritto umanitario. Ciò pone subito un importante interrogativo: perché l’ONU e gran parte della comunità internazionale finanzia direttamente (tramite l’UNRWA per esempio) o indirettamente delle organizzazioni terroristiche per poi accusare Israele quando si difende dalla stesse? Questi lauti finanziamenti contribuiscono all’acquisto di armi, equipaggiamento e indottrinamento all’odio antisemita per mezzo delle stesse scuole costruite e condotte da membri dell’ONU. Un altro aspetto di questa guerra asimmetrica è costituito dal fatto che Stati membri dell’ONU (come l’Iran) forniscono cospicue quantità di armi o soldi ai terroristi nella totale indifferenza di ONU, UE e USA. Altri Stati come l’Egitto e la Giordania permettono il loro transito verso Gaza o la Samaria e Giudea, nella medesima indifferenza internazionale. Questi Stati non sono mai stati sanzionati per l’appoggio logistico (anche se non ufficiale) fornito anche se formalmente sono in pace con Israele. A ciò va aggiunto che le organizzazioni terroristiche palestinesi, fiancheggiate dall’Autorità Palestinese, hanno centri operativi, depositi di armi e esplosivi, esclusivamente tra la popolazione civile che viene – suo malgrado – conseguentemente esposta alle azioni militari di Israele, anzi, viene utilizzata scientemente come scudo umano. Di questo aspetto non vi è mai traccia nei “rapporti” dei vari rappresentanti ONU che di volta in volta accusano Israele di “uso sproporzionato della forza”. Veniamo ora al significato di questo termine.

Le norme internazionali sull’utilizzo della forza militare e le regole di ingaggio di un esercito sono disciplinate, principalmente, dalla Convenzione dell’Aia del 1907 e dalle Convenzioni di Ginevra. Esse non dicono quale sia “l’uso proporzionato della forza” (tanto è vero che il principio di “proporzionalità” non compare in nessun trattato internazionale), ma indicano in via generale quale sia l’uso della forza militare idoneo per la conquista di un obiettivo militare. Oppure, in merito alla popolazione civile, indicano – principalmente nel I protocollo alla IV Convenzione di Ginevra del 1977 – che è severamente vietato attaccare in “maniera indiscriminata” la popolazione civile. Va sottolineato che questo principio è definito all’Art. 51 (5) del suddetto protocollo. Per attacco indiscriminato si intende un attacco militare non su un obiettivo militare specifico ma su un’intera area urbana indipendentemente dal fatto che in essa ci siano chiare zone prive di obiettivi militari, cosa che Israele non ha mai fatto in nessuna delle sue operazioni militari. Allora perché Guterres ha dichiarato che Israele utilizza uno “sproporzionato” uso della forza, se tale principio non esiste nel diritto? Per meri scopi accusatori nei confronti dello Stato ebraico, che, in questo modo viene imputato di qualche violazione anche se di norme inesistenti. Israele, diviene così, immediatamente, colpevole a prescindere. Va sottolineato che l’accusa di “uso sproporzionato” della forza non è mai stata rivolta a nessun altro Stato al di fuori di Israele (neanche alla Russia per l’aggressione all’Ucraina).

Una cosa, invece, è certa nella Convenzione dell’Aia o nelle Convenzioni di Ginevra: è fatto divieto assoluto di utilizzo di abitazioni civili, luoghi di culto o ospedali come luoghi di stoccaggio per armi e munizioni e tanto meno il loro utilizzo come basi operative per azioni armate. Cosa, ad esempio, mai evidenziata nei “rapporti” ONU. Come si può ben comprendere, Israele è costretto a operazioni militari dai terroristi palestinesi, che non rispettano nulla del diritto internazionale, in teatri urbani dove è  praticamente impossibile intervenire senza causare vittime civili (cosa che è però riuscita a fare nell’ultima operazione militare).

Cosa dice il diritto internazionale in merito alle vittime civili nei conflitti militari? Dice che è severamente vietato causare vittime civili solo quando i civili non costituiscono un chiaro obiettivo militare. Quando sono invece un obiettivo militare? Quando sono direttamente coinvolti negli obiettivi militari, come nel caso dei terroristi che li usano come scudi umani per proteggersi o proteggere i comandi o i depositi di armi. In questo caso la sola responsabilità di violazione del diritto internazionale ricade sulla parte – i terroristi palestinesi – che li espone ai pericoli del conflitto militare. Il compito dell’esercito israeliano è solo quello di non colpire deliberatamente abitazioni o strutture che non centrano nulla con i centri militari dei terroristi.

