Israele e Medio Oriente

La leggenda della grande rivolta araba

Una delle più grandi e radicate leggende mediorientali è quella relativa alla “grande rivolta” araba contro l’Impero ottomano durante la Prima guerra mondiale. Su questa leggenda si è costruito, da parte araba e successivamente in molti ambienti in Occidente, il mito del “tradimento” britannico degli accordi sottoscritti (a dire il vero non fu mai sottoscritto nessun trattato o accordo) con i rappresentanti arabi (la famiglia hashemita dello Hijaz) al termine della guerra per il successivo riassetto del Medio Oriente.

Riassumeremo come andarono effettivamente le cose e chi non mantenne le promesse fatte durante le trattative che portarono la famiglia hashemita ad allearsi con l’Impero britannico.

Il primo importante punto da sottolineare è che Hussein, Sceriffo della Mecca, quando nel 1915 iniziò a trattare per una possibile alleanza con gli inglesi lo fece esclusivamente a vantaggio suo e della sua famiglia e non in nome di tutta la “nazione araba” come lasciò intendere agli inglesi. In pratica la sua visione politica del futuro assetto del Medio Oriente, appartenuto all’Impero ottomano, era che il dominio turco dovesse venire sostituito con un futuro Impero arabo o Califfato alla cui guida avrebbe dovuto esserci lui e la sua famiglia. Mai, Hussein o i suoi figli avevano inteso che la liberazione delle popolazioni arabe assoggettate ai turchi, avrebbe condotto alla creazione di Stati (nel moderno senso del termine) indipendenti secondo la volontà della popolazione locale. Infatti, quando scese in campo contro i turchi nel giugno del 1916, non ci fu nessuna sollevazione delle popolazioni di lingua araba in tutto l’impero. In pratica la “rivolta” si limitò al suo clan famigliare e alle famiglie dello Hijaz a lui alleate. Le popolazioni arabe dei centri più importanti delle aree di Siria e Mesopotamia – che erano molto più sviluppate di quelle della penisola arabica – non avevano nessuna intenzione di passare sotto la sovranità hashemita che era di fatto molto più arretrata del pur arretrato Impero ottomano. A dimostrazione di ciò, la popolazione araba che abitava i due principali teatri di guerra – i territori che diverranno i Mandati di Palestina e Mesopotamia – rimase fedelmente compatta con i governanti turchi. Ma Hussein ebbe l’abilità – e ancor più di lui il figlio Feisal – di diventare l’interlocutore esclusivo dei britannici a nome di tutta la nazione araba. Ciò fu determinante durante le trattative di pace che si svolsero a Parigi nel 1919 e successivamente per creare il mito della “grande rivolta araba” che non avvenne mai. A questa leggenda contribuì, in maniera determinante l’ufficiale inglese T. E. Lawrence (diventato successivamente noto al grande pubblico come Lawrence d’Arabia).

Il Colonello Lawrence fungeva da ufficiale di collegamento tra l’esercito inglese e la famiglia hashemita e il suo esercito. Era stato una figura importante durante le trattative tra la Gran Bretagna e Hussein, di seguito aveva ricoperto il ruolo di uno dei comandanti dell’esercito arabo assieme a Feisal. A lui, oltre che alla leggenda della “grande rivolta”, si debbono numerose e importanti informazioni sulla reale partecipazione araba nel conflitto con i turchi. Su questo punto torneremo più avanti.

