Israele e Medio Oriente

La realtà e i sogni: prontuario antifuffa

In una recente intervista ad Arutz Sheva, https://www.israelnationalnews.com/news/385416Dan Diker, presidente del Jerusalem Center for Public Affairs, ha sgombrato il campo dal ciarpame ideologico intorno alla nascita di uno Stato palestinese, l’opzione riproposta come mantra da tutte le Cancellerie e dall’Amministrazione Biden, evidenziando alcune piccole questioni mai risolte.

La prima è il mancato riconoscimento del diritto di esistere di Israele, ovvero il riconoscimento della sua legittimità statuale. Sia l’OLP che l’Autorità Palestinese si sono limitate a riconoscerne solo l’esistenza.

Anche Adolf Hitler riconosceva l’esistenza degli ebrei, quanto al loro diritto all’esistenza, le sue idee, come è noto, erano in contrasto con il riconoscimento fattuale della loro esistenza.

La seconda è  la fine della prassi di remunerazione nei confronti dei terroristi palestinesi e delle loro famiglie.

La terza è la fine del lawfare, ovvero della guerra diplomatica e legale atta a delegittimare Israele in tutte le possibili sedi istituzionali, come sta avvenendo in questi giorni con le istanze presentate alla Corte Penale Internazionale e alla Corte di Giustizia.

Va aggiunto che questi due aspetti discendono dal primo punto: il riconoscimento al diritto all’esistenza di Israele. Diritto respinto senza sosta dal 1937-anno in cui la Commissione Peel propose una spartizione del territorio mandatario di Palestina che, in contrasto con quanto previsto dal Mandato del 1922, decurtava ulteriormente il territorio assegnato agli ebrei, per concedere agli arabi l’80%- ad oggi.

Senza questo preambolo ogni ipotesi di pace, ogni ipotesi di risoluzione del conflitto è puro onirismo, e né l’Amministrazione Biden, né Joseph Borrell, solerte promotore dell’Autorità Palestinese presso la UE, né nessun altro, saranno in grado di mettere Israele nelle condizioni di potere accettare qualsivoglia accordo realistico con una controparte in rappresentanza del “popolo palestinese”.

Che sia uno Stato, o una confederazione, o una serie di minuscoli emirati fondati sulla specificità clanica, come propone Mordechai Kedar,http://www.linformale.eu/guerra-per-il-predominio-intervista-a-mordechai-kedar/ l’assenza della precondizione essenziale trasforma ogni discorso in un puro flatus vocis.

Non bisogna essere pessimisti ma appena un po’ realisti per vedere che il radicale rifiuto di Hamas nei confronti di uno Stato ebraico, plasticamente esplicito nel suo mai abrogato Statuto del 1988, trova una corrispondenza precisa nel mancato riconoscimento del suo diritto all’esistenza da parte dell’Autorità Palestinese.

Dunque, al Segretario di Stato Antony Blinken, quando, a proposito del futuro, parla di una Autorità Palestinese “rinnovata”, bisognerebbe dire che il rinnovamento, per renderla credibile, non può attuarsi con un maquillage, perché tutto resterebbe esattamente così come è, il gioco delle parti in cui il “non rappresentante” dei palestinesi, Hamas, recita quella del cattivo, mentre l’Autorità Palestinese quella del partner affidabile pronto ad amministrare Gaza.

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