Facciamo un esempio. Guterres e altri (numerosi) funzionari dell’ONU hanno accusato Israele di “uso sproporzionato” della forza militare perché hanno utilizzato elicotteri e droni a copertura dei soldati sul terreno. Questa è una colossale menzogna, perché un esercito può utilizzare i mezzi che ritiene opportuni per portare avanti un’azione militare (se non espressamente vietati nelle convenzioni come ad esempio i gas o le armi batteriologiche). Quindi, la discriminante per stabilire se c’è stato un “uso indiscriminato” di forza militare (e non un “uso sproporzionato”) non è dato dai mezzi militari che vengono utilizzati ma dal modo in cui tali mezzi vengono utilizzati. Se sono utilizzati unicamente per colpire degli obiettivi militari – anche in centri urbani – sono legittimi, se sono utilizzati per bombardare a casaccio per colpire edifici che nulla hanno a che fare con gli obiettivi militari allora si è in presenza di un “uso indiscriminato” della forza militare. Se la presenza degli obiettivi militari è tra la popolazione civile la violazione del diritto (e dell’etica) ricade unicamente su chi li ha installati lì non su chi li colpisce.

Quando l’ONU decise l’operazione militare Restore Hope in Somalia nel 1992, la maggior parte dei combattimenti avvenne in centri urbani. Le truppe ONU utilizzarono anche mezzi pesanti e elicotteri da combattimento nei suddetti centri a protezione delle proprie truppe, che causarono centinai di morti tra i civili ma nessuno – ad iniziare dall’ONU – disse che ci fu un “uso eccessivo” o “indiscriminato” della forza (in una sola operazione militare ci furono oltre mille morti civili). Quando la NATO bombardò i centri abitati da civili in Serbia con una massiccia campagna aerea nessuno disse che ci fu un “utilizzo sproporzionato” della forza, anzi, un procuratore del Tribunale Internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia, stabilì che i bombardamenti effettuati a protezione delle truppe fu pienamente legale (ci furono oltre 500 civili uccisi dai bombardamenti). Lo stesso si può dire delle invasioni di Iraq e Afghanistan. In pratica, questa “non regola” dovrebbe valere unicamente per Israele. Si può aggiungere che Guterres, al pari di diversi ministri europei, utilizzando la falsa accusa di “uso eccessivo” della forza pone Israele nell’impossibilità oggettiva di difendersi da questa accusa inesistente perché essa non esiste nel diritto, assumendo di fatto una valenza di uno stigma morale. Diverso sarebbe stato difendersi dall’accusa di “uso indiscriminato” della forza, cosa normata dal diritto e quindi verificabile e che avrebbe smascherato la malafede dell’accusatore di turno.

A quanto detto fino ad ora, si può anche aggiungere che molti rappresentanti dell’ONU, al pari di quelli di vari governi, ritengono che essendo Hamas o la Jihad Islamica organizzazioni terroristiche non “devono” sottostare alle regole del diritto internazionale mentre Israele sì (cosa sostenuta anche dalla Corte di Giustizia Internazionale con parere consultivo del 2004 a proposito della barriera di sicurezza). Questo pone uno Stato legittimo (Israele) nell’impossibilità pratica di difendersi, come stabilito dalla leggi internazionali, perché qualsiasi azione da esso intrapreso potrà essere messa, sempre, in discussione, visto che la controparte non rispetta nessun principio umanitario nell’indifferenza generale. È quasi superfluo notare che questo atteggiamento è riservato unicamente ad Israele.

Un’ ultima annotazione va fatta in merito al termine “civile”. Quando, un individuo è considerato tale per il diritto internazionale? In senso stretto quando non porta una divisa e non faccia parte di un esercito “riconosciuto” come tale o di una milizia disciplinata dall’Art. 1 della IV Convenzione dell’Aia. Quindi un terrorista armato è un civile o è un militare anche se non ha una divisa ma esegue “tecniche” di tipo militare? Se individui non appartenenti ad eserciti o milizie di tipo militare aiutano volontariamente dei terroristi o delle truppe regolari, sono un legittimo obiettivo militare? Questi quesiti non sono semplici da definire con chiarezza perché il diritto internazionale, con le leggi di guerra (oggi diventate diritto umanitario), contempla solo i casi di guerra tra Stati e con eserciti “regolari”. Le regole per i conflitti asimmetrici (Stati contro organizzazioni terroristiche paramilitari) non sono state disciplinate. Ufficialmente, per il diritto internazionale, organizzazioni terroristiche come Hamas o Hezbollah anche se controllano territori e li gestiscono al pari di Stati riconosciuti non rientrano completamente nella categorie degli eserciti.

È chiaro che per questi e altri casi (talebani, Al-shabaab ecc.) è necessaria una implementazione delle regole del diritto internazionale in quanto, essi, posseggono tutti i requisiti statuali ma non rientrano ufficialmente nell’alveo delle sue regole. Questo è un vuoto che deve essere colmato perché sono una presenza con la quale bisogna fare i conti ogni giorno di più. Però una cosa è chiara: la poca chiarezza delle norme diventa uno strumento adatto ad attaccare unicamente Israele e mai i suoi nemici.

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