Un altro aspetto, fondamentale da sottolineare è il fatto che, da quando cominciarono le trattative per una alleanza con gli inglesi, Hussein e Feisal, iniziarono a mercanteggiare sul “prezzo” della loro alleanza. In pratica l’Impero britannico “comprò a peso d’oro” l’alleanza hashemita e quella delle popolazioni beduine. Da cifre ufficiali inglesi è emerso che la Gran Bretagna abbia speso oltre 2.000.000 di sterline dell’epoca (una cifra enorme) per “convincere” gli hascemiti ad entrare in guerra al loro fianco. Questo mercanteggiamento, che durò un anno, avvenne (all’insaputa iniziale degli inglesi) anche con i turchi con i quali Hussein, tramite dei suoi rappresentanti, chiese del denaro e futuri riconoscimenti post bellici per rimanere fedele all’Impero ottomano. Alla fine l’oro britannico prevalse. Per fare un parallelo chiarificatore è come se i partigiani italiani durante la Seconda guerra mondiale avessero mercanteggiato con gli alleati e i tedeschi sul “prezzo” delle loro alleanza e alla fine avessero deciso di schierarsi con gli alleati semplicemente perché offrirono di più a prescindere dagli ideali di libertà, giustizia e condivisione dei valori.

Le trattative con Hussein furono precedute da altre trattative tra la Gran Bretagna e i suoi alleati dell’Intesa. Esse iniziarono poco dopo l’attacco turco del novembre 1914 cnei confronti della Russia alleata con Gran Bretagna e Francia contro gli Imperi centrali. Un primo accordo di spartizione di ampie parti dell’Impero ottomano tra i tre alleati fu formalizzata con diverse note diplomatiche tra marzo e aprile del 1915. A queste si aggiunse l’Italia che il 26 aprile, a Londra, firmò un trattato segreto che la spinse ad entrare in guerra a favore dell’Intesa. Anche all’Italia furono promesse ampie spoglie dell’Impero ottomano.

Per i governi dell’Intesa i mesi di marzo, aprile e maggio 1915 furono febbrili per trovare una soluzione condivisa su come spartirsi le parti dell’Impero ottomano che sarebbero state tolte ad una Turchia indipendente e ridotta alla sola parte anatolica. Ampie zone caucasiche oltre che Istanbul e gli stretti sarebbero state annessi dai russi, mentre la Gran Bretagna e la Francia si sarebbero suddivisi le porzioni mediorientali dell’Impero in zone di influenza e zone a controllo diretto. Nessun trattato formale però fu sottoscritto e firmato tra le Potenze dell’Intesa in questo periodo di tempo (il primo accordo formale fu l’accordo Sykes-Picot del 1916).

In questo contesto diplomatico si inseriscono le trattative tra la Gran Bretagna e la famiglia hashemita. E’ solo a partire dall’estate del 1915 (dopo la disastrosa offensiva turca nel Caucaso contro i russi) che Hussein si decise a iniziare delle trattative con gli inglesi per capire che cosa poteva ottenere in caso di sconfitta dei turchi.

La prima lettera del leader arabo (datata 14 luglio ma che giunse al Cairo solo l’8 agosto) nella lunga, controversa e mitizzata corrispondenza Hussein-McMahon lasciò sconcertati tutti i membri del governo inglese: le richieste di Hussein non si limitavano alla regione dello Hijaz o alla penisola arabica ma comprendevano anche tutto il territorio mediorientale che arrivava ai confini dell’Anatolia e della Persia. In pratica e senza mezzi termini Hussein chiedeva l’appoggio inglese per costruire un nuovo califfato arabo per la sua famiglia che sostituisse l’Impero turco. In cambio, Hussein assicurava agli inglesi l’appoggio del suo esercito di oltre 100.000 uomini equipaggiati e pronti a combattere; la rassicurazione del sostegno totale di tutta la popolazione araba dell’Impero ottomano che si sarebbe sollevata contro i turchi; infine la defezione di oltre 100.000 soldati arabi inquadrati nell’esercito turco. Di tutte queste promesse, Hussein, non ne mantenne nessuna. Neppure il suo esercito ben equipaggiato di 100.000 uomini si vide mai: dai resoconti dello stesso Lawrence, gli hashemiti riuscirono a schierare a malapena 50.000 uomini che dovettero essere armati ed equipaggiati dagli inglesi, e nonostante ciò le truppe arabe non parteciparono a nessun scontro di rilievo con i turchi nei due anni di guerra che li vide operativi.

