Islam e Islamismo

La posta in gioco in Siria

Le spoglie della Siria, devastata da sei anni di guerra e teatro di una delle più grandi crisi umanitarie degli ultimi decenni, sono ora da spartirsi tra un terzetto affine, una costellazione di ribaldi ottimamente sostenuti nei loro rispettivi insediamenti nazionali.

Russia, Iran, Turchia sono intervenute in Siria a fianco dell’alawita oftalmologo mancato, trasformatosi negli anni in solerte genocida del suo popolo, tutto in nome, ovviamente, della lotta al “terrorismo islamico”. L’ISIS, ormai sigla mitica, pari a quella della Spectre, è diventato per buona parte dell’opinione pubblica mondiale il riassunto di tutto il male sulla terra e la sua sconfitta in Siria è da salutarsi con sommo gaudio, soprattutto quando i vincitori (ma ci sono anche gli USA che hanno avuto un ruolo non indifferente anche se oscurato), nella forma del terzetto, sono ognuno a par suo campioni di democrazia, libertà e diritti umani. C’è da battere le mani a spellarsele.

La realtà, tuttavia, è un’altra, ed è assai meno consolante e ideale di questa fiction manichea. Le uova del serpente depositate in Medioriente da Al Baghdadi e i suoi seguaci produrranno presto ulteriore prole infetta. Non basta Custer Putin a toglierli di mezzo, la nidiata è vasta e disseminata. Le nuove teste che usciranno dalle uova saranno non meno insidiose delle prime, c’è da giurarci. Nel mentre, a Mosca, giulivi, si stringono la mano i condottieri, quelli che della Siria pregustano già il bottino. Il più soddisfatto da come appare in una delle foto, è il presidente iraniano Rouhani, e non si può dargli torto. L’Iran ha ottenuto un successo ingente, estendere la propria sfera di influenza su un altro pezzo di regione, Assad non ha che di essere grato al suo sponsor sciita oltre a quello russo, intervenuto sulla scena nel 2015 in virtù della defezione indecorosa di Barack Obama.

Ed è l’Iran che preoccupa maggiormente Israele nella parte del Golan dove le milizie sciite non hanno alcuna intenzione di sloggiare, garantite in questo dal sostegno russo. Hic manenibus optime. La futura e prossima conquista della cittadina di Abu Khamal nella Siria orientale, è l’ultimo tassello di quel corridoio terrestre che l’Iran sta costruendo dal confine dell’Iraq al Mediterraneo.

Il controllo iraniano dell’attraversamento della frontiera tra al Qaim e Abu Khamal, costituirà la congiunzione che permetterà a Teheran di trasferire uomini e armamenti in entrambi le direzioni. Ne consegue che, per Israele, in un probabile confronto a venire con Hezbollah, ci sarà da tenere conto anche di questo fattore di rafforzamento dei suoi nemici giurati. Ed è in questo frangente che si pone l’interrogativo di cosa faranno gli USA, i quali hanno sostenuto logisticamente e militarmente le Forze Democratiche Siriane composte sostanzialmente da curdi. L’appoggio USA dato ai curdi e la presenza americana nell’aerea è in contrasto netto con i desiderata turchi e quelli del regime di Assad, ed è tutto da vedere quale posizione prenderà l’Amministrazione Trump in questo scenario mobile, dove nonostante l’apporto fondamentale dato nella Siria dell’est dall’aviazione americana alle forze curde per fare capitolare l’ISIS, i vincitori ufficiali in Siria contro il Califfato appaiono essere solo i componenti del terzetto canagliesco riunito a Mosca.

Israele, osserva, reiterando continuamente il medesimo messaggio, ci siamo astenuti dall’intervenire direttamente nella guerra in Siria, ma non mancheremo di farlo qualora riterremo minacciata la nostra sicurezza. E’ già avvenuto con interventi mirati, e avverrà di nuovo, c’è da giurarci, con quali conseguenze è difficile da prevedere.

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