A fronte di queste richieste e promesse, come sottolineato, Hussein iniziò una decisa e costante richiesta di denaro che alla fine superò i due milioni di sterline-oro che gli inglesi pagarono senza indugi. Contestualmente dei suoi emissari si recarono ad Istanbul a intavolare delle trattative segrete con i turchi (tra il 1915 e il 16 le sorti della guerra erano ancora molto incerte). I passi successivi alla prima lettera di Hussein furono la risposta di McMahon del 30 agosto, la replica di Hussein del 9 settembre e la controversa e mitizzata lettera di McMahon del 24 ottobre 1915. In quest’ultima lettera gli inglesi per la prima volta e in modo molto vago accennavano a dei confini che comprendevano la parte interiore della Siria mentre ne rimaneva esclusa tutta la zona costiera fino al confine con l’Egitto. Questo per mantenere l’impegno assunto con i francesi e la delegazione sionista che si stava organizzando per richiedere la costituzione di uno Stato per il popolo ebraico. Che tutta l’area ad ovest del fiume Giordano fosse rimasta fuori dalla proposta inglese lo si evince chiaramente anche dall’avanzata dell’esercito arabo durante la guerra. Si veda la cartina sottostante.

Le truppe arabe comandate da Feisal e da Lawrence si mantennero sempre a est del fiume Giordano fino al loro arrivo a Damasco. Oltre a questo bisogna sottolineare che mai Hussein e suo figlio Feisal – presente a Parigi durante le trattative di pace – fece mai richiesta di quelle terre. Anzi, è da sottolineare che gli stessi hashemiti firmarono il Trattato di Sevrés con il quale si poneva fine alla guerra con i turchi e che prevedeva l’istituzione del Mandato di Palestina per farne l’embrione dello Stato ebraico. Di fatto, firmando il Trattato di Sevrés accettarono la creazione di uno Stato ebraico.

E’ importante anche ricordare che il carteggio Hussein-McMahon non si tradusse mai in un accordo ufficiale tra le parti ne tanto meno in un trattato, ma rimase al semplice stadio di richieste e controproposte. Quindi, nulla di paragonabile, ad esempio, agli accordi ufficiali stipulati dagli inglesi sia con lo sceicco Mubarak del Kuwait (1899) con il quale si decise l’indipendenza del Kuwait scorporandolo dall’Iraq, sia con quello sottoscritto con la famiglia al-Idrisi (1915) dello Yemen con il quale dopo la Prima guerra mondiale lo Yemen fu riconosciuto indipendente, o con quello sottoscritto con la famiglia Ibn Saud (1915) del Najd con il quale gli si riconoscevano i pieni poteri in quella regione dell’Arabia. Infatti, dopo la guerra tra questa famiglia e Hussein, i Saud presero il controllo di tutto il territorio che oggi è l’Arabia Saudita e subito gli fu riconosciuta la legittima sovranità.

In conclusione è opportuno anche rimarcare che già durante le fasi dell’avanzata dell’esercito britannico (1917-18) e delle forze di Feisal al loro seguito, iniziarono delle forti divergenze tra Hussein e quest’ultimo sul futuro assetto da dare ai territori sui quali avrebbero regnato: il primo richiedeva un unico grande impero da lui controllato, mentre Feisal ne voleva uno indipendente per sé: la Siria con capitale Damasco e la Mesopotamia. A questa disputa si aggiunse anche l’altro figlio di Hussein, Abdallah, che reclamava anch’esso un regno per sé (per accontentarlo gli inglesi si inventarono la Transgiordania che diverrà poi l’attuale Giordania). Nessuno di loro si curò mai di chiedere il parere delle locali popolazioni: questi regni si sono basati unicamente sull’appoggio militare britannico e non sulla volontà popolare.

Come si può evincere chiaramente da quanto fin ora esposto, una “grande rivolta araba” contro l’Impero ottomano non è mai avvenuta. Le esorbitanti richieste territoriali della famiglia hashemita non hanno mai goduto della legittimità delle popolazioni arabe che volevano assoggettare, infine un accordo o un trattato con gli inglesi non fu mai siglato. Ma questa leggenda ancor oggi è inscalfibile